Città del Vaticano , 09 January, 2021 / 4:00 PM
Il discorso di Papa Francesco al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, che di solito dà inizio all’anno, è stato spostato al 25 gennaio: un modo per permettere agli ambasciatori non residenti di rispettare le restrizioni anti-COVID e avere la massima partecipazione possibile. Così, la prima attività di Papa Francesco all’inizio di quest’anno è stata la ricezione delle lettere credenziali da parte dell’ambasciatore di Uruguay presso la Santa Sede, il suo amico Guzman Carriquiry, che ha preso l’incarico dopo essere andato in pensione dal suo lavoro in Vaticano.
Nella settimana, anche due nuovi nunzi nominati dal Papa. Ma merita un focus anche una particolare iniziativa ecumenica della Lettonia, che può avere però importanti risvolti politici.
FOCUS EUROPA
Verso la legge sulla famiglia in Lettonia
Il prossimo 14 gennaio, il Parlamento lettone dovrebbe cominciare la discussione su una proposta di riforma costituzionale che rafforzarebbe l’istituto famigliare come unione tra uomo e una donna. In questo quadro, sono state particolarmente attive le Chiese. In particolare, la Chiesa cattolica lettone, nella persona dell’arcivescovo di Riga Zbignevs Stankevics, è stata soggetta a fake news. L’arcivescovo Stankevics è stato descritto come un promotore delle unioni omosessuali, mentre nel suo discorso al Parlamento aveva semplicemente proposto che le coppie stabili non sposate potessero avere garantiti alcuni diritti amministrativi.
Le dichiarazioni dell’arcivescovo erano cadute, in Lettonia, nell’ambito di un acceso dibattito che aveva fatto seguito alla decisione della Corte Costituzionale Lettone di riconoscere il congedo di paternità anche ad una coppia formata da persone dello stesso sesso.
I vescovi non sono stati a guardare, e già il 14 dicembre avevano scritto a capi e membri del Parlamento per chiedere di non modificare la legge. Significativamente, il 27 dicembre, giorno della festa della Sacra Famiglia, tutte le confessioni religiose di Lettonia hanno indirizzato un appello comune al presidente e al governo della Lettonia.
È un documento importante, in cui i capi religiosi chiedono di non toccare il matrimonio come unione tra uomo e donna, come sancito dalla Costituzione, ma anche di rafforzare nella Costituzione il senso della famiglia come unione basata sul matrimonio tra un uomo e una donna.
Nell’appello, i capi religiosi hanno sottolineato che un rafforzamento della definizione è necessario in una società che comincia a porre dubbi su cosa sia la famiglia. Non solo. I capi religiosi notano che non c’è alcun bisogno di cambiare la Costituzione, anche perché le leggi lettoni sono state già considerate idonee per garantire al Paese l’ammissione all’Unione Europea e alla Nato, quindi non c’è bisogno di cambiare lo Stato di famiglia.
“Cambiare il contenuto del concetto di famiglia – scrivono i capi religiosi - non significherebbe integrare il sistema legale, ma trasformarlo radicalmente”.
I capi religiosi fanno anche notare che tutti i tentativi di cambiare l’idea di famiglia non hanno avuto supporto democratico, e che “questi suggerimenti sono più spesso basati sull’esperienza di altri Paesi e su varie fonti di motivazione al di fuori della Lettonia”.
I capi religiosi hanno anche notato che “quando si pensa ai benefici per la società nel suo insieme e al futuro del paese, il benessere e i diritti dei bambini devono essere presi in considerazione in primo luogo. Nessuno può negare che l'ambiente ottimale in cui un bambino deve venire al mondo e crescere, è una famiglia in cui padre e madre come marito e moglie sono legati in un matrimonio stabile. Entrambi i ruoli e la partecipazione di entrambi i sessi sono essenziali per la piena educazione e sviluppo dei bambini. Pertanto, lo Stato dovrebbe dare la massima priorità all'uso di tutti gli strumenti di motivazione e sostegno per rendere creazione di tali famiglie sicura e attraente”.
FOCUS AMBASCIATORI
L’ambasciatore Carriquiry presenta le sue lettere credenziali
Guzman Carriquiry, ambasciatore di Uruguay presso la Santa Sede, ha presentato oggi le sue lettere credenziali a Papa Francesco. Ma per l’ambasciatore il passaggio nei corridoi del Palazzo Apostolico non è stata una novità. Carriquiry, infatti, ha servito per quasi cinque decenni nella Santa Sede, terminando la sua carriera come segretario incaricato della vicepresidenza della Pontificia Commissione per l’America Latina.
