Città del Vaticano , 08 February, 2021 / 11:05 AM
Quello appena passato è un anno che è stato caratterizzato dalla paura e dalla pandemia, sottolinea Papa Francesco. Il quale mette poi in luce le cinque crisi presenti nel mondo di oggi: la crisi sanitaria, la crisi ambientale, la crisi economica e la crisi della politica, insieme alla crisi dei rapporti umani. E annuncia: voglio riprendere i viaggi apostolici, a cominciare da quello in Iraq. “Fraternità e speranza – rimarca il Papa - sono come medicine di cui oggi il mondo ha bisogno, al pari dei vaccini".
Con un po’ di ritardo rispetto alla consuetudine, Papa Francesco incontra il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Un discorso lungo, caratterizzato dalla volontà di riprendere il contatto con le persone, anche con i viaggi apostolici. E fa una panoramica delle situazioni della crisi nel mondo che vanno dalla situazione in Siria a quella in Libano, dalla Terrasanta al terrorismo internazionale che tocca America, Africa, e persino in Europa; ma che toccano anche il Myanmar – il Papa chiede la pronta liberazione dei politici incarcerati - e la situazione nel Caucaso (la guerra armeno – azera), senza però singolarmente menzionare la situazione in Ucraina, che pure è stata oggetto dell’attenzione della Santa Sede. Nel discorso, il Papa difende l’accordo con la Cina sulla nomina dei vescovi, un accordo ancora una volta descritto come “pastorale”, e non manca di notare che i provvedimenti pandemia hanno messo in luce anche una crisi.
Annunciando il ritorno ai viaggi internazionali, Papa Francesco sottolinea anche con i viaggi si intensifica il dialogo, a partire dal dialogo interreligioso che “quando è inteso non come rinuncia alla propria identità, ma come occasione di maggiore conoscenza e arricchimento reciproco” costituisce “un’opportunità per i leader religiosi e per i fedeli delle varie confessioni e può sostenere l’opera dei leader politici nella loro responsabilità di edificare il bene comune”.
Il Papa si sofferma anche sugli accordi internazionali, che servono alla Chiesa di cooperare e operare negli Stati, e ricorda gli ultimi bilaterali ratificati con la Repubblica Democratica del Congo e con il Burkina Faso, nonché il Settimo Accordo Addizionale fra la Santa Sede e la Repubblica Austriaca alla Convenzione per il Regolamento di Rapporti Patrimoniali del 23 giugno 1960.
Per il Papa, però, è soprattutto importante l’accordo sulla nomina dei vescovi con la Cina, prorogato per altre due anni, “un’intesa – spiega - di carattere essenzialmente pastorale e la Santa Sede auspica che il cammino intrapreso prosegua, in spirito di rispetto e di fiducia reciproca, contribuendo ulteriormente alla soluzione delle questioni di comune interesse”.
Il COVID, dice Papa Francesco, ha portato “paura, sconforto e disperazione”, ha favorito l’erezione di barriere, creando “un mondo nuovamente frammentato e diviso”, ma soprattutto dando vita ad una crisi che il Papa ha cercato di affrontare con la Commissione Vaticana COVID 19. Secondo il Papa, la pandemia “ha messo in luce i rischi e le conseguenze di un modo di vivere dominato da egoismo e cultura dello scarto e ci ha posto davanti un’alternativa: continuare sulla strada finora percorsa o intraprendere un nuovo cammino”.
Eccole, allora, le cinque crisi che individuate dal Papa. La prima è la crisi sanitaria. Mettendoci di fronte alla malattia alla morte, la pandemia “richiama il valore della vita”, eppure “con il pretesto di garantire presunti diritti soggettivi, un numero crescente di legislazioni nel mondo appare allontanarsi dal dovere imprescindibile di tutelare la vita umana in ogni sua fase”. È un riferimento non velato alle nuove legislazioni mondiale, in particolare alla legge sull’eutanasia in Portogallo, perché i vescovi avevano usato proprio questa argomentazione.
Papa Francesco rinnova l’appello “affinché ad ogni persona umana siano offerte le cure e l’assistenza di cui abbisogna”, chiede di favorire “l’accesso universale all’assistenza sanitaria di base, incentivando pure la creazione di presidi medici locali e di strutture sanitarie confacenti alle reali esigenze della popolazione, nonché la disponibilità di terapie e farmaci”, un campo che “non può essere legato alla logica del profitto”.
