Città del Vaticano , 17 October, 2020 / 4:00 PM
Che la speranza non muoia” La relazione del Cardinale Mario Zenari al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede aveva un titolo evocativo e importante. Lo scorso 15 ottobre, il nunzio si è seduto in aula nuova del Sinodo, in Vaticano per spiegare agli ambasciatori accreditati la situazione in Siria e la posizione della Santa Sede. Non è escluso che ci saranno altri briefing del genere, su altre situazioni “calde” della Santa Sede.
In questa settimana, la Santa Sede ha tenuto diversi interventi presso gli organismi internazionali a Vienna, New York, e Ginevra, e proprio in uno di questi ha lavorato per una revisione de trattato dei TRIPs (un trattato sugli aspetti commerciali della proprietà intellettuale) che potrebbe rendere più facile l’accesso ai farmaci per le persone più povere.
Altre cose degne di nota: la firma di un accordo tra Santa Sede ed Austria, la presentazioen delle lettere credenziali dell’ambasciatore del Nicaragua presso la Santa Sede, e delle dichiarazioni rese ad ACI Stampa dall’ambasciatore di Palestina presso la Santa Sede riguardo la situazione in Medio Oriente, in particolare dopo l’accordo di Abramo facilitato dal governo di Trump
FOCUS VATICANO
Il Cardinale Zenari sulla Siria
È stata una relazione densa di dettagli, quella che il Cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, ha fatto di fronte agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede. A fianco a lui, il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, e l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati.
Introducendo l’incontro, il Cardinale Parolin ha auspicato che il mondo non si abitui alla “litania di orrori che ogni giorno ci giunge da quella martorita nazione”.
Nella sua relazione, il Cardinale Zenari ha notato che ci sono cinque eserciti che si fronteggiano in territorio siriano, ha sottolineato che questo conflitto sembra essere scomparso dal “radar dei media”, ma persiste la catastrofe umanitaria.
Più che delle bombe, il Cardinale è preoccupato dalla “bomba della povertà” che si è abbattuta sull’80 per cento della popolazione, tanto che si stima che ci siano 11 milioni di siriani bisognosi di assistenza umanitaria.
Il Cardinale si è detto grato alla comunità internazionale. Ha ringraziato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per aver aperto una via per trasportare aiuti attraverso il confine turco ogni giorno, ma non ha ignorato il fatto che ora i passaggi di confine sono stati ridotti da quattro al giorno ad uno. Il Cardinale Zenari ha anche ricordato che lo scorso giugno, alla IV conferenza di Brussels, sono stati raccolti circa 5,5 miliardi in impegni di aiuto
Il nunzio in Siria ha notato che “la pace non verra in Siria senza ricostruzione e senza recupero economico”, e ha affrontato il tema delle sanzioni. “Se l’obiettivo è quello di minare l’attuale leadership politica a Damasco – ha detto – lasciatemi esprimere forti dubbi. È certo piuttosto che le sanzioni indeboliscono e inesorabilmente colpisco la popolazione prima di tutto. Il Cardinale ha notato che, se in principio le nazioni non vanno a toccare questioni umanitarie, questo non è vero in pratica.
Il cardinale ha notato che “il tempo sta per scadere”, la Siria è “una distesa di villaggi spettrali”, molti villaggi “hanno perso la speranza”, mentre ci sono bambini e anzini che sono morti di freddo in inverno, mentre i giovani più quaificati partono e altri muoiono in guerra, e ha chiesto una risposta internazionale e soluzioni radicali a lungo termine.
Durante il botta e risposta al termine dell’incontro, il Cardinale ha parlato delle relazioni tra le comunità religiose in Siria, la necessità di uan ripresa economica e le conseguenze del aese, il progetto “Ospedali aperti”, la condizione delle donne e l’emergenza educativa.
Santa Sede ed Austria firmano un accordo sui rapporti patrimoniali
Lo scorso 12 ottobre, a Vienna, è stato firmato da Austria e Santa Sede il VII accordo addizionale alla Convenzione per il Regolamento dei Rapporti Patrimoniali tra i due Stati. Per la Santa Sede ha firmato l’arcivescovo Pedro Lopez Quintana, nunzio in Austria, mentre per l’Austria ha firmato Susanne Raab, ministro federale per le Donne e l’Integrazione.