Nato nel 1944, dopo aver diretto il Centro Nazionale dei Mezzi di Comunicazione Sociale, Carriquiry ha iniziato una lunghissima carriera vaticana di 38 anni, che lo ha portato a serviré nel Pontificio Consiglio dei laici dal 1971 al 2011, ricoprendo dal 1982 al 2011 il ruolo di sottosegretario (fu il primo laico ad avere questa responsabilità).
Dal 2011 al 2014 è stato segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, e dal 2014 al 2019 ne è stato segretario incarico della vicepresidenza.
Ha partetcipato a sei sinodi dei vescovi come uditore, ha servito in moltissime delegazioni della Santa Sede e ha servito cinque Papi.
Numerosissime le sue pubblicazioni. Di due libri, ha avuto anche la prefazione di Papa Francesco, di cui si professa amico.
FOCUS NUNZIATURE
Il nuovo nunzio apostolico di Algeria
La prima nomina diplomatica del 2021 è stata quella dell’arcivescovo Kurian Mathew Vaylunkal come nunzio apostolico in Algeria. Prende il posto dell’arcivescovo Luciano Russo, che invece è stato spostato a Panama.
Di origini indiane, l’arcivescovo Vaylunkal è nel servizio diplomatico della Santa Sede dal 1998, e ha servito nelle nunziature di Guinea, Corea, Repubblica Dominicana, Bangladesh, Ungheria ed Egitto. Nel 2010, è stato uno degli inviati ad Haiti per sorvegliare il lavoro umanitario vaticano dopo il terremoto.
Dal 2016 era nunzio in Papua Nuova Guinea, e aveva anche cominciato ad organizzare il viaggio papale nel Paese previsto (ma mai ufficializzato) per settembre 2020, prima che la pandemia bloccasse ogni tipo di organizzazione. È chiamato, ora, a prestare il suo servizio in Algeria, in un terreno difficile dove i cristiani sono una minoranza e vivono in restrizione, mentre l’Islam è religione di Stato.
(La storia continua sotto)
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Il nuovo nunzio in Kuwait ha passato dieci anni ad Hong Kong
Proviene dalla nunziatura di Haiti il nuovo “ambasciatore del Papa” in Kuwait e Qatar. L’arcivescovo Eugene Martin Nugent (1958), di origine irlandese, lavora per la diplomazia della Santa Sede dal 1992.
Dopo aver frequentato l’Accademia ecclesiastica, ha prestato servizio nelle nunziature di Turchia, Israele, e le Filippine. Dal 2001 al 2010, l’arcivescovo Nugent è stato nella missione di studio di Hong Kong, succedendo all’attuale Cardinale Fernando Filoni, con la responsabilità di facilitare la comiunicazione tra le diocesi cinesi e il Vaticano.
Dal 2010 al 2015 è stato nunzio in Madagascar, e successivamente è stato nunzio ad Haiti per altri cinque anni. Papa Francesco lo ha nominato nunzio in Kuwait e Qatar il 7 gennaio 2021.
FOCUS AMERICA
Una visita in Ohio per l’arcivescovo Pierre
In visita in Ohio lo scorso novembre, l’arcivescovo Christophe Pierre, nunzio negli Stati Uniti, ha risposto alle domande di The Catholic Telegraph, spiegando la vita e i compiti del nunzio.
Nell’intervista, l’arcivescovo Pierre ha dipanato 43 anni di carriera al servizio di quattro Papi, ricordando che “se hai la mentalità del pastore, puoi essere un pastore in ogni modo”.
L’arcivescovo Pierre non ha mancato di mostrare apprezzamento per Papa Francesco, che ha “una visione così profonda di ciò che sta accadendo nel mondo”, e che ha portato poi all’idea di fraternità contenuta nella Fratelli Tutti.
“C’è molto bisogno di fraternità umana – ha detto – in un mondo che è diviso, frammentato, fatto di contrapposizioni, come quello che abbiamo oggi negli Stati Uniti.
L’arcivescovo Pierre ha anche ribadito che oggi il bisogno di evangelizzazione è cruciale, perché “la secolarizzazione è così profonda che tutti noi ne siamo colpiti. Abbiamo splendide parrocchie, ben organizzate, e bellissime scuole. Siamo abbastanza bravi nell’organizzazione, ma stiamo davvero evangelizzando?”