Il Papa, in linea con gli appelli della Santa Sede (e in particolare l’ultimo di Caritas Internationalis) esorta “tutti gli Stati a contribuire attivamente alle iniziative internazionali volte ad assicurare una distribuzione equa dei vaccini, non secondo criteri puramente economici, ma tenendo conto delle necessità di tutti, specialmente di quelle delle popolazioni più bisognose”. Papa Francesco chiede comunque di mantenere “comportamenti responsabili” per evitare la diffusione del coronavirus.
La seconda crisi è la crisi ambientale, perché, sebbene la crisi sanitaria e quella ambientale presentino profonde differenze, hanno anche delle similitudini. Il Papa definisce la crisi ambientale più radicata, nota che “gli impatti, ad esempio, del cambiamento climatico, siano essi diretti, quali gli eventi atmosferici estremi come alluvioni e siccità, oppure indiretti, come la malnutrizione o le malattie respiratorie, sono spesso gravidi di conseguenze che permangono per molto tempo”.
Papa Francesco chiede un rinnovato impegno delle nazioni nei cosidetti CoP, in particolare il prossimo di Glasgow, perché “questo è il momento di agire”, come dimostrano le isole del Pacifico che rischiano di scomparire, le recenti inondazioni nel Sud Est asiatico, gli incendi in Australia e California dello scorso anno, l’insicurezza alimentare che ha colpito Burkina Faso, il Mali e il Niger, “con milioni di persone che soffrono la fame; come pure alla situazione in Sud Sudan, dove si corre il rischio di una carestia e dove peraltro persiste una grave emergenza umanitaria”.
Il Papa si sofferma sul Sud Sudan, dove vorrebbe andare, ricorda che lì “oltre un milione di bambini ha carenze alimentari, mentre i corridoi umanitari sono spesso ostacolati e la presenza delle agenzie umanitarie nel territorio viene limitata”, e chiede alle autorità sud-sudanesi – cui ha mandato una lettera a Natale - di superare “le incomprensioni e proseguano nel dialogo politico per una piena riconciliazione nazionale”.
La terza crisi è quella economica, in parte causata dalle politiche di contenimento del coronavirus, con i lockdown che hanno causato “la chiusura di esercizi commerciali e il generale rallentamento delle attività produttive, con gravi ricadute sulle imprese, soprattutto quelle medio-piccole, sull’occupazione e conseguentemente sulla vita delle famiglie e d’intere fasce della società, particolarmente quelle più deboli”.
Per Papa Francesco, “serve una sorta di ‘nuova rivoluzione copernicana’ che riponga l’economia a servizio dell’uomo e non viceversa”, notando che “non di rado sono prevalse spinte a cercare soluzioni particolari a un problema che ha invece dimensioni globali. Oggi meno che mai si può pensare di fare da sé”.
Papa Francesco chiede “iniziative comuni e condivise anche a livello internazionale, soprattutto a sostegno dell’occupazione e a protezione delle fasce più povere della popolazione”, appoggia il piano Next Generation EU dell’Unione Europea, ricorda che “la crisi ha interessato soprattutto quanti lavorano nei settori informali, i quali sono stati i primi a vedere scomparire i propri mezzi di sussistenza” - un tema che il Papa ha segnalato nel suo messaggio di Pasqua ai movimenti popolari.
Papa Francesco chiede che “sia assicurata a tutti la stabilità economica per evitare le piaghe dello sfruttamento e contrastare l’usura e la corruzione, che affliggono molti Paesi nel mondo, e tante altre ingiustizie che si consumano ogni giorno di fronte agli occhi stanchi e distratti della nostra società contemporanea”.
Il Papa nota anche la crescita del cybercrime, e in particolare della pedopornografia, nonché la crescita di emergenze umanitarie. E, tra queste, cita “il Sudan, dove si sono rifugiate migliaia di persone in fuga dalla regione del Tigray, come pure ad altri Paesi dell’Africa sub-sahariana, o alla regione di Cabo Delgado in Mozambico, dove tanti sono state costretti ad abbandonare il proprio territorio e si trovano ora in condizioni assai precarie”, ma anche Yemen e Siria.