L’accordo fu stabilito nel 1960, per compensare la Chiesa delle confische di proprietà del tempo nazionalsocialista. Quello firmato il 12 ottobre è il settimo contratto aggiuntivo, e sono tutti contratti che tengono conto delle variazioni degli indici dei prezzi.
Questo settimo contratto prevede un corrispettivo annuo di 20.754 milioni di euro a partire dal 2018, vale a dire 3.459 milioni di euro in più rispetto al sesto contratto. I precedenti contratti prevedevano un importo fisso per i pagamenti annuali, con l’intesa che se i prezzi fossero aumentati del 20 per cento si sarebbe concluso un altro contratto aggiuntivo. La procedura è stata sempllificata con il VIII contratto aggiuntivo.
FOCUS AMBASCIATE
Accordo Abramo in Medio Oriente, il punto di vista dell’ambasciatore di Palestina presso la Santa Sede
In una recente intervista a Crux, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro per i rapporti con gli Stati, ha detto che la Santa Sede guarda con interesse al Piano Abramo promosso dagli Stati Uniti in Medio Oriente, che consiste nella normalizzazione dei rapporti di Israle con Emirati Arabi e Bahrein. Tuttavia, il Piano di Abramo preoccupa lo Stato di Paestina.
Issa Kassisieh, ambasciatore di Palestina presso la Santa Sede, ha spiegato ad ACI Stampa che “ci sarà una pace durevole e inclusiva in Medio Orieente solo quando il popolo palestinese raggiungere la sua aspirazione nazionale di auto-determinazione, inclusa quella al suo Stato indipendente e sovrano nei confini internazionalmente riconosciuti nel 1967”.
L’ambasciatore ha detto che avrebbe preferito che Emirati e Bahrein rispettassero il Consenso Arabo basato sull’iniziativa di Pace Araba,, che già “delineava una road map per una normalizzazione dei rapporti tra lo Stato di Israele e il mondo arabo e musulmano”.
L’ambasciatore ha detto che “come principio” non interferiscono sulle decisione degli Stati, ma ha chiesto di non usare la causa palestinese come “una foglia di fico”, e denunciato che Israele ha annunciato il 14 ottobre 2.166 nuovi insediamenti sulla West Bank.
L’ambasciatore Kassisieh ha poi detto che da quando il presidente Trump ha unilateralmente dichiarato Gerusalemme come “capitale dello Stato di Israele”, Israele ha “accresciuto le sue politiche illegali a Gerusalemme Est, in un tentativo di cambiare le caratteristiche demografiche e geografiche della città e ci colorarla con un solo colore, distorcendo così la bellezza del mosaico dato dalla città di Gerusalemmme”.
(La storia continua sotto)
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L’ambasciatore di Palestina ha notato che anche il quartiere cristiano viene colpito da “queste politiche egemoniche”, ricorda il caso della Porta di Jaffa – una proprietà ortodossa acquistata da sigle nazionaliste ebraiche – che ha suscitato l’intervento delle Chiese in Terrasanta, sottolineato che l’ufficio legale del Patriarcato Latino di Gerusalemme ha messo in luce “il numero di plaestinesi il cui status residenziale è stato revocato”, nonché i numeri delle richieste di riunificazione famigliare, specialmente quando uno degli sposi viene dall’area di Betlemme e l’altro dalla città di Gerusalemme.
L’ambasciatore ha sottolineato che “il Vaticano non può rimanere ad osservare la cristianità scomparire senza agire”, e, rapporti alla mano, ha denunciato che ci sono state 141 strutture “demolite pienamente o parzialmente a Gerusalemme Est quest’anno”, con 358 persone sfollate.
Kassisieh ha anche ricordato la richiesta di una conferenza sullo status di Gerusalemme che il presidente Palestine Mahmoud Abbas ha reiterato durante l’Assemblea generale onU del 25 settembre 2020. “La Santa Sede – ha detto l’ambasciatore – può essere un grande catalizzatore positivo nel processo. Dobbiamo ricordare che la Santa Sede ha descritto già nel 1947 l’area di Gerusalemme e il suo hinterland come corpus separatum. È un concetto che potrebbe ancora avere un rilievo, se cosideriamo che la Città Santa e i suoi santuari appartengono all’umanità e a milioni di seguaci fedeli delle religioni abramitiche”.
