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Un servizio di EWTN News

Diplomazia pontificia: Myanmar, Cina, Siria, mondo dopo il COVID

Papa Francesco

La crisi in Myanmar, le voci sulla Cina, la Siria, il mondo dopo il COVID: sono questi i temi più importanti affrontati dalla diplomazia pontificia durante quest’ultima settimana. Mentre in alcuni Paesi le misure di lockdown tornano ad inasprirsi, la Santa Sede continua il suo lavoro, mentre i fronti cui fare attenzione si moltiplicano.

                                                            FOCUS MYANMAR

Il Cardinale Parolin invia una lettera al Cardinale Bo

Con una lettera inviata dal Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, Papa Francesco si dice disposto ad incontrare tutte le persone che sono state al centro del colpo di Stato in Myanmar, dal generale Min Aung Hlaing ad Aung San Suu Kyi passando per il partito regolarmente eletto alle elezioni di novembre e oggi agli arresti domiciliari.

Il Cardinale Parolin ha indirizzato la lettera al Cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon, molto attivo dopo il golpe nel chiedere all’esercito di non operare repression.

Seecondo il Cardinale Bo, Parolin “ha chiesto che la Chiesa del Myanmar trasmetta la preoccupazione e l’amore del Papa per questa nazione. Il segretario di Stato chiede inoltre che questo messaggio sia trasmesso a tutte le parti interessate e sollecita a unirci per trovare il bene più grande per tutti, soprattutto per soddisfare le speranze e garantire la dignità delle nostre giovani generazioni. La pace è possibile; la pace è l’unico modo. Il segretario di Stato, card. Pietro Parolin, chiede che l’intera comunità cattolica in Myanmar non risparmi gli sforzi in questa direzione”.

Il Segretario di Stato vaticano incoraggia “la Chiesa ad impegnarsi nei processi di pace”, nota che il Papa ha già incontrato tutte le parti interessate durante il suo viaggio in Myanmar nel 2017.

Continua a salire il bilancio delle vittime della repressione delle forze di sicurezza in Myanmar. Al termine dell’udienza generale di mercoledì 17 marzo, Papa Francesco ha fatto un ulteriore appello per il Myanmar, a testimonianza di una attenzione costante della Santa Sede su quanto accade nel Paese.

                                                            FOCUS CINA

La Cina e la Santa Sede potrebbero aprire relazioni diplomatiche?

Secondo il vescovo Fang Jianping di Hebei, vice presidente della Conferenza Episcopale Cinese, il rinnovo dell’accordo sino-vaticano per la nomina dei vescovi è un segnale positivo per lo stabilimento di relazioni diplomatiche tra Cina e Santa Sede.

Il vescovo Fang, che è anche delegato al 13esimo Congresso Popolare Cinese nonché vicepresidente dell’Associazione Patriottica, ha espresso, in una intervista con Radio Hong Kong, ottimismo verso lo stabilimento di relazioni diplomatiche tra Cina e Santa Sede, sebbene abbia poi aggiunto di “non sapere se ci sia un piano” per arrivare alle relazioni e quanto questo possa impiegare.

Tuttavia, l’accordo appena rinnovato per la nomina dei vescovi potrebbe ridurre le distanze tra Cina e Santa Sede, dice il vescovo Fang.

Il vescovo Fang ha anche notato che la Cina ha 97 diocesi, ma di queste 40 sono attualmente senza vescovo. Il vescovo ha chiesto di cogliere l’attimo, utilizzando la fiducia di Papa Francesco per far crescere i possibili vescovi e poi ordinarli prima che l’accordo scada nei prossimi due anni.

La Santa Sede ha una nunziatura di Cina, che ha sede a Taipei, la capitale di Taiwan. La Santa Sede è rimasto uno dei pochissimi Stati a riconoscere Taiwan, che Pechino considera poco più che una provincia ribelle.

                                                FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede al’OSCE, il mondo dopo il COVID

Lo scorso 15 marzo, si è riunito l’Incontro di Cooperazione dei Partner dell’OSCE, e si è anche parlato di “Ripresa post-COVID: opportunità e sfide per la sicurezza e la cooperazione regionale”.

