Città del Vaticano , 04 May, 2020 / 4:00 PM
I dodici istituti psichiatrici dei Fratelli della Carità in Belgio non possono considerarsi cattolici: lo ha deciso la Congregazione della Dottrina della Fede, interpellata dalla stessa congregazione dopo che tre anni fa la società che gestiva gli ospedali aveva incluso la possibilità di praticare l’eutanasia nei loro ospedali. E i Fratelli della Carità, preso atto della decisione dell’ex Sant’Uffizio, non possono che “lasciare andare gli ospedali”, dice Fratel René Stockman, superiore generale della Congregazione.
Si concludono così tre anni di disputa tra i Fratelli della Carità e la società che ne gestisce gli ospedali in Belgio.
La storia è iniziata nel 2017. I Fratelli della Carità sono una organizzazione religiosa, composta da fratelli (non sacerdoti) nata in Belgio alla fine del XIX secolo. Cura le persone in modo professionale, e ha la gestione di vari ospedali nel mondo, con una specializzazione nella cura di malati psichiatrici. Porta avanti importanti progetti in Repubblica Centrafricana, in Sud Sudan, ma anche in Cina.
In Belgio, la Congregazione aveva quindici ospedali, la cui gestione era affidata ad una società, Provincialat des Frères de la Charitè asbl, il cui board è composto da dodici laici – tra cui c'era anche l’ex premier belga Van Rompuy – e solo tre fratelli consacrati della Congregazione. Nel 2017, il board ha deciso di includere la possibilità dell’eutanasia nelle linee guida degli ospedali in Belgio, dove tra l’altro la legge sulla eutanasia è tra le più aperte possibili.
Una decisione che ha causato la vibrante protesta dei Fratelli della Carità, che hanno ribadito la totale non accettazione del principio dell’eutanasia nei loro ospedali. Da qui, l’appello in Vaticano, che ha chiesto all’ospedale di terminare con la pratica. L’organizzazione di gestione degli ospedali aveva risposto con un lungo “statement” nel settembre 2017, in cui veniva contestata la mancanza di dialogo, e si sottolinea come la posizione dell’ospedale è “perfettamente consistente” con la Dottrina cristiana.
Posizione inaccettabile per Fratel Stockman, che è stato anche riconfermato a luglio 2018 alla guida della Congregazione, certificando così la volontà di tutti i fratelli di rimanere “radicali nella profezia”. Nel frattempo, il procedimento vaticano è andato avanti. E ha portato ad una decisione lo scorso 30 marzo. La decisione più radicale.
La lettera è firmata dal Cardinale Luis Ladaria, prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, e dal segretario della Congregazione, l’arcivescovo Giacomo Morandi. Nella lettera, si ripercorrono tutti i passaggi della vicenda. Si denuncia che il documento che ammette la prassi dell’eutanasia negli ospedali dei Fratelli della Carità “non fa riferimento né a Dio, né alla Sacra Scrittura, né alla visione cristiana dell’uomo”.
La CDF ha chiesto chiarimenti ai Fratelli della Carità, che già “avevano disapprovato il documento”, e aveva anche informato Papa Francesco della gravità della situazione. Ci sono stati vari confronti con la congregazione, prima con una udienza il 20 maggio 2017, poi con una serie di contatti tra la CDF, la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, la Segreteria di Stato, i Rappresentanti dei Frères e dell’Associazione Provincialat des Frères, come pure i Rappresentanti della Conferenza Episcopale Belga. Questi hanno avuto luogo dal giugno 2017, con numerose riunioni interdicasteriali che si sono tenute il 31 agosto e il 7 novembre 2017; l’1 febbraio, 15 marzo, 20 giugno e 12 ottobre 2018; il 20 luglio 2019; nonché una serie di documenti, incluso uno sull’accompagnamento dei pazienti.
La Santa Sede aveva mandato anche il vescovo Jan Hendriks, ausiliare di Amsterdam, come visitatore apostolico, ma questi non registrato passi avanti né una volontà di trovare “una soluzione praticabile che eviti ogni forma di responsabilità dell’istituzione per l’eutanasia”.
Questa serie di incontri aveva lo scopo di “offrire occasioni e spazi di dialogo su un tema estremamente delicato e di trovare, così, in spirito di sincera ecclesialità, una convergenza sulla Dottrina cattolica in merito.