L’ambasciatore ha quindi denunciato che “l’attuale politica di esclusivismo per il beficio di un solo partito alle spese degli altri creerrà ulteriori politiche coercitive eoppressive”.
FOCUS MULTILATERALE
La Santa Sede a Ginevra, una deroga ai brevetti per i farmaci?
Papa Francesco lo ha chiesto in diverse occasioni, e lo ha ribadito nella Fratelli Tutti: l’accesso ad un vaccino per il COVID 19 deve essere per tutti, anche per i più poveri. Ma la Santa Sede da sempre lavora perché i brevetti dei farmaci siano accessibili per tutti, con un lavoro sottotraccia fatto sui TRIPs, gli accordi sulle questioni commerciali della proprietà intellettuale. E l’ultima proposta al Consiglio TRIPs a Ginevra con un intervento del 16 ottobre, pronunciato dall’arcivescovo Ivan Jurkovic, osservatore permanente della Santa Sede.
L’arcivescovo Jurkovic ha sottolineato che “nel contesto dell’attuale emergenza globale, è importante che l’intera comunità internazionale, e in particolare i membri della Organizzazione Mondiale del Commercio, lavorino insieme per assicurarsi che i diritti di proprietà intellettuale, che siano brevetti, disegni industriali, copyrights e protezione di informazioni nascoste, non creino barriere” per l’accesso ai farmaci.
La Santa Sede chiede un sistema ben bilancia di proprietà intellettuale, che tuteli “i diritti degli inventori con i beni pubblici della società”.
Un bilanciamento che, per esempio, riguarda anche la necessità di fare in modo che “nella ricerca di nuovi trattamenti medici, ci siano protezioni speciali per assicurare che i produttori possano recuperare i loro massicci investimenti nella ricerca”, includendo anche giusti stipendi per scienziati e ricercatori e il denaro necessario per mettere in sicurezz gli impianti.
Ma i diritti di proprietà intelletuale “non sono un fine in se stessi, ma mezzi verso un fine”, e per questo si deve evitare che questi diritti siano “separanti dal loro inerente fondarsi sul bene comune e la dignità della persona umana”.
La Santa Sede chiede che siano applicati dunque “principi di solidarietà, sussidiarietà e preoccupazione per il bene comune. In questo ricorda che circa 20 anni fa, i membri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio avevano “sollevato alcune restrizioni negli accordi TRIPs riguardanti l’importazione ed esportazione di medicine mediche sotto licenza obbligatoria, in modo da assicurare accesso sicuro e accessibile alle medicine”.
La Santa Sede chiede una decisione di questo tipo per “la prevenzione e il contenimento o trattamento del COVID 19”.
La Santa Sede a Ginevra, la protezione dei migranti vulnerabili durante il coronavirus
Il 15 ottobre, si è tenuta presso l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni - di cui la Santa Sede è membro, e non osservatore – un dialogo internazionale. L’arcivescovo Ivan Jurkovic è intervenuto ad un panel sulla protezione dei migranti vulnerabili durante e oltre la crisi del COVID 19.
L’osservatore ha sottolineato che la crisi sanitaria “ha reso più visibili le ineguaglianze e divisioni tra e all’interno degli Stati, così come la tendenza a chiuderci in noi stessi o a proporre soluzioni nazionalistiche ed autosufficianti”.
La Santa Sede, però, vede piuttosto nella crisi la dimostrazione che “nessuno è sicuro finché non sono sicuri tutti”, e per questo motivo è “di grande importanza assicurare una risposta più umana alle migrazioni”, cosicché migranti ed altre persone in movimento siano “pienamente integrata, non solo in risposte di emergenza, ma anche in sforzi di recupero”.
L’arcivescovo Jurkovic ha affermato che “è deplorevolee che, nel mezzo della pandemia, molti migranti sono diventati persino più vulnerabili di quello che erano prima”, e addirittura alcuni di loro potrebbero “esistare a cercare di essere curati o essere costretti ad accettare condizioni lavorative peericolose” solo per la paura di essere detenuti o deportati.
Per questo la Santa Sede ha chiesto di considerare gli impatti a lungo termine su quete persone, che non colpiscono solo il fattore economico ma “coinvolgono anche la dimensione della salute mentale, nonché considerevoli sfide sociali”.