FOCUS AFRICA
Uganda, i vescovi mettono in luce le loro priorità per le elezioni
Il prossimo 14 gennaio si terranno elezioni generali in Uganda. Così, i vescovi ugandesi hanno fatto una lista di 13 temi che “potrebbero mettere a rischio la credibilità dei processi elettorali e il risultato del voto, se non affrontati urgentemente”.
La lista si trova nella lettera pastorale della Conferenza Episcopale Ugandese, diffusa lo scorso 5 gennaio. I vescovi hanno mostrato preoccupazione per la veridicità dei risultati delle urne, considerando che “la cattiva gestione delle elezioni ha anche portato in passato a bagni di sangue”, mentre “le cicatrici della violenza sono ancora con noi”.
I leader ugandesi si sono detti preoccupati dalla commercializzazione delle elezioni, che ha visto “alcuni candidati spendere colossali cifre con la speranza di rientrare dell’investimento quando avrebbero preso il potere”.
I vescovi hanno notato che, sebbene le attuali leggi “salvaguardino la nazione del finanziamento illecito, prevengano la rottura della sicurezza nazionale ed incoraggino la presa di responsabilità da parte dei partiti politici e dei loro leader”, non c’è comunque “alcuna legge che ponga attenzione specifica allo sbilanciamento ingiusto che il denaro eccessivo può creare tra gli attori politici”.
I vescovi hanno anche lamentato una “inadeguata educazione al volo”, hanno messo in luce che la commissione elettorale non ha intrapreso attività elettorali “con tempismo e in maniera globale”, hanno stigmatizzato gli attacchi contro giornalisti ed esponenti della società civile, hanno chiesto una effettiva gestione del processo elettorale.
Etiopia, l’appello del Cardinale Souraphiel
Il Cardinale Berhaneyesus Souraphiel, arcivescovo di Addis Abeba, ha chiesto nel suo messaggio di Natale che il governo garantisca “il diritto alla vita delle persone, il rispetto della supremazia della Costituzione e assicurarsi che regni la pace”. Il messaggio è stato diffuso il 7 gennaio, giorno in cui si è festeggiato il Natale in Etiopia, che segue il calendario giuliano.
Il Cardinale parla ad un Paese scosso ora dalla guerra del Tigray. Dal 2019, il Cardinale Souraphiel è anche presidente della Commissione Verità e Riconciliazione dell’Etiopia, chiamato a costruire la pace dopo la fine delle ostilità ventennali tra Eritrea ed Etiopia.
Ma oggi – ha detto il Cardinale – “la guerra nel Tigrai oltre a un numero non accertato di vittime, ha causato lo sfollamento di almeno 950.000 civili. Altri 60.000 etiopi si sono rifugiati nel confinante Sudan”.
Il cardinale ha invitato a vivere “insieme come fratelli e sorelle indipendentemente dalle diversità di razza, tribù, colore, sesso ed età e inoltre, come un'unica famiglia, sostenersi e aiutarsi a vicenda e restare uniti".
FOCUS MEDIO ORIENTE
Il Cardinale Rai prosegue nei suoi sforzi per la neutralità attiva del Libano
Il Cardinale Bechara Boutros Rai, patriarca dei maroniti, si è caratterizzato come un mediatore nel dialogo politico sin da prima delle tremende esplosioni del 4 agosto al porto di Beirut. Tra le altre cose, ha stilato un piano per la neutralità attiva del Paese, che ha presentato anche a Papa Francesco in un incontro privato avuto prima del concistoro del 28 ottobre 2020.
Gli sforzi del cardinale sono ora tutti tesi a far riavvicinare il presidente Michel Aoun e il primo ministro Saad Hariri, non solo per favorire la formazione di un governo, ma proprio per aiutare il Libano a strutturarsi.
L’ex ministro Sejan Azzi, amico del Cardinale Rai, ha sottolineato che quella del Patriarca “non è una mediazione formale”, e che nasce anche dall’esigenza di dare al Libano una struttura statale solida, perché “solo in Libano succede che ogni volta che è necessario formare un governo, è il principio di tutta la nazione che viene messo in discussione. Come se il destino dei cristiani dipendesse da un ministro in più o in meno, o dalla terza parte che lo blocca, o come se il destino dei sunniti dipendesse dalla nomina di questo o quell’altro ministro, e se quello degli sciiti dal ministero delle finanze”.
Per questo, il Cardinale Rai sta cercando di favorire “la formazione di un governo imparziale, competente, composto da personalità straordinarie non affiliate a partiti politici”, ma queste condizioni non sono state accettate.
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