Roma, 16 November, 2020 / 10:00 AM
“Carlo è stato un adolescente normale e al tempo stesso originale, perché ha vissuto la sua breve vita col capo chinato su Cristo”. Con queste parole, Cecilia Galatolo descrive la figura del nuovo beato, Carlo Acutis, di cui parla nel suo secondo romanzo dedicato proprio al “patrono dei millennials”, intitolato “Vivere da Originali”.
Dopo il libro “Sei nato originale non vivere da fotocopia”, in questa seconda pubblicazione la giovane autrice mette a tema la complessa situazione dei giovani di oggi: da un lato vittime dal vuoto di valori e dell’edonismo, e dall’altro con una potente domanda di senso e positività della vita che non può essere ignorata.
La visione della vita che viene proposta dalla scrittrice è quella che aveva lo stesso Carlo.
Perché hai deciso di dedicare un altro romanzo alla figura di Carlo Acutis?
Nel primo romanzo, Sei nato originale, non vivere da fotocopia, Francesco, il mio protagonista, incontra Dio, grazie a Carlo Acutis, in un momento doloroso della sua vita. Il libro si conclude con la conversione. Ho deciso di proseguire la storia di Francesco, con Vivere da originali, per mostrare, stavolta, un fidanzamento vissuto alla luce del Vangelo. Penso che Carlo possa essere un bell’esempio di santità per quelle giovani coppie che desiderano concretamente far posto a Gesù tra loro.
Si tratta, quindi, di una storia d’amore?
Sì, Vivere da originali potrebbe essere considerato un romanzo rosa (il che, mi rendo conto, potrebbe piacere in modo particolare alle ragazze), ma scritto sotto una luce particolare: perché è la fede e la sequela condivisa del Beato Carlo ciò che più arriva ad unire i due protagonisti… è un libro che, sinceramente, regalerei a dei ragazzi che vogliono vivere un fidanzamento cristiano.
Cosa ti affascina maggiormente della figura del nuovo beato?
Di Carlo mi affascina… tutto! In modo particolare la sua purezza, il cuore integro, la decisione ferma di seguire Gesù, senza compromessi. Mi piace che non si lascia corrompere dalla vanità, dal materialismo. Carlo viene da una famiglia ricca, ma i soldi sembrano non contare per lui. Potrebbe avere tutto, invece è sobrio: ha uno spirito francescano, si accontenta del necessario e ama donare agli altri. Mi piace la sua coerenza (non ha paura di dire ai suoi amici, finita una partita ai videogiochi: “io vado a messa”) e la sua determinazione nel fare il bene. Carlo è uno che non trova scuse: fa quel che può, senza delegare.
Puoi raccontarci qualche aneddoto della sua vita in cui si vede questa capacità di donare?
Portava personalmente del cibo ai senzatetto del suo quartiere, comprava sacchi a pelo per loro con i suoi risparmi, ascoltava il povero che nessuno vedeva, per la strada, pregava per le necessità di tutti quelli che incontrava. Carlo si dava da fare: non aspettava che ad agire fosse sempre qualcun altro. Il suo domestico si è convertito da una religione orientale al cristianesimo vedendo come Carlo aiutava gli ultimi… Era solo un ragazzino, ma viveva molto unito a Gesù: era un testimone credibile, un vero discepolo. Qui mi permetto una nota personale…
Prego…
Mi piace tantissimo la devozione che aveva Carlo per san Giovanni evangelista, l’apostolo più giovane di Gesù, al quale lui voleva assomigliare. Io amo san Giovanni evangelista: studiando teologia al primo anno di università avevo già deciso (e non ero neppure fidanzata…) che quello sarebbe stato il nome di mio figlio… (Grazie a Dio, poi, ho scoperto che piaceva anche a mio marito…)
Quali sono i temi che vengono trattati nel romanzo?
Uno dei temi che affronto è la realtà della morte. La protagonista, Caterina, ha vissuto, infatti, un lutto tremendo, per il quale incolpa Dio. Nel presentare una simile sofferenza (senza sminuirla), cerco di offrire uno sguardo di speranza: quello sguardo da cristiano che aveva Carlo davanti alla morte.
Come mai questa scelta?
Penso sia giusto ricordare, soprattutto in questi tempi in cui siamo tutti un po’ impauriti e provati, che Gesù può darci una vita senza fine (e inizia qui, perché Gesù è vivo, il suo cuore pulsante si trova in ogni tabernacolo, come aveva capito Carlo!): la morte non ha l’ultima parola. Mi piaceva proporre un cammino di guarigione: dal lutto, alla speranza; dalla tristezza al ritorno alla vita. Ho perso mia madre due anni fa (non è stato difficile immedesimarmi nella protagonista, ma ho capito che Dio, se glielo domandiamo, può fare anche questo miracolo: donare pace davanti alla morte di una persona cara.
Grazie, davvero un bel messaggio… Accanto a questo, quali altri temi affronti?
Di nuovo cerco di mostrare l’importanza dei sacramenti, della Parola di Dio e infine, tema molto controcorrente, propongo la castità nel fidanzamento come scelta possibile e non anacronistica per i ragazzi di oggi. Il libro è uscito da poco e ho già ricevuto critiche per questo (“Una volta si aspettava il matrimonio… ma oggi? Non ti sembra troppo?”). Mi scuseranno i “progressisti”, ma per me vivere un fidanzamento casto è stata una vera benedizione e lo stesso Carlo, seppur giovanissimo, difendeva questo valore. Io propongo, non impongo: se a qualcuno interessa, però, nel libro sono spiegate le motivazioni di una scelta così radicale e distante da ciò che propone il mondo.
Durante la stesura del romanzo, hai avuto modo di parlare con la madre di Carlo. Ci potresti raccontare qualche aneddoto?
Io ho avuto modo di conoscere (anche se solo per via telefonica) la mamma di Carlo già quattro anni fa, al momento di scrivere il primo libro. È stata molto gentile, perché, oltre a raccontarmi qualcosa lei stessa, mi ha spedito direttamente a casa il materiale per informarmi sul figlio. Poi siamo rimaste in contatto in questi anni e si è mostrata entusiasta quando le ho detto che avrei scritto anche un secondo romanzo. C’è una cosa che mi colpisce…
Quale?
Che vuole sapere quando vado da qualche parte a presentare i libri su suo figlio in modo da pregarci. Vuole pregare per i frutti di ogni mio incontro. Ha una fede davvero grande, mi è di esempio…
Il ricordo più bello che ho, però, è molto personale. Di recente, infatti, nel mese di giugno, ho vissuto una grande sofferenza. Le parole più belle, in quella circostanza, le ho ricevute proprio da lei…
(La storia continua sotto)
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