In particolare, la Santa Sede ha messo in luce la vulnerabilità dei bambini migranti, specialmente quelli senza genitori che “rischiano di cadere vittime di flagelli come tratta, sfruttamento e abuso”.
La Santa Sede a Ginevra, sul ruolo delle donne
Sempre nel Dialogo Internazionale sulle Migrazioni, si è discusso anche del “Ruolo delle donne nella risposta e la ripresa dal COVID 19. Il panel si è tenuto il 16 ottobre, e la Santa Sede è intervenuta con l’arcivescovo Jurkovic.
Questi ha notato che la crisi del coronavirus ha anche “ulteriormente esacerbato le sfide e i rischi affrontati da donne e ragazze”, cosa che resta una preoccupazione grave.
La Santa Sede ha sottolineato che le donne affrontano la vulnerabilità con “straordinaria resilienza”, mostrando la loro forza. Allo stesso tempo, ci sono molte donne in prima linea della risposta al COVID, e in particolare – sottolinea la Santa Sede – “molte reeligiose impegnate in attività umanitarie”.
Per questo, la Santa Sede ha chiesto che la pandemia “diventi un risveglio a rafforzare l’inestimabile ruolo della donna e società”.
La Santa Sede a Ginevra, il contrasto alla discriminazione e alla xenofobia
L’arcivescovo Jurkovic è anche inteervenuto al panel su “Coesione sociale e resilienza comunitaria: contrastare la discriminazione e la xenofobia contro i migranti”. Il dibattito si è tenuto il 16 ottobre, sempre nel contesto del Dialogo Internazionale sulle Migrazioni della Organizzazione Internazionale delle Migrazioni.
L’arcivescovo Jurkovic ha detto che “è innegabile che la migrazione continua ad essere una delle più grandi forze a dare forma ad aspetti economici, sociali, politici e culturali delle nostre società”.
Eppure, nel mezzo della pandemia del COVID 19, “ci sono stati un crescente numero di deplorevoli episodi di discriminazione, razzismo e xenofobia”, mentre molti migranti “sono diventati particolarmente vulnerabili”, non possono averee un accesso ad adeguate cure e devono anche affrontare una accresciuta discriminazione.
Da una parte, il lavoro dei migranti è molto richiesto, ma dall’altra “i migranti sono spesso rifiutati”, ha affermato la Santa Sede.
L’arcivescovo Jurkovic ha quindi notato, con Papa Francesco, che “il dibattito sullee migrazioni non è solo sui migranti”, ma è “un dibattito su tutti noi, e sul presente e il futuro della nostra società”, e quindi dobbiamo “lavorare insieme per assicurarci che nessuno sia escluso, inclusi i poveri ed i più vulnerabili.
La Santa Sede ha quindi “sottolineato, ancora una volta, che non ci può essere alcuna migrazione di successo e sostenibile senza contemporaneamente una strategia di integrazione che sia globale e mutulamente arricchente”.
La Santa Sede a Vienna, la lotta al traffico di esseri umani
Il 15 ottobre, si è tenuto a Vienna il 1285esimo incontro del Consiglio Permanente dell’OSCE. Monsignor Janusz Urbanczyk, osservatore della Santa Sede, è intervenuto al dibattito sul Rapporto per la Lotta al Traffico di Esseri Umani.
La Santa Sede ha messo in luce le statistiche, che dicono che di 40 milioni di vittime di tratta, 10 milioni sono minori di 18 anni, e uno su venti è rappresentato da bambini sotto gli 8 anni vittime di abuso sessuale. Per la Santa Sede, è particolarmente preoccupante che “le vittime nella regione OSCE sono in totale 7 milioni” e che solo una piccola parte di questi “vedono i loro trafficanti perseguiti dalla giustizia”.
La Santa Sede ha notato anche che c’è un traffico sottostimato di esseri umani per la rimozione di organi, che avviene anche nell’area OSCE, e che c’è bisogno di un impegno concertato per cominciare a contrastare questo fenomeno.
Monsignor Urbanczyk ha rilevato che ci sono stati progressi negli ultimi anni, ma che i conflitti armati e le migrazioni forzate hanno peggiorato alcune situazioni, mentre la pandemia ha permesso ai criminali di lucrare ancora di più sul traffico di esseri umani.
