Tallinn, 26 August, 2020 / 12:30 AM
Sono perdute nel tempo e nello spazio, le rovine della cappella di Santa Maria, costruita nel 13esimo secolo nel territorio di Viru-Nigula, nel Nord Est dello Stato Baltico. Ed è lì che, ogni anno da 20 anni, la comunità cattolica si reca in pellegrinaggio una volta l’anno, con delle intenzioni speciali.
Quest’anno la processione era dedicata ai malati e alla vittime della pandemia del COVID 19, e il vescovo Philip Jourdan, amministratore apostolico di Estonia, ha chiesto nell’omelia di pregare che il virus scompaia dal mondo.
La processione si è tenuta lo scorso 22 agosto, ed è lunga circa 2 chilometri: va dal villaggio di Viru-Nigula fino alle rovine della cappella.
Parlando con ACI Stampa, il vescovo Philippe Jourdan, amministratore apostolico di Estonia, spiega che “la “cappella di Maria’, nel paesino estone di Viru-Nigula , a pochi chilometri dalla frontiera russa, era il principale santuario mariano dell’Estonia medievale. Purtroppo e stata distrutta nella Riforma luterana, ma sappiamo che ancora 100 anni dopo la Riforma, la gente, anche essendo nominalmente luterana, veniva li in pellegrinaggio, anche se era vietato dalle autorità, come ‘superstizione cattolica’.” Proprio per contrastare questa “superstizione”, la cappella è stata stata parzialmente distrutta nel XVII secolo, fino a collassare.
Si pensa che la cappella sia la più antica costruzione sacra in quella regione di Estonia.
Il vescovo Jourdan racconta che “nell’anno santo 2000, per la prima volta, siamo ritornati li in pellegrinaggio, e da questo tempo siamo ritornati ogni anno. Ovviamente, data la dimensione della nostra comunità, e anche la relativa distanza del santuari, e un pellegrinaggio piccolo, ma ogni anno partecipano da 150 a 200 persone. Quest’anno, con le limitazioni dovute al coronavirus, i partecipanti sono stati un po’ meno, ma sono state comunque un centinaio, che era il massimo numero autorizzato per la Messa celebrata nella chiesa luterana vicino al santuario”.
È un anno importante per la Chiesa Cattolica in Estonia. Il 5 settembre, per la prima volta in tantissimi anni, ci sarà una ordinazione sacerdotale in suolo estone, un diacono lituano, Edgars Versackis. “Le vocazioni – spiega il vescovo Jourdan – arrivano con il contagocce, ma questo è logico se si considera che quaranta anni fa quasi non c’erano cattolici in Estonia”.
Il vescovo Jourdan chiede dunque “molta preghiera per questo nuovo sacerdote, che arriva in un tempo piuttosto di crisi mondiale, e avrà bisogno di essere un uomo di preghiera e anche pieno di speranza, umana e divina e di amore verso gli altri”.
Per la Chiesa estone, la crisi del coronavirus è stata vissuta quasi come normalità. “Siamo partiti – racconta – dalla nostra fragilità e piccolezza. Siamo pochi, e abituati a fare lunghe distanze per partecipare alla Messa, ricevere i sacramenti. Mi ha commosso vedere come molta gente veniva da lontano soltanto per ricevere la comunione e pregare nella Chiesa aperta. Infatti, durante due mesi la gente non poteva partecipare alla Messa, ma le chiese sono rimaste aperte, e così si poteva ricevere l’Eucarestia e confessarsi”.
Il vescovo Jourdan sottolinea che “grazie a Dio, il numero di contagi e di vittime in Estonia e stato proporzionalmente basso. Ma la gente anche e stata più solidale, e ci sono stati anche riscontri positivi. Per esempio, l’obbligo a rimanere di più in famiglia, pur con le sue difficoltà, ha rappresentato una scoperta benefica per molti. La fede, in fondo, si trasmette in famiglia, e così abbiamo potuto vedere adolescenti che si erano allontanati dalla Chiesa ritornare con una reale curiosità e desiderio di scoprire di nuovo la fede”.
Insomma, conclude il vescovo, “da ogni cosa cattiva, il Signore sa tirare fuori una cosa buona. E questo lo abbiamo visto anche in questi mesi”.
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