Monsignor Janusz Urbanczyk, rappresentante permanente della Santa Sede presso l’OSCE, ha sottolineato che la crisi del COVID ha creato crisi interconnesse di tipo sanitario, economico e sociale. Crisi che “stanno fortemente colpendo i nostri modelli di coesistenza a livello locale, regionale e internazionale”.

Il virus – ha spiegato la Santa Sede – ha “aggravato seriamente le emergenze già esistenti su cibo, economia e migrazione, ma ha anche dato terreno fertile per un clima di isolamento e sfiducia che ha spezzato le nostre società e persino le relazioni tra gli Stati”.

Per la Santa Sede, è necessario ora riconoscere le “nostre comuni vulnerabilità”, cercando “soluzioni condivise” per un “cambio di direzione che dipenderà, tuttavia, dalla nostra capacità di creare una cornice etica più solida, basata sulla solidarietà globale e sulla cura per il pianeta”.

La Santa Sede ha chiesto una assistenza sanitaria universale, a partire dall’accesso ai vaccine garantito a tutti, ma anche di formare un modello umano “più inclusive, che incoraggi la sussidiarietà, supporti lo sviluppo economico a livello locale e investa nell’educazione e nelle infrastrutture di cui beneficiano le comunittà locali”.

E quesot perché “non c’è dubbio che quando l’economia serve realmente lo sviluppo umano integrale, si rinvigorisce la fiducia nelle relazioni a tutti i livelli, dando così vita a un dialogo più efficace”.

La Santa Sede alle Nazioni Unite di New York: la libertà religiosa

(La storia continua sotto)

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Il 19 marzo, si è tenuto virtualmente un incontro del tipo Arria-Formula sul tema Religione, Credo e Conflitti, focalizzato sulla protezione dei gruppi religiosi in situazioni di conflitto e dell’importanza dei credenti sulla risoluzione dei conflitti.

I meeting di tipo Arria sono incontri informali di membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Prendono il nome da Diego Arria, che nel 1992, da ambasciatore del Venezuela presso le Nazioni Unite, organizzò un incontro informale per ascoltare la testimonianza di padre Joko Zorko sulle violenze che stavano scoppiando nella ex Jugoslavia.

L’incontro del 19 marzo si è tenuto virtualmente, e l’arcivescovo Gabriele Caccia, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York.

Ricordando la visita di Papa Francesco in Iraq, l’arcivescovo Caccia ha notato come il conflitto in corso nel Paese abbia colpito “l’eredità religiosa del Paese e i luoghi di culto” e che affermato che “il tratto distintivo della pulizia etnica e degli atti di genocidio” è proprio di attaccare i siti religiosi, e non solo le comunità religiose.

L’arcivescovo Caccia ha dunque incoraggiato la comunità internazionale a non confondere le ideologie estremiste violente di quelli che sostengono di essere religiosi con quelli che, in fedele accordo con I principi della loro fede, cercano di promuovere un cambiamento positivo nelle loro società.

La speranza della Santa Sede è quella che la comunità internazionale alla fine “riconosca gli sforzi degli autentici attori religiosi che lavorano per promuovere la pace e la riconciliazione”.

                                                FOCUS PAPA FRANCESCO

Cinquecento intellettuali scrivono a Papa Francesco sulla Siria

Più di 500 personaggi da tutto il mondo, alcuni di origine siriana, hanno chiesto a Papa Francesco di lavorare perché le misure coercitive sul popolo siriano siano abolite.

A dieci anni dall’inizio del conflitto in Siria, i firmatari della lettera che le misure di embargo hanno causato “una tragedia umana che tende a diventare una situazione catastrofica se non viene affrontata velocemente”, in particolare perché “ci sono alcuni poteri pronti persino ad aumentare le restrizioni. “La guerra dei terroristi e le sanzioni hanno causato la sofferenza del popolo siriano per mancanza di cibo e aiuti umanitari di varie tipo”.

