Città del Vaticano , 05 May, 2020 / 2:00 PM
Ci sono due motivi principali per cui la Chiesa si occupa con attenzione degli sfollati interni: il primo è che sono loro i primi a correre il rischio di diventare rifugiati, e dunque affrontando il problema dall’inizio si evitano problemi a volte ancora più grandi; e il secondo è che gli sfollati sono invisibili, spesso fuori dalle statistiche, raccolti in campi e spesso marginalizzati. Sono tra gli ultimi degli ultimi.
Vengono da questo impegno gli Orientamenti Pastorali sugli Sfollati Interno pubblicato oggi dalla Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, presentati oggi. Significativamente, il documento si articola nelle stesse parole chiave che hanno fatto da linea guida alla politica della Santa Sede su migranti e rifugiati: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Cinquantasette pagine per spiegare quali sono i temi da affrontare e quale è il ruolo delle varie istituzioni ecclesiastiche per affrontarle, come già si è fatto con gli Orientamenti Pastorali su migranti e rifugiati.
Spiega il Cardinale Michael Czerny, sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati: “In questo tempo di pandemia, il virus non distingue tra quelli che sono importanti e quelli che sono invisibili, tra quelli che hanno una residenza e quelli che sono sfollati: tutti sono vulnerabili, e ogni infezione è un pericolo per tutti”. Ma – aggiunge – questi orientamenti pastorali potrebbero dare voce agli sfollati interni, perché possano dare il loro contributo, che sarà “molto necessario nell’era dopo il coronavirus”.
Il documento è stato delineato in due consultazioni tenute nel 2019, con vari esperti e rappresentanti ecclesiastici. Era previsto anche un terzo incontro, a marzo 2020, prima della pubblicazione degli orientamenti, saltato a causa dell’emergenza coronavirus. E ci sarà anche un altro documento, su come il cambiamento climatico impatta sugli sfollati.
È uno sforzo che serve a coordinare gli sforzi fatti già sul campo, e da sempre, dalle organizzazioni cristiane. Ma è anche un punto di vista ufficiale necessario, dato che il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha lanciato un panel di alto livello proprio sugli sfollati interni, in cui la Santa Sede da un contributo importante.
Infatti, la Sezione Migranti e Rifugiati suggerisce di usare gli orientamenti nelle campagne di sensibilizzazione locali, di condividere il sussidio e i documenti che cita con le ONG cattoliche e la società civile di ciascun Paese, ma anche di instaurare un dialogo con gli officiali del governo.
Il documento nota che gli sfollati sono “costretti a sfuggire per le stesse ragioni e allo stesso modo dei rifugiati”, ma, dato che non sono costretti a passare il confine, restano cittadini del Paese di origine, con gli stessi diritti e garanzie di qualunque altro cittadino.
Per questo, gli sfollati interni sono invisibili. Una popolazione di 41,3 milioni di invisibili, secondo l’Internal Displacement Monitoring Centre. Padre Fabio Baggio, sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati, specifica: “8,5 milioni sono stati costretti a lasciare la propria casa a causa di conflitti di vario genere, mentre 24,9 milioni lo hanno fatto a causa di disastri”.
Il documento segnala una serie di buone pratiche e accenna qualche analisi. Si nota che gli sfollati sono anche causati dall’acquisizione, pianificata o arbitraria, di certi territori, magari con scopi immobiliari o estrattivi, che a volte viene fatto senza consultare le popolazioni che vivono in quei territori, o senza considerarne il reinsediamento.
In questi casi, il documento chiede alla Chiesa di intervenire, di “intercedere con le organizzazioni internazionali e i governi nazionali, affinché siano raccolti dati sullo sfollamento interno in ogni Paese”. Si chiede anche di promuovere “lo sviluppo di capacità e competenze a livello istituzionale per l’identificazione e il riconoscimento formali degli IDP”, e di mettere a disposizione le infrastrutture e le conoscenze della Chiesa allo scopo.
Il documento invita anche ad essere attivi presso i governi, perché siano responsabili per “tutti i cittadini, inclusi gli sfollati interni”.
Tra i compiti delle organizzazioni della Chiesa, anche quella di “raccomandare mandati e normative trasparenti per la protezione degli IDP, a livello locale, nazionale e internazionale”, e di sostenere gli sfollati nei loro diritti, promuovendo in particolare “politiche che proteggano la famiglia e che prevengano la separazione familiare durante tutte le fasi dello sfollamento interno, comprese politiche che promuovano il ricongiungimento familiare, specialmente in presenza di bambini non accompagnati e separati”.
Tra gli orientamenti pastorali, si trova il tema del no ai bambini soldato e alla discriminazione degli sfollati su base etnica. Viene poi affrontato il grande tema della tratta degli esseri umani, e quello che viene richiesto alla Chiesa è di offrire istruzione e programmi di formazione per favorire il reinserimento nella società, e di battersi anche perché sia loro data la possibilità di tornare in società.
Un altro obiettivo è quello di “raggiungere e tendere una mano agli sfollati interni in ogni periferia e baraccopoli, mirando a promuovere lo sviluppo umano di tutti, attraverso la prestazione di assistenza sociale e ministero spirituale”.
La Chiesa ha un ruolo fondamentale anche nel promuovere la riconciliazione nel mezzo dei conflitti etnici. Viene affrontato anche il tema del lavoro pastorale, molto difficile perché gli sfollati hanno tutti tradizioni diverse. Così, si suggerisce una assistenza spirituale “che rispetti le tradizioni di ciascuno”, e di rafforzare la cooperazione ecumenico e religiosa, nonché quella con altri attori sul territorio.
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