Secondo la Santa Sede, una delle priorità è prima di tutto quella di “assicurare accesso alla protezione sociale, all’educazione, a lavoro, alla sanità, ai sistemi giuridici”, nonché l’accesso a servizi psichiatrici e mentali per quanti riescono a uscire dal circolo della tratta.
“Nel prendere misure – sottolinea monsignor Urbanczyk – dobbiamo tenere a mente che le vittime e i sopravvissuti sono esseri umani e dovrebbero sempree sentire che sono trattati con dignità e rispetto”.
La Santa Sede a New York, su globalizzazione e interdipendenza
È stato “Globalizzazione e interdipendenza” il tema di una discussione che si è tenuta nell’ambito della 75esima assemblea generale delle Nazioni Unite lo scorso 9 ottobre. L’arcivescovo Gabriele Caccia, Osservatore Permanente della Santa Sede, è intervenuto concentrandosi sul tema dei migranti, e notando che “tra il 1990 e il 2019, il numero di persone residente fuori dalla propria nazione di nascita o cittadinanza è cresciuto del 78 per cento”.
Il rappresentante della Santa Sede ha notato che per molti “la migrazione è un bisogno, piuttosto che una scelta”, e per questo la Santa Sede “incoraggia con forza tutti gli Stati e la società civile a continuare a riaffermare i valori del Patto Globale sulle migrazioni e la sua cornice inclusiva di buone pratiche e strumenti di policy per accrescere la cooperazione internazionale e condivisione di responsabilità nella governance delle migraizoni in tutte le sue dimensioni”.
La Santa Sede mette in luce anche che “quando è ben gestito, sostenibile e volontario, l’impatto positivo della migrazione internazionale è strettamente legato all’avanzamento dello sviluppo umano integrale”, e per questo “è vitale continuare a sottolineare le opportunità e i benefici delle migrazioni nelle nazioni di origine, transito e destinazione”.
Durante la pandemia, aggiunge la Santa Sede, si è notato ancora di più “il ruolo vitale delle migrazioni nella società”, perché le mobilitazioni limitate hanno chiesto di “adattarsi ad una nuova realtà in cui la risposta alla pandemia di COVID 19 e la protezione dei diritti umani dei migranti non sono mutualmente esclusive”.
La recessione economica ha creato anche problemi per i migranti “impiegati in maniera informale”, che hanno spesso perso il lavoro o si sono trovaiti le paghe ridotte.
La Santa Sede ha quindi chiesto alla comunità internazionale di “continuare a promuovere i diritti fondamentali e la dignità di tutti i migranti, senza distinzione del loro status, e di riconoscere non soo la loro difficile situazione, ma anche il loro valido contributo al loro sviluppo umano integrale”.
La Santa Sede a New York, contro il terrorismo internazionale
Sempre nell’ambito della 75esima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, si è discusso anche della “Misure per eliminare il terrorismo internazionale”.
L’arcivescovo Caccia ha sottolineato che non ci sono ragioni ideologiche, politiche, filosofiche, razziali, etniche o religiose che possano mai giustificare o scusare il terrorismo.
La Santa Sede chiede “i più alti standard” nel contrastare il terrorismo, sottolinea che è importante che tutte le misure prese per combattere ed eliminare il terrorismo internazionale sia “caratterizzate dal rispetto dello stato di diritto” (incluso il giusto processo) e che aderiscano completamente alle leggi dei diritti umani internazionali.
La Santa Sede afferma che è problematico quando “le misure anti-terrorismo diventano ostacoli all’aiuto umanitario”, perché le misure “non possono diventare un altro grande peso per la popolazione civile”.
L’arcivescovo Caccia ricorda anche che il terrorismo è globale, e dunque è essenziale “la cooperazione internazionale”, così come è importante che tutti i mezzi a disposizione possano lavorare insieme. Poi, nota che violenza ed estresmismo sono spesso guidati da fattori “economici, politici e socio-culturali”, e dunque si deve dare maggiore attenzione “ai rimedi per le cause alle origini del terrorismo”, per esempio educando i giovani e non marginalizzando individui e gruppi, ma anche sviluppando “tolleranza e inclusività verso le minoranze attraverso una robusta promozione del diritto alla libertà di coscienza, religione e credo”.
La Santa Sede conclude che fallire nel rispettare queste libertà può “far crescere un ambiente prono alla violenza e all’estremismo”, e per questo è “indispensabile promuovere una distinzione positiva e rispettosa per preservare sia le libertà religiose di tutte le persone e l’insostituibile ruolo della religione nella formazione delle coscienze e la creazione di un consenso etico di bas nella società”.
