Roma, 09 July, 2020 / 4:00 PM
Era il settembre del 1943 e la Guerra infuriava nella Città eterna. Molti, seppur la paura blocca, in quel momento, triste e complesso, offrirono la loro opera ed il loro coraggio per la salvezza dell'umanità. Fra questi ci fu anche padre Marco Antonio Dressino.
Ricordare la vita di questo religioso è aprire il libro della memoria in un tempo, in cui l'indifferenza sembrava scrivere l'ultima parola, ma non fu così.
Il sacerdote, parroco della Parrocchia romana di San Gioacchino in Prati, mise in salvo la vita di un folto numero di persone, di varia nazionalità e professione, che si rivolsero alla sua bontà ed al suo cuore.
Marco Antonio Dressino nasce il 1 luglio 1877a Montagnana in provincia di Padova. Giovanissimo entra nel Seminario della diocesi della sua Provincia, frequentando gli studi e venendo ordinato sacerdote.
Parroco nella parrocchia di Camin, a cinquant'anni di età, rimette in gioco la sua esistenza, entrando fra i Redentoristi.
Conosciuta la spiritualità della Congregazione, attraverso i contatti con le Missioni Popolari, predicate dai Padri in Veneto e con il vicino Santuario redentorista della Madonna del Perpetuo Soccorso di Bussolengo, in provincia di Verona, decise di chiederne di esserne parte.
Ammesso, approfondisce il carisma missionario alfonsiano, con l'entusiasmo del ragazzo ed il desiderio di una vita di maggiore raccoglimento e preghiera come lo stato religioso offre ai suoi membri.
Novizio modello ed ammesso alla Professione perpetua, essendo già sacerdote, è inviato nella parrocchia romana ai Prati di Castello. Fu parroco dal 1933 al 1952.
In questo luogo, fu un autentico testimone del Cristo, sia nella vita parrocchiale, incentivando ed accrescendo le attività svolte dai vari gruppi, sia per aver ospitato, nella volta della cupola del tempio romano, in gran segreto, molte persone in pericolo di vita.
Non salvò solo la loro vita, ma durante la loro reclusione organizzò il modo di poter far arrivare loro il cibo e provvedere alle loro necessità.
Fu un pastore sollecito per quelle anime a cui si dedicò, con particolare affetto e benevolenza. Mise in secondo piano la sua vita pur di mettere in prima, la persona di Cristo incontrato nei volti e nelle storie di quelle persone.
In quest'opera fu coadiuvato da un ristrettissimo numero di persone, tra cui l'ingegner Pietro Lestini, suor Margherita Bernès delle Figlie della Carità, padre Domenico Roberto, e altri i quali non esitarono a mettere a repentaglio, l'esistenza pur di testimoniare la loro adesione al messaggio del Vangelo.
Il 4 giugno 1944 l'incubò fini e i rifugiati poterono rientrare alle loro famiglie.
Terminata la Guerra, molti si ricordarono del gesto e testimoniarono la loro gratitudine al sacerdote per il lavoro svolto.
Zelante, attivo e silenzioso fu, per tutta la comunità, un autorevole punto di appoggio e per i moltissimi che beneficò, un sostegno insostituibile.
Spirò il 18 ottobre 1969 nella comunità di Sant'Alfonso in via Merulana, a Roma, nella quale svolgeva il delicato ministero delle confessioni, rimpianto da coloro che lo avevano conosciuto.
Nel 1995 gli Ebrei romani, salvati dallo zelo di padre Dressino, vollero insignire la sua memoria con il titolo di Giusto fra le Nazioni.
Un proverbio ebraico dice che chi salva una vita salva l'umanità. Questo il redentorista lo ha fatto, ma di più lo ha incarnato in quella professione di fede che lo ha reso padre dei molti che, in quel frangente, bussarono alla porta di quella chiesa, trovando un cuore pronto ad accogliere la loro voce.
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