La lettera nota anche che, prima del 2011, la Siria era uno dei maggiori produttori di grano del Medioriente. I firmatari hanno anche chiesto a Papa Francesco di “agire urgentemente, altrimenti la situazione in Siria peggiorerà e andremo ad affrontare una ripetizione della catastrofe che ha fatto capitolare l’Iraq come risultato delle sanzioni del 2003.

Anniversario della elezione di Papa Francesco, due auguri particolari

Tra i messaggi di auguri a Papa Francesco per l’anniversario della sua elezione, caduto il 13 marzo scorso, due vanno segnalati in particolare: quello del presidente dell’Azerbaijan Aliyev e quello del presidente della Bielorussia Lukashenko.

L’Azerbaijan sta finanziando importanti opere di restauro nelle Catacombe attraverso una fondazione presieduta dalla moglie del presidente, e tuttavia c’è una certa preoccupazione internazionale per via del destino delle opere cristiane in Nagorno Karabakh dopo il conflitto che si è risolto in favore del’Azerbaijan. Si è parlato persino del rischio di un genocidio culturale.

La Bielorussia ha invece vissuto una difficile situazione a seguito delle proteste contro le elezioni di agosto. Lukashenko ha più volte accusato la Chiesa cattolica, ha persino chiesto una Chiesa cattolica nazionale, ma le relazioni erano diventate particolarmente tese quando l’arcivescovo di Minsk Tadeusz Kondrusiewicz non aveva potuto far ritorno in patria ed era stato costretto all’esilio per mesi. La Santa Sede ha inviato l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, poi l’arcivescovo Mennini e quindi l’arcivescovo Claudio Gugerotti come inviato speciale, fino ad ottenere che l’arcivescovo Kondrusiewicz rientrasse in patria poco prima del compimento del 75esimo anno di età, momento in cui tutti i vescovi sono tenuti a rassegnare le proprie dimissioni. Così ha fatto Kondrusiewicz. Papa Francesco ha subito accolto le dimissioni, e c’è ora un amministratore apostolico. Questo ha un po’ alleggerito i rapporti con il governo.

Nel suo messaggio, il presidente Azero Aliyev mette in luce “l’attuale alto livello di relazioni tra Azerbaijan e Santa Sede”, e sottolinea che “l’avanzamento di queste relazioni è particolarmente significativo per l’Azerbaijan” con lo scopo di promuovere il dialogo interculturale e interreligioso.

Il presidente Aliyev ha affermato di auspicare che “le esemplari relazioni di cooperazione tra l’Azerbaijan e la Santa Sede continuino a servire la causa di formare un ambiente di mutua fiducia tra le civiltà, proteggendo le religioni e l’eredità culturali e assicurando il trionfo dei valori universali”.

Il presidente Lukashenko anche ha sottolineato “la ricca storia e il profondo rispetto” che ha sempre caratterizzato “le relazioni tra Santa Sede e Bielorussia”, e ha spiegato che l’esperienza degli ultimi mesi “prova che il livello esistente di mutua comprensione ci aiuta a trovare soluzioni ad ogni domanda in una atmosfera di fiducia”.

Lukashenko ha messo in luce che l’unità di vedute tra Bielorussia e Vaticano “aiuta a promuovere iniziative congiunte per mantenere la stabilità regionale e il dialogo tra le fedi”.

Gli avvocati cattolici in Africa appoggiano la decisione dell’ex Sant’Uffizio sulle coppie omosessuali

Il responsum della Congregazione della Dottrina della Fede con cui si stabilisce che non si possono benedire coppie omosessuali ha creato anche un terremoto civile – diplomatico. L’Associazione Cristiana di Nigeria, facendosi forza sul responsum dell’ex Sant’Uffizio, ha chiesto che il pronunciamento del Papa porti ad un rovesciamento delle politiche e leggi a favore delle coppie omosessuali approvate da alcune nazioni africane.

A onor del vero, solo 22 Paesi africani su 54 hanno approvato le relazioni tra persone dello stesso sesso, sebbene il Sudafrica resti l’unica nazione africana ad aver legalizzato il matrimonio omosessuale.