La Santa Sede a New York, lo sviluppo sostenibile
Il 13 ottobre, il secondo comitato dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha discusso di sviluppo sostenibile.
Parlando a nome della Santa Sede, l’arcivescovo Giordano Caccia ha notato che la protezione della casa comune “riciede la risposta unificata della comunità internazionale”, perché in un mondo interdipendente si deve pensaredi “un mondo con un progetto comune.
Sono tre i livelli che la comunità internazionale st sviluppando per contrastare il cambiamento climatico: la mitgazione, perché è essenziale ridurre le emissioni di gas serra; l’adattamento, perché prendere “azioni appropriate per prevenire o minimizzare il datto causato dagli effetti avversi del cambiamento climatico è vitale per ridurre la vulnerabilità nei suoi confronti”; e quindi, la riduzione del rischio dei disastri.
La Santa Sede, comunque, sa che l’azione climatica “richiede di più che soluzioni tecniche per problemi particolari, perché non va dimenticato il “volto umano” del cambiamento climatico, che rende la lotta contro di essa “una questione di giustizia e un imperativo morale”.
La Santa Sede annuncia che continuerà a fare la sua parte, ricorda di aver ratificato l’emendamento Kigali al protocollo di Montreal e continuerà a lavorare in ambito internazionale per contrastare il cambiamento climatico.
La Santa Sede a New York, lo sradicamento della povertà
Il 13 ottobre, si è discusso di “Sradicamento della povertà e altre questioni di sviluppo”.
La Santa Sede ha ricordato l’impegno a sradicare la povertà nel 2015 e ha notato che la pandemia ha reso la situazione ancora più urgente: secondo stime della World Bank, la pandemia può portare circa 100 milioni di persone in povertà estrema entro quest’anno, mentre più di 200 milioni di persone hanno perso il loro lavoro a causa della pandemia.
L’arcivescovo Caccia ha notato che l’educazione è uno dei catalizzatori essenziali per tirare fuori le famiglie dal ciclo della povertà, ma anche la partecipazione scolastica è calata tremendamente. In fondo, “La povertà è molto di più dell’ammontare di risorse finanziarie sulle quali la gente può contare per sopravvivere”.
Per la Santa Sede, se si vuole davvero eliminare la povertà in tutte le sue forme e dimensioni dal 2030, “le politiche di sviluppo devono dare priorità a quanti si trovano in maggiore bisogno e sviluppare una economia e un modello di sviluppo in cui la persona uman sia messa al centro”.
La Santa Sede a New York, lo sviluppo agricolo
Un altro panel della 75esima Assemblea generale delle Nazioni Unite si è invece concentrato su “Sviluppo Agricolo, Sicurezza Alimentare e Nutrizione”.
La Santa Sede ha sottolineato che è iniziato il Decennio di Azione per lo sviluppo sostenibile, mentre si è nel mezzo del Decennio di Azione per l’alimentaizone. Ha quindi spiegato che terminare la fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere una agricoltura sostenibile devono rimanere alte priorità per la comunità internazionale.
La povertà e la fame, ha detto, devono essere portate avanti insieme, combinando l’inclusione economica, la protezione sociale e il supporto per stili di vita sostenibili.
La Santa Sede ha sottolineato che si deve affrontare le scandalo delle persone che muoiono di fare, ma anche le situazioni di malnutrizione e insicurezza alimentare che si sono fatte ancora più problematiche durante la pandemia.
FOCUS EUROPA
Il segretario di Stato USA Pompeo sulla Bielorussia
Il 13 ottobre, il segretario di Stato USA Mike Pompeo ha rilasciato una dichiarazione, attraverso l’ambasciata degli Uniti in Belarus, riferendosi all’esilio dell’arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz.
L’arcivescovo di Minsk non è potuto rientrare nel Paese dopo essere stato in viaggio in Polonia per una celebrazione. Solo successivamente, è stato reso noto che il suo passporto non sarebbe più valido. Attualmente è in Lituania, ancora impossibilitato a rientrare in patria.
Pompeo ha affermato che la decisione di non far rientrare l’arcivescovo nel Paese si basa “sulla nozione spuria che i leader religiosi non debbano affrontare pubblicamente l’ingiustizia”.
