Città del Vaticano , 10 March, 2021 / 9:35 AM
Come di consueto, anche per i viaggi passati, l'Udienza Generale di oggi è dedicata al recente viaggio apostolico in Iraq. Dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico il Papa ricorda quei giorni storici appena trascorsi.
"Nei giorni scorsi il Signore mi ha concesso di visitare l’Iraq, realizzando un progetto di San Giovanni Paolo II. Mai un Papa era stato nella terra di Abramo; la Provvidenza ha voluto che ciò accadesse ora, come segno di speranza dopo anni di guerra e terrorismo e durante una dura pandemia", dice subito il Papa.
"Dopo questa Visita, il mio animo è colmo di gratitudine. Gratitudine a Dio e a tutti coloro che l’hanno resa possibile: al Presidente della Repubblica e al Governo dell’Iraq; ai Patriarchi e ai Vescovi del Paese, insieme a tutti i ministri e i fedeli delle rispettive Chiese; alle Autorità religiose, a partire dal Grande Ayatollah Al-Sistani, con il quale ho avuto un incontro indimenticabile nella sua residenza a Najaf", sottolinea cosi Francesco la sua felicità, già espressa anche durante la conferenza stampa ai giornalisti sul volo papale.
L'Iraq è un paese martoriato. E Francesco ha sentito il peso di questa croce, "una croce grande, come quella posta all’entrata di Qaraqosh. L’ho sentito in modo particolare vedendo le ferite ancora aperte delle distruzioni, e più ancora incontrando e ascoltando i testimoni sopravvissuti alle violenze, alle persecuzioni, all’esilio... E nello stesso tempo ho visto intorno a me la gioia di accogliere il messaggero di Cristo".
"La gente che aspettava il Papa per cinque ore in piedi. Aspettava e nei loro occhi c'èra la speranza", dice il Papa a braccio.
"Il popolo iracheno ha diritto a vivere in pace, ha diritto a ritrovare la dignità che gli appartiene - commenta il Pontefice - Le sue radici religiose e culturali sono millenarie. Che cosa l’ha distrutta? La guerra. Sempre la guerra è il mostro che, col mutare delle epoche, si trasforma e continua a divorare l’umanità. Ma la risposta alla guerra non è un’altra guerra, la risposta alle armi non sono altre armi. E io mi domandai chi vendeva le armi ai terroristi? E' una domanda a cui io vorrei che qualcuno rispondesse. La risposta è la fraternità. Questa è la sfida per l’Iraq, ma non solo: è la sfida per tante regioni di conflitto e, in definitiva, per il mondo intero".
"Saremo capaci di fare una cultura di fratelli o continueremo la logica iniziata da Caino?", domanda il Pontefice.
Il Papa lancia anche un appello: " Avete lasciato tutto, come Abramo; come lui, custodite la fede e la speranza, e siate tessitori di amicizia e di fratellanza là dove siete. E se potete, tornate".
"Un messaggio di fraternità è giunto dall’incontro ecclesiale nella Cattedrale Siro-Cattolica di Baghdad, dove nel 2010 furono uccise quarantotto persone, tra cui due sacerdoti, durante la celebrazione della Messa. La Chiesa in Iraq è una Chiesa martire e in quel tempio, che porta inscritto nella pietra il ricordo di quei martiri, è risuonata la gioia dell’incontro: il mio stupore di essere in mezzo a loro si fondeva con la loro gioia di avere il Papa con sé", dice ancora il Papa.
"Un messaggio di fraternità è venuto dalle due Celebrazioni eucaristiche: quella di Baghdad, in rito caldeo, e quella di Erbil, città dove sono stato ricevuto dal Presidente della regione e dal suo Primo Ministro, dalle Autorità e dal popolo. In Iraq, nonostante il fragore della distruzione e delle armi, le palme, simbolo del Paese e della sua speranza, hanno continuato a crescere e portare frutto. Così è per la fraternità: non fa rumore, ma è fruttuosa e ci fa crescere", conclude Papa Francesco.
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