Roma, 29 January, 2021 / 6:00 PM
“Andavamo in Russia: che sapore di avventura; che gusto, al pensiero, di terre lontane e sconfinate; che ansia, all’idea di entrare finalmente nei paesi che il muto, enorme, impenetrabile muro bolscevico aveva tenuto da tanto divisi dal resto del mondo. Mi venne fatto anche di pensare se tutti quei soldati sarebbero tornati in Italia, o quanti sarebbero caduti laggiù: ero ottimista. Bella cosa è non vedere nel futuro! Guai se avessi saputo che quasi tutti quei bersaglieri sarebbero rimasti prima del finire dell’anno senza vita (della Divisione Celere si salvò solo un quindicesimo circa) e che la maggior parte degli altri avrebbe avuto una stessa sorte! Mai la Patria effettuò spedizioni di soldati che ebbero esito così spaventoso come quelle di allora per la Russia”.
Con queste parole Eugenio Corti, in una lettera inviata ai familiari, rievoca lo spirito che animava lui e molti altri giovani che come lui, dall’Italia, partivano nel 1942 per quella “avventura” che cambierà completamente il corso delle loro esistenze e lo sguardo sulla realtà.
La corrispondenza di Corti dalla Russia è raccolta nel volume “Io ritornerò. Lettere dalla Russia 1942-1943”, a cura di Alessandro Rivali, dalla casa editrice Ares. Che da molto tempo è impegnata a far conoscere, anzi ri-conoscere, la statura di uno scrittore come Corti, così ampiamente sottovalutato in Italia, mentre in Francia, ad esempio, lo si considera uno dei grandi del Novecento.
In questo 2021 ricorre il centenario della nascita di Corti (21 gennaio 1921 – 4 febbraio 2014) e l’Ares annuncia molte iniziative per celebrarlo, portate aventi con l’Associazione Eugenio Corti e l’Associazione Culturale Internazionale “Eugenio Corti”. Da segnalare anche il ricco sito Le pagine di Eugenio Corti con la relativa pagina Facebook.
In primavera usciranno, sempre per la Ares, gli inediti “Diari di guerra e di pace” (a cura di Vanda Corti), destinati a far scoprire il “cantiere” della scrittura dell’autore del “Cavallo Rosso”. Composti nel corso del secondo conflitto mondiale e subito dopo, raccolti in 17 quaderni conservati dalla moglie Vanda e ora proposti nella loro integralità, questi diari coprono un arco temporale che va dal 18 novembre 1940 al 22 novembre 1949. Da queste pagine emerge nella sua tragico complessità l’esperienza terribile che un giovane uomo può aver fatto della guerra: gli ideali che hanno spinto a partire, il viaggio senza fine, il fronte del Don, il martirio della ritirata. E, dopo l ‘8 settembre, la fuga verso sud e la battaglia insieme agli Alleati per sconfiggere i tedeschi sul fronte adriatico. Dal punto di vista strettamente artistico, i Diari disegnano con chiarezza la genesi della sua vocazione di scrittore; nello stesso tempo testimoniano la sua maturazione umana, il passaggio dall’idealità giovanile all’impegno di una vita intera di chi è passato attraverso il fuoco della guerra, della disperazione, guardando la morte in faccia.
Che cosa rende Eugenio Corti così diverso da tanti altri autori, sia pure riconosciuti “maestri”? Pensiamo al “Cavallo Rosso”, il suo romanzo più imponente, più conosciuto. Ancora oggi quest’opera, giunta alla 34esima edizione e tradotta in otto lingue, continua a diffondersi con il passaparola dei suoi lettori che, spesso, hanno voluto incontrare di persona l’autore. Però la critica ufficiale, definiamola così, non ne ha mai parlato volentieri, quando poi non l’ha deliberatamente ignorata. Quando fu pubblicata, decenni fa, il clima culturale era fortemente ideologizzato, e Corti, invece, era fuori da ogni conventicola, da ogni gruppo etichettato, era profondamento cattolico e non “addomesticabile”, era deciso a scrivere la verità su quel che aveva vissuto in Russia, e su quel che aveva visto della vita sotto il tallone stalinista. Tutte caratteristiche poco attraenti per l’establishment culturale.
Il Cavallo Rosso è un autentico romanzo storico, incardinato nella tradizione del romanzo europeo ottocentesco, dove la vastità delle vicende trattate, la dimensione quasi epica della storia intrecciata alle storie particolari di tantissimi personaggi, sono percorse dalle domande sul senso ultimo dell’esistenza, sul male e sul bene che segnano il percorso di tutti e di ciascuno. Questa “qualità”, propria delle grandi opere, è capace di trasformare un libro in un vero incontro, in una esperienza che può far scaturire qualcosa di inaspettato, può generare il bene. Come ha spiegato Paola Scaglione, saggista, docente, massima esperta e biografa di Corti, in una recente intervista a Tempi, è stato proprio questo “a tradursi in un successo (cioè in un incontro vero, in un bene che accade) tra la gente più disparata e oltreconfine a convincere François Livi, il professore che ha fatto scoprire Corti alla Sorbona di Parigi.
Il successo di Corti sono le migliaia di persone che lo hanno sommerso di lettere colme di gratitudine e desiderio di porsi a servizio del bene, spesso testimoniando che grazie alle sue opere avevano trovato o ritrovato la fede. Incontrare con lui le persone, in occasione delle sue conferenze, era essere abbracciati da un’onda inesorabile di bene”.
«Io ritornerò». Lettere dalla Russia 1942-1943, pp.242, euro 14, Ares
Diari di guerra e di pace (a cura di Vanda Corti), in uscita per la Ares in primavera
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