Pompeo ha detto che l’azione del Belarus è “essa stessa una ingiustizia e un affronto alla libertà religiosa”, perché la fede non è “solo un fatto privato”, e per questo chiede al governo bielorusso “di raddrizzare questo torto e permettere al leader della Chiesa Cattolica di rientrare nel Paese”.
Lo scorso 11 ottobre è finalmente arrivato in Belarus il nunzio, l’arcivescovo Ante Jozic. Starà a lui ora prendere in mano le redini diplomatiche.
Santa Sede – Spagna: martedì il ministro degli Esteri Gonzalez Laya da Parolin
Il 20 ottobre, Arancha Gonzalez Laya, ministro degli Esteri spagnolo, incontrerà in Vaticano il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano. L’ultima volta di un membro del governo spagnolo in Vaticano è avvenuta lo scorso anno, al concistoro del 5 ottobre 2019 per la creazione di nuovi cardinali, cui partecipò la vicepremier Carmen Calvo, ma c’era stato solo un saluto cordiale con il Papa e il Cardinale Parolin. Prima ancora, il 29 ottobre 2018, Calvo aveva incontrato Parolin in Vaticano, e si era discusso di vari temi, tra cui l’esumazione del corpo di Francisco Franco dalla Valle de los Caidos.
La visita di Gonzalez Laya arriva in una situazione tesa di rapporti tra Santa Sede e Spagna, data la decisione del governo spagnolo di cacciare i benedettini dal monastero nella Valle de los Caidos nell’ambito di un progetto di “risignificazione” del monumento, che porterà anche ad una nuova destinazione dell’abbazia cisercense..
Il ministro Gonzalez Laya sarà a Roma con il premier Pedro Sanchez per parteciare al Foro Italia – Spagna, organizzato dalla Confederazione spagnola delle organizzazioni imprenditoriali e dalla fondazione Ariel.
Secondo Confidencial Digital, il premier Pedro Sanchez starebbe cercando di avere un incontro con Papa Franceso durante la sua permanenza in Italia, sia per ragioni di photo opportunity che per parlare di alcuni temi bilateral. Tra questi, anche la rinegoziazione dell’accordo tra Spagna e Santa Sede, che da sempre è stato un tema spinto dal governo. Altro tema sarà la nuova legge dell’educazione, che il governo vorrebbe licenziare a marzo, e anche l’ampliamento dell’aborto e l’eutanasia espressa contenute in altre proposte di legge.
Sanchez ha chiesto alla nunziatura di inoltrare la richiesta alla Segreteria di Stato e cercare di accontentare il suo desiderio. Ci sarebbe già stato l’ok da parte del vertice della Conferenza Episcopale spagnola, e in particolare dei Cardinali Juan José Omella e Carlos Osoro Sierra, presidente e vicepresidente dei vescovi di Spagna, che avrebbero anche molto spinto per migliori rapporti con il governo durante l’ultima visita a Roma.
FOCUS PAPA FRANCESCO
Papa Francesco incontra la moglie del presidente messicano
Beatriz Gutierrez Mueller, moglie del presidente messicano Andrés Manuel Lopez Obrador, è stata in visita da Papa Francesco lo scorso 10 ottobre. Ha portato al Papa una lettera del marito, in cui si chiedeva una richiesta di perdono da parte della Chiesa per gli abusi commessi 500 anni fa alla conquista del Nuovo Mondo. Le celebrazioni dei 500 anni sono previste nel 2021.
Secondo Lopez Obrador, sarebbe una grandezza per la Chiea cattolica “rivendicare le gesta storiche del padre della nostra patria”, vale a dire padre Manuel Hidalgo y Costilla, il prete che si mise alla testa della rivoluzione messicana.
La visita della sposa del presidente ha l’intento di chiedere in prestito codici e pezzi archeologici per poterli esporre in Messico nell’anno della commemorazione.
FOCUS AMBASCIATORI
L'ambasciatore di Nicaragua presso la Santa Sede presenta le lettere credenziali
Il 12 ottobre, Francisco Javier Bautista Lara, ambasciatore del Nicaragua presso la Santa Sede, ha presentato al Papa le sue lettere credenziali.