Prendendo le mosse dal testo del responsum, la CAN ha chiesto ai governi, specialmente in Africa, di abolire la possibilità del matrimonio omosessuale. È stato spesso denunciato che gli aiuti internazionali arrivano in Africa a patto che i governi africani si adeguino ad una agenda di riforme strutturali che includono, tra le altre cose, anche l'introduzione di alcune leggi pro-LGBT. Papa Francesco ha spesso parlato di colonizzazione ideologica.

                                                FOCUS EUROPA

COMECE, si è tenuta la plenaria di primavera

Si è tenuta online la “assemblea di primavera” della ommissione delle Conferenze Episcopali dell’UE (COMECE), presieduta dal Cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo.

La plenaria ha avuto luogo dal 17 al 18 marzo, e ha visto anche la presenza di Margaritis Schinas, vice presidente. Questi ha riconosciuto l’impegno della Chiesa ad impegnarsi nel progetto europeo.

Nel dialogo con Schinas, i vescovi hanno parlato anche di alcuni dei temi più cruciali dell’agenda Europea: dal processo di risanamento finanziario alla ripresa dopo il COVID. Schinas e i vescovi “hanno enfatizzato l’importanza di avere politiche UE centrate sul popolo e sui valori” in modo “da proteggere i poveri ed i più vulnerabili, specialmente alla luce delle condizioni socio economiche in peggiornamento a causa della pandemia.

Il vice commissario Schinas – che è anche il responsabile per la commissione Europea del dialogo sull’articolo 17 – ha riconosciuto l’impegno della Chiesa nel promuovere il progetto europeo.

Nella conversazione, si è parlato anche del Patto EU su Migrazione e Asilo proposto nel settembre 2020 dalla Commissione Europea.

I vescovi hanno sottolineato di dover lavorare per garantire il pieno rispetto del diritto individuale di chiedere asilo per chiunque raggiunga il territorio dell'UE, senza respingimenti ai nostri confini".

Il comunicato della COMECE sottolinea anche che “il cambiamento climatico e il suo impatto ecologico nei paesi terzi stanno provocando un grande afflusso di migranti nell'UE. Il Green Deal dell'UE sarebbe vantaggioso non solo per l'UE, ma anche per le popolazioni di paesi terzi che subiscono gli effetti del cambiamento climatico nella loro vita quotidiana ”.

Tra i temi di discussione, anche la questione della libertà religiosa, in particolare il modo in cui è stata ristretta in tempo di COVID.

Il nunzio in Serbia incontra il nuovo patriarca ortodosso

Il 12 marzo, il nuovo patriarca della Chiesa Ortodossa Serba Porfirije ha ricevuto l’arcivescovo Luciano Suriani, nunzio apostolico.

Il Patriarca Porfirije ha chiesto al nunzio di portare al Papa la sua gratitudine per i suoi desideri, e in particolare per la sua “prontezza ad aprire, supportare e accudire un dialogo con la Chiesa Ortodossa, e con la Chiesa Ortodossa Serba in particolare.

Gli interlocutori si sono trovati d’accordo sul fatto che ci sono sfide e tentazioni che “minacciano non solo i valori alla base dell’Europa e del mondo, ma anche la dignità umana”.

                                                FOCUS AMBASCIATORI

L’ambasciatore di Haiti presso la Santa Sede ha presentato le sue credenziali

Il nuovo ambasciatore di Haiti presso la Santa Sede è un laureato in missiologia, cattolico, che ha insegnato prima di cominciare la carriera diplomatica all’interno del Ministero degli Affari Esteri a partire dal 2011.

Jean Jude Piquant ha presentato le sue credenziali a Papa Francesco il 19 marzo. Sposato con due figlie, Piquant ha studiato tra Canada e Stati Uniti, e il suo ultimo incarico è stato quello di capo di Gabinetto del Ministero degli Affari Esteri e dei Culti (tra il 2018 e il 2019).

Haiti e Santa Sede hanno relazioni dal XIX secolo, quando fu eretta una delegazione apostolica, che poi fu elevata al rango di internunziatura. La nunziatura fu istituita il 17 ottobre 1938.

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