Di fronte alle crisi umanitarie, la Santa Sede scoraggia l’uso delle sanzioni, “anche per favorire il flusso di aiuti umanitari, innanzitutto di medicinali e di strumenti sanitari, oltremodo necessari in questo tempo di pandemia”, e chiede ancora una volta di condonare, o ridurre, “il debito che grava sui Paesi più poveri e che di fatto ne impedisce il recupero e il pieno sviluppo”.
Altra crisi accentuata dalla pandemia, quella dei migranti. A causa della chiusura dei confini, i migranti “sono dovuti ricorrere a percorsi sempre più pericolosi” e “il flusso massiccio ha peraltro incontrato una crescita del numero dei respingimenti illegali, spesso attuati per impedire ai migranti di chiedere asilo, in violazione del principio di non-respingimento (non-refoulement)”.
Il Papa definisce urgente “affrontare alla radice le cause che spingono a migrare”, ma anche di aiutare i Paesi di rima accoglienza, e guarda con interesse “la negoziazione del Nuovo Patto dell’Unione Europea sulla migrazione e l’asilo, pur osservando che politiche e meccanismi concreti non funzioneranno se non saranno sostenuti dalla necessaria volontà politica e dall’impegno di tutte le parti in causa, compresi la società civile e i migranti stessi”.
Ricordando l’impegno della Santa Sede sul fronte delle migrazioni (membro dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, membro del Comitato esecutivo dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati), Papa Francesco sottolinea che “dalla Seconda guerra mondiale il mondo non aveva ancora assistito a un aumento così drammatico del numero di rifugiati, come quello che vediamo oggi”, e spinge a rinnovare “l’impegno per la loro protezione, come pure per quella degli sfollati interni e di tutte le persone vulnerabili costrette a fuggire dalla persecuzione, dalla violenza, dai conflitti e dalle guerre”.
Il Papa esprime la preoccupazione della Santa Sede per la crisi degli sfollati nel Sahel, dove il numero di sfollati è “aumentato venti morti”. Ma la panoramica internazionale lo porta a guardare anche al colpo di Stato in Myanmar, e auspica che i leader politici incarcerati siano prontamente liberati.
La crisi della politica ha laceranti effetti, che sono emersi durante la pandemia, ne stigmatizza la tendenza alla polarizzazione. Mantenere vive le realtà democratiche è “una sfida che interessa tutti gli Stati”, perché la crisi si nota anche in
“Paesi di lunga tradizione democratica”, cosa che ripete due volte (facile pensare si riferisca agli Stati Uniti).
(La storia continua sotto)
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È questa la crisi della politica, che “si ripercuote anche a livello internazionale, con ricadute sull’intero sistema multilaterale e l’evidente conseguenza che Organizzazioni pensate per favorire la pace e lo sviluppo”.
Ancora una volta, Papa Francesco chiede un rinnovato slancio delle organizzazioni internazionali nel multilaterale, senza aver paura delle riforme – come non si deve aver paura della riforma della Curia, nota il Papa, che si collocano nella prospettiva di un continuo cambiamento.
Nel multilaterale, Papa Francesco plaude all’entrata in vigore del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari, come pure l’estensione per un ulteriore quinquennio del Nuovo Trattato sulla Riduzione delle Armi Strategiche (il cosiddetto New START) fra la Federazione Russa e gli Stati Uniti d’America”.
Capitolo Siria: il Papa auspica che il 2021 sia “l’anno in cui si scrivesse finalmente la parola fine al conflitto siriano, iniziato ormai dieci anni fa!”, ma guarda anche alla situazione in Terra Santa, perché “la fiducia reciproca fra Israeliani e Palestinesi dev’essere la base per un rinnovato e risolutivo dialogo diretto tra le Parti per risolvere un conflitto che perdura da troppo tempo”, e al Libano, “attraversato da una crisi interna e rischia di perdere la sua identità e di trovarsi ancor più coinvolto nelle tensioni regionali”.
Ancora sul Libano – Papa Francesco ha incontrato il cardinale Bechara Rai prima del Concistoro -, il Papa sottolinea che è necessario che “il Paese mantenga la sua identità unica, anche per assicurare un Medio Oriente plurale, tollerante e diversificato, nel quale la presenza cristiana possa offrire il proprio contributo e non sia ridotta a una minoranza da proteggere”, dato che i cristiani sono “il tessuto connettivo, storico e sociale del libano”, e “ indebolire la comunità cristiana rischia di distruggere l’equilibrio interno e la stessa realtà libanese”. Ma va affrontata anche la presenza di profughi siriani e palestinesi, e serve anche un urgente processo di ripresa economica – dice il Papa – che sia portato avanti con la concertazione di tutti i leader politici e religiosi, senza interessi di parte per “attuare vere riforme per il bene dei cittadini, agendo in modo trasparente e assumendosi la responsabilità delle proprie azioni”.