La richiesta della Dottrina della Fede ai Fratelli della Carità e alla Associazione è stata chiara: “affermare per iscritto e in modo inequivocabile la loro adesione ai principi della sacralità della vita umana e de1l’insccettabilità dell’eutanasia, e, come conseguenza, il rifiuto assoluto di eseguirla nelle istituzioni da essi dipendenti”.
Le rispose arrivate dall’associazione “non hanno dato assicurazione in questi punti”. La Congregazione della Dottrina della Fede ha dunque ribadito che “l’eutanasia resta un atto inammissibile, anche in casi estremi”, e ha rafforzato l’affermazione citando l’Evangelium Vitae di San Giovanni Paolo II, ma anche Papa Francesco nel suo discorso alla stessa congregazione dello scorso 30 gennaio.
La CDF sottolinea che “l’insegnamento cattolico afferma il valore sacro della vita umana”, la “importanza della cura e dell’accompagnamento dei malati e dei disabili”, come pure “il valore cristiano della sofferenza, l’inaccettabilità morale dell’eutanasia” e “l’impossibilità di introdurre questa pratica negli ospedali cattolici, nemmeno in casi estremi, come pure di collaborare al riguardo con le istituzioni civili”.
Tutti criteri, denuncia ancora la nota, che “la posizione del gruppo dei Fratelli della Carità in Belgio non risponde ai principi”, perché “rifiuta l’assolutezza del rispetto per la vita”, riferendosi tra l’altro alla legge belga sull’eutanasia che porta ad “aprire in modo chiaro” alla possibilità di eutanasia per pazienti psichiatrici non terminali, e lascia al medico “la responsabilità e il diritto di accettare la richiesta di eutanasia o rifiutarla”, escludendo così che l’ospedale possa fare una scelta a monte. Inoltre, si mantiene la possibilità di praticare l’eutanasia nell’ospedale “con la giustificazione di evitare ai familiari la fatica di dover trovare un’altra soluzione”.
Ed è per questo che la decisione della Congregazione, con “profonda tristezza”, è che “gli Ospedali psichiatrici gestiti dall’Associazione Provincialat des Frères de la Charité asbl in Belgio non potranno pìù, d’ora innanzi, ritenersi enti cattolici”.
Una decisione che non può che essere accolta dal superiore dei Fratelli della Carità, Fratel René Stockman. In una dichiarazione, questi ricorda come i Fratelli della Carità si siano sempre opposti alla pratica dell’eutanasia nei loro ospedali. Opposizione resa chiara in una mozione del Capitolo Generale del luglio 2018, in cui si sottolineava che “la Congregazione dei Fratelli della Carità crede nella sacralità e nell’assoluto rispetto di ogni vita umana, dal concepimento alla morte naturale. Il Capitolo generale richiede che ogni fratello, membro associato e altri associati con la missione della Congregazione aderiscano alla dottrina della Chiesa cattolica su temi etici”.
Fratel Stockman sottolinea che è “doloroso” che i centri psichiatrici dei Fratelli della Carità in Belgio abbiano perso la qualifica di cattolici, considerando anche che i Fratelli “sono stati tra i pionieri nel campo della cura della salute mentale in Belgio”.
Allo stesso tempo, Fratel Stockman riconosce che “la Congregazione non ha altra scelta che rimanere fedele al charisma della carità, che non si può riconciliare con la pratica dell’eutanasia su pazienti psichiatrici. Con cuore pesante, la Congregazione deve lasciare andare i suoi centri psichiatrici in Belgio”.
Per questo, la Congregazione dei Fratelli della Carità ringrazia “più di 200 anni di cura per i pazienti psichiatrici in Belgio” ringraziando quanti hanno fatto del loro meglio in questa cura”, e spera che “i pazienti possano continuare a trovare un ambiente sicuro e di guarigione” nei centri, anche se la situazione oggi sembra senza speranza.
Ancora, comunque, c’è molto da definire: gli ospedali usano proprietà che appartengono ai Fratelli della Carità, e si deve trovare un accordo: o la società che gestisce gli ospedali acquista gli edifici o devono fare un altro tipo di proposta, ancora non definite. I Fratelli della Carità, comunque, non daranno più alcun contributo agli ospedali, e l’organizzazione dovrà rorganizzare tutto.
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