Sposato con quattro figli, Bautista Lara è uno scrittore specialista in politiche mecreconomiche, è Specialista e Consultore in Sicurezza dei cittadini e programmi di modernizzazione e sviluppo, ha eseguito studi specializzati di Polizia in Bulgaria, Spagna, Taiwan, Francia e Stati Uniti.
Nel 1979 ha partecipato alla fondazione della Policía Nacional de Nicaragua.
Ha ricoperto i seguenti incarichi: Coordinatore del primo programma di modernizzazione e di sviluppo della Policía Nacional de Nicaragua (1999-2005); Vicedirettore Generale e Commissario Generale della Policía Nacional de Nicaragua (2001-2005) Consulente per varie agenzie di Cooperazione internazionali governative e non governative in materia di sicurezza dei cittadini e riforme di Polizia in America Latina (dal 2005) Professore e Conferenziere in varie Università centroamericane.
È Membro del Centro di Scrittori di Nicaragua (CNE), del Foro della Cultura e dell’Istituto della Cultura Ispanica (INCH) e del Centro degli Studi per lo Sviluppo Miguel D’Escoto Brockmann dell’Università Nazionale Autonoma del Nicaragua.
Presenta le credenziali il nuovo ambasciatore greco presso la Santa Sede
Panos Kalogeropoulos, ambasciatore di Grecia presso la Santa Sede, ha presentato il 17 ottobre le sue lettere credenziali a Papa Francesco. La presentazione delle credenziali è stata accelerata. Il precedente ambasciatore Nicolas Patakias era infatti andato in visita di congedo solo lo scorso 8 ottobre. Questo per permettere all’ambasciatore entrante di accogliere nel pieno delle sue funzioni il Patriarca Bartolomeo, a Roma la prossima settimana per partecipare all’incontro "Nessuno si salva da solo" organizzato da Sant’Egidio il 20 ottobre, ricevere una laurea honoris causa all’Antonianum e incontrare Papa Francesco.
Kalogeropoulos è entrato nel servizio diplomatico nel 1982, ed è stato Capo delle Divisioni per la Russia, l’Ucraina e le Repubbliche dell’Asia Centrale, nonché per le Relazioni esterne e l’allargamento dell’Unione Europea.
Ha quindi servito come diplomatico nelle ambasciate di Germania e Russia e nella missione permanente dell’OSCE, è stato console ad Istanbul e d è stato poi ambasciatore in Libano, Germania e India, con un breve intermezzo come capo del protocollo. Nel 2020 è stato nominato direttore generale per le Organizzazioni Internazionali e la cooperazione per la sicurezza internazionale.
FOCUS DIALOGO
Al G20 delle religioni, la Santa Sede mette in luce le cifre del traffico di esseri umani
Monsignor Michael Weininger, officiale del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, ha tenuto in questa settimana un intervento al G20 delle religioni, chiedendo che tutte le religioni si uniscano pr intensificare la lotta contro la tratta di esseri umani e la schiavitù moderna.
Monsignor Weininger ha notato che 40 milioni di persone, secondo le stime delle Nazioni Unite, sono vittime della tratta ogni anno, ed esortato autorità civili e religiose ad unire le forze per rimuovere le strutture che hanno reso la schiavitù moderna “un affare redditizio”.
Ci sono nuove cause profonde della schiavitù moderna, ha spiegato Weininger, e sono movimenti migratori, terrorismo con motivazioni pseudo-religiose, ma anche la schiavitù che deriva da nuove forme economiche.
Weininger ha rimarcato che la situazione è “allarmente ampiamente conosciuta”, e ha puntato in particolare il dito contro “l’abuso la strumentalizzazione delle religioni per giustificare la discriminazione in tutte le sue forme”.
Per questo motivo, dialogo interreligioso e impegno delle religioni per la dignità umana sono “ancora più importanti”.
L’officiale del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso ha anche sottolineato l’impegno “perlopiù silenzioso, ma enorme” delle comunità religiose nel combattere la tratta.
Il “G20 Interfaith Forum” è co-organizzato dal centro KAICIIID di Vienna (di cui la Santa Sede è Paese osservatore). Saranno circa 500 i leader religiosi, esperti e politici che hanno discusso di vari temi: dalle conseguenze della pandemia ai cambiamenti climatici, dai crimini di odio alla tratta di esseri umani. I risultati dell’incontro, cominciato lunedì e tenutosi on line, saranno presentati al vertice G20 di quest’anno.
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