Papa Francesco si concentra pure sulla situazione in Libia, per cui auspica “l’avvio dell’atteso processo di riconciliazione del Paese”, ma anche alla Repubblica Centrafricana, e ai problemi in America Latina, nonché “il deterioramento dei rapporti nella Penisola coreana, culminato con la distruzione dell’ufficio di collegamento inter-coreano a Kaesong” e “la situazione nel Caucaso meridionale, dove permangono diversi conflitti congelati, alcuni riaccesisi nel corso dell’anno passato, che minano la stabilità e la sicurezza dell’intera regione”.
Il Papa è preoccupato anche per una recrudescenza del terrorismo “che colpisce soprattutto nell’Africa sub-sahariana, ma anche in Asia e in Europa”, considerando che “gli obiettivi di tali attacchi sono spesso proprio i luoghi di culto, in cui sono raccolti fedeli in preghiera”. “La protezione dei luoghi di culto – dice Papa Francesco - è una conseguenza diretta della difesa della libertà di pensiero, di coscienza e di religione ed è un dovere per le Autorità civili, indipendentemente dal colore politico e dall’appartenenza religiosa”.
L’ultima crisi è quella dei rapporti umani, messa in luce dalla pandemia che ha progressivamente isolato le persone, e in particolare i ragazzi rimasti indietro nell’educazione o diventati dipendenti da internet “e in genere da forme di comunicazione virtuali, rendendoli peraltro più vulnerabili e sovraesposti alle attività criminali online”.
Si tratta di una sorta di “catastrofe educativa”, dice Papa Francesco. Catastrofe bilanciata dal maggiore tempo in famiglia costretto dal lockdown, anche se “non tutti hanno potuto vivere con serenità nella propria casa e alcune convivenze sono degenerate in violenze domestiche”. Per questo, il Papa esorta “tutti, autorità pubbliche e società civile, a supportare le vittime della violenza nella famiglia: sappiamo purtroppo che sono le donne, sovente insieme ai loro figli, a pagare il prezzo più alto”.
Infine, Papa Francesco menziona che il contenimento della pandemia ha avuto ramificazioni “anche su diverse libertà fondamentali, inclusa la libertà di religione, limitando il culto e le attività educative e caritative delle comunità di fede”.
Papa Francesco chiede di “non trascurare che la dimensione religiosa costituisce un aspetto fondamentale della personalità umana e della società, che non può essere obliterato; e che, nonostante si stia cercando di proteggere le vite umane dalla diffusione del virus, non si può ritenere la dimensione spirituale e morale della persona come secondaria rispetto alla salute fisica”.
Papa Francesco sottolinea che “la libertà di culto non costituisce peraltro un corollario della libertà di riunione, ma deriva essenzialmente dal diritto alla libertà religiosa, che è il primo e fondamentale diritto umano. È dunque necessario che essa venga rispettata, protetta e difesa dalle Autorità civili, come la salute e l’integrità fisica”.
Insomma, conclude il Papa “la crisi dei rapporti umani e, conseguentemente, le altre crisi che ho menzionato non si possono vincere se non salvaguardando la dignità trascendente di ogni persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio”.
Infine, Papa Francesco menziona il settecentesimo anniversario della morte di Dante Alighieri (il Papa scriverà anche un documento sul sommo poeta), con un particolare pensiero al popolo italiano. E mette in luce che “il 2021 è un tempo da non perdere. E non sarà sprecato nella misura in cui sapremo collaborare con generosità e impegno. In questo senso ritengo che la fraternità sia il vero rimedio alla pandemia e ai molti mali che ci hanno colpito”.
Perché – conclude il Papa – “fraternità e speranza sono come medicine di cui oggi il mondo ha bisogno, al pari dei vaccini. Su ciascuno di voi e sui vostri Paesi invoco copiosi doni celesti, con l’augurio che quest’anno sia propizio per approfondire i vincoli di fraternità che legano l’intera famiglia umana”.
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