Città del Vaticano , 27 February, 2021 / 3:00 PM
È “un incrocio di storie, di sofferenze, di santità e di sapienza” quello che va da Benedetto XV, il Papa che denunciò la “inutile strage” e fu uno dei primi soccorritori delle vittime del genocidio armeno, a Papa Francesco, il Papa della “Guerra mondiale a pezzi”, che ha proclamato San Gregorio di Narek dottore della Chiesa. E lo dipana il Cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione delle Chiese Orientali, in una celebrazione nella Basilica Vaticana per celebrare la memoria di San Gregorio di Narek, iscritta quest’anno da Papa Francesco nel Calendario Romano.
Per questa “prima volta”, l’ambasciata di Armenia presso la Santa Sede ha voluto una messa nella Basilica Vaticana, seguita poi da una preghiera ecumenica nei Giardini Vaticani, di fronte la statua di San Gregorio, cui si è unito anche il Cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, insieme all’arcivescovo Khajag Barsamian, delegato della Chiesa Apostolica Armena presso la Santa Sede, e all’arcivescovo Levon Zekyan.
Una celebrazione che arriva in un momento difficile per l’Armenia, scossa da una guerra con l’Azerbaijan in Nagorno Karabakh che si è conclusa con un accordo doloroso, che porta con sé la ferita mai sopita di un possibile attacco all’eredità culturale nella regione di quella che è la prima nazione cristiana del mondo, menre la situazione interna è allo stesso modo difficile. E di questa storia di persecuzione e di isolamento, persino di tradimento degli amici, ha parlato l’ambasciatore Garen Nazaryan, al termine delle celebrazioni.
Quale sia la storia della presenza di San Gregorio di Narek in Vaticano è stata spiegata dal Cardinale Sandri nella sua omelia. Il Cardinale ha ricordato che il 12 aprile 2015 in Vaticano c’era stata una celebrazione presieduta da Papa Francesco e dal patriarca armeno cattolico in presenza dei due Catholicos della Chiesa Apostolica Armena, in una basilica dove si sentono a casa nonostante non sia la sede di Etchmiadzin. E questo perché “in una nicchia, a lato della basilica, nel 2001 fu collocata la Statua di San Gregorio l’Illuminatore, ricordando i 1700 anni del battesimo di quella che divenne la prima nazione cristiana; gli eventi del 2015, che hanno visto fare corona al Santo Padre le Loro Santità Karekin II e Aram I, e il compianto patriarca cattolico S.B. Nerses Bedros. Ora un’altra stella dell’Oriente risplende nel firmamento della Chiesa Universale, perchè San Gregorio di Narek ne è stato proclamato Dottore”.
Quindi, aggiunge il Cardinale Sandri, “nel 2018 ha avuto luogo la benedizione della sua statua nei Giardini Vaticani, e quest’anno l’inserimento nel Calendario Generale della Chiesa Latina della sua memoria liturgica, il 27 febbraio”.
Storie e storia si intrecciano. “Papa Benedetto XV – afferma il Prefetto delle Chiese Orientali. - il Papa della Prima Guerra Mondiale, aveva proclamato dottore della Chiesa Universale un altro figlio dell’Oriente, Sant’Efrem il Siro”. Invece “Papa Francesco, il Papa che evocato la ‘guerra mondiale a pezzi’ e che ha indicato san Gregorio di Narek come stella nel firmamento nei dottori, vola nelle terre che insieme alla Siria pur sofferente si appellano a Sant’Efrem come padre ed ispiratore. Un incrocio di storie, di sofferenze, di santità e di sapienza”.
Il Cardinale Sandri ha affermato che San Gregorio di Narek “ci chiede se vogliamo essere cristiani solo di nome o per antica tradizione, o perché vogliamo essere oggi discepoli del Signore, come lui ha fatto, diventando maestro di sapienza e di dottrina. Una sapienza che non è data dai fiumi di inchiostro utilizzati per le sue opere, ma è data dal sapore di Cristo sperimentato nella vita e confluito nelle pagine da lui composte”.
E conclude: “San Gregorio di Narek con la sua testimonianza rappresenta come il carbone ardente che viene preso dalla brace per purificare le labbra di Isaia prima della sua missione: come dottore, ci insegna che vera sapienza è quella di rimanere discepoli, sapendo vivere con Gesù e per Lui ogni frangente della storia”.
Ed ecco che ai cristiani di Oriente e di Occidente, dentro le tenebre che avvolgono le nazioni, è dato di ridestare i propri cuori alla speranza, riscoprendo il dono della fede e vivendolo come una vocazione che offre la possibilità di una testimonianza: in ogni parte della terra e di fronte ad ogni dolorosissima ferita, perché nessun potere umano potrebbe strapparci il nostro cuore immerso in Dio e le nostre labbra per cantare i suoi inni di lode”.
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