Città del Vaticano , 12 April, 2020 / 5:00 PM
Una lettera per mostrare supporto ai movimenti popolari, lodare il loro lavoro alle periferie dell’economia in favore dei più reietti, auspicare una forma di salario universale che possa sostenere quanti si impegnano nei loro progetti, sempre precari, e porli al centro della sua idea per una economia che non uccide, chiedendo l’accesso universale a “terra, tetto e lavoro”. Nel giorno di Pasqua, Papa Francesco si rivolge ai movimenti popolari, che ha incontrato due volte a Roma e una volta a Santa Cruz, in Bolivia.
Papa Francesco non ha mai nascosto la simpatia verso quei gruppi sorti in America Latina per difendere una serie di piccoli lavoratori, e si sono poi “contati” al famoso Social Forum di Porto Alegre. Si tratta di un centinaio di sigle in tutto il mondo. Per l’Italia, vi partecipa Banca Etica, ma anche la rete “Genuino clandestino” che coordina i no-tav. Papa Francesco non ha mancato di definirli “poeti sociali”, elo reitera nella lettera.
“Se la lotta contro la COVID 19 è una guerra – dice il Papa – allora voi siete un vero esercito invisibile che combatte nelle trincee più pericolose”. Papa Francesco punta il dito contro le soluzioni del mercato che “non raggiungono le periferie”, dove lavorano i movimenti sociali, che pure non hanno “risorse per sostituirsi al mercato”. Per questo, il Papa sembra quasi giustificarne la “rabbia e l’impotenza” di fronte al persistere delle disuguaglianze, ma apprezza che questi continuano a lavorare.
Sono un mondo che “non compare mai mass media”, dalle persone che lavorano nelle mense ai “piccoli agricoltori che continuano a coltivare la terra per produrre cibo senza distruggere la natura”.
Papa Francesco riflette sulle problematiche date dalla quarantena, perché è “difficile rimanere a casa per chi vive in una piccola abitazione precaria o per chi un tetto non ce l’ha”, come lo è per i migranti, per quanti sono “privati delle loro libertà”, per quanti “si stanno liberando da una dipendenza”.
Papa Francesco auspica “che i governi comprendano che i paradigmi tecnocratici (che mettono al centro lo Stato o il mercato) non sono sufficienti per affrontare questa crisi o gli altri grandi problemi dell'umanità”, perché “ora più che mai sono le persone, le comunità e i popoli che devono essere al centro, uniti per guarire, per curare e per condividere”.
Papa Francesco sottolinea che i movimenti popolari sono “esclusi dai benefici della globalizzazione”, e molti di loro “vivono giorno per giorno senza alcuna garanzia legale che li protegga”, lavoratori precari che non hanno “uno stipendio stabile per resistere in questo momento”.
Il Papa pensa, per loro, ad una “forma di retribuzione universale di base che riconosca e dia dignità ai nobili e insostituibili compiti che svolgete; un salario che sia in grado di garantire e realizzare quello slogan così umano e cristiano: nessun lavoratore senza diritti”.
Papa Francesco invita dunque i movimenti popolari a pensare al “dopo” dell’emergenza coronavirus, e li impegna a lavorare insieme al “progetto di sviluppo umano integrale cui aneliamo “che si fonda sul protagonismo dei popoli in tutta la loro diversità, e sull'accesso universale a quelle tre T per cui lottate: tierra, techo y trabajo (terra – compresi i suoi frutti, cioè il cibo –, casa e lavoro)”.
La speranza del Papa è la crisi “scuota le nostre coscienze addormentate e produca una conversione umana ed ecologica che ponga fine all'idolatria del denaro e metta al centro la dignità e la vita”, perché questa civiltà frenetica e individualista ha “bisogno di un cambiamento”.
Papa Francesco vede nei movimenti popolari i “costruttori indispensabili di questo cambiamento ormai improrogabile”, perché conoscono “le crisi e le privazioni... che con pudore, dignità, impegno, sforzo e solidarietà riuscite a trasformare in promessa di vita per le vostre famiglie e comunità”.
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