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Un servizio di EWTN News

Dalle Diocesi, il coronavirus obbliga ad una Pasqua senza Popolo di Dio

Una Settimana Santa a porte chiuse quella che abbiamo vissuto e che rimarrà sicuramente nella storia. Una Settimana Santa e una Pasqua che ha messo e mette a dura prova i credenti che seguono i vari riti da casa attraverso diversi mezzi di comunicazione. Quindi nessuna lavanda dei piedi, né processioni né veglie di Pasqua nelle Chiese. A celebrare sacerdoti e vescovi ma senza concorso di popolo.

Pasqua insolita e priva anche di quei simboli e gesti molto seguiti dai fedeli come le processioni del Venerdì Santo che in Italia hanno una tradizione ancora molto viva. Ma, come sappiamo, le norme di distanziamento sociale e di sospensione delle attività pubbliche hanno avuto un notevole impatto sulla vita delle diocesi e parrocchie che hanno dovuto inventarsi di tutto per essere “presenti” trovando nuovi strumenti di dialogo con i fedeli, per mantenere un contatto e provare a riempire un voto che si è venuto a creare.

In un messaggio l’eparca della chiesa di rito cattolico-bizantino di Lungro, Donato Oliverio, ha parlato di Eparchia “oggi irriconoscibile” evidenziando che “dentro le nostre Chiese deserte si leva la preghiera incessante al Dio della vita per l’Italia e il mondo”.

I vescovi italiani in questi giorni non hanno fatto mancare i loro messaggi ma anche alcuni gesti significativi a partire proprio dalle zone più colpite dal male di queste settimane. Il vescovo di Bergamo, Francesco Beschi, ha scelto la chiesa dell'ospedale “Papa Giovanni XXIII” per la celebrazione del Giovedì Santo.  “Un luogo - ha detto - che rappresenta il segno della cura dei malati contro un morbo aggressivo e distruttivo”. Il presule ha definito gli ospedali che hanno accolto i malati, le residenze per anziani i paesi e le case  “Cenacoli in cui Gesù spezza il pane dell'amore e versa il vino del sacrificio”. “Quella per i sacerdoti è da parte mia preghiera riconoscente. Il Giovedì Santo è il giorno che ci accomuna. Vi ringrazio - ha detto il vescovo di Bergamo -  per aver fatto sentire in molti modi la vicinanza del Signore”. “Nel Giovedì Santo c'è il gesto d'amore più grande di Gesù che consegna se stesso e invita noi a consegnare noi stessi. C'è il gesto dell'amore che diventa dono, non solo servizio, ma dono autentico. È questo ciò di cui abbiamo bisogno”. Mons. Beschi anche ieri sera ha celebrato nella chiesa dell’ospedale l'Azione liturgica del Venerdì Santo. A Bologna il card. Matteo Zuppi ha percorso, con la croce, i viali dell’Ospedale Sant’Orsola senza fedeli. Un luogo, l’ospedale,  dove “normalmente c’è tanta sofferenza e dove in queste settimane ce n’è tanta di più”, ha detto il porporato.

Ha scelto un ospedale, ieri, anche il vescovo di Cremona, Antonio Napolioni, che ha guidato uno speciale momento di preghiera facendo giungere, dalla pista dell’elisoccorso del nosocomio cittadino, la propria voce amplificata alle stanze di degenza. Napolioni era stato ricoverato presso l’Unità Operativa di Pneumologia dell’Ospedale per Covid 19 e da pochi giorni è tornato a casa. La sua presenza e le sue parole sono state un segno di condivisione e un messaggio di speranza per quanti ancora stanno affrontando le fatiche della malattia e di gratitudine per chi presta il proprio impegno professionale in questa situazione di prova.

In ospedale ieri anche il vescovo di Prato, Giovanni Nerbini, che  ha voluto celebrare la Via Crucis intorno al nosocomio e l’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, Giuseppe Fiorini Morosini, che ha portato la Croce nel reparto Covid-19 del Grande ospedale metropolitano.

 Sempre ieri a Brescia, al termine della Passione del Signore, il vescovo Pierantonio Tremolada si è messo in cammino per le vie deserte del centro storico della città per impartire, con la reliquia della Santa Croce, la benedizione da diversi luoghi del centro della città che in queste settimane ha molto pianto e che vive, come si legge sul sito della diocesi, con il cuore già aperto alla gioia della Pasqua. Il “cammino” si è concluso con l’ultima benedizione dal sagrato della cattedrale. 

Oggi a Milano, alle 12, l’arcivescovo, Mario Delpini, sarà al Cimitero Monumentale per un momento ecumenico di preghiera. Con lui la pastora Daniela Di Carlo della Chiesa Valdese, e il Reverendo Traian Valdman, vicario emerito della Diocesi italiana della Chiesa ortodossa romena. L’iniziativa, promossa dai rappresentanti delle Chiese cristiane presenti a Milano, intende rendere omaggio alle vittime dell’epidemia e allo stesso tempo far giungere un messaggio di speranza ai loro familiari e a tutte le varie comunità oltre le differenze confessionali. 

“Non ho mai atteso così tanto la Pasqua”, scrive sul giornale diocesano il vescovo di Piacenza-Bobbio, Gianni Ambrosio (altra diocesi molto colpita): “credo che la mia esperienza sia condivisa da noi tutti, affaticati da questo lungo e tribolato cammino, con un pesante carico di sofferenza nel cuore. Quanti lutti, quanta angoscia, quanto smarrimento! Proprio in questo tempo così drammatico, ho spesso rivolto lo sguardo verso la Pasqua del Signore Gesù, nostra unica speranza”. 

E con la Croce l’arcivescovo calabrese di Rossano-Cariati, Giuseppe Satriano, ha voluto “pellegrinare” per tutti i Pesi della diocesi in questa settimana Santa. Ha portato con sé la croce di San Francesco di Paola, “segno a cui è legato con affetto il cuore di tutti”. La reliquia è stata messa a disposizione dai Padri Minimi della comunità di S. Francesco di Paola, presente nell’area urbana di Corigliano, che “con gioia” hanno aderito al progetto della Chiesa locale, vista anche la concomitanza con il V Centenario della canonizzazione del Patrono della Calabria. In ogni piazza dei comuni della diocesi si è visto vede il presule che si fermava, insieme al parroco e al sindaco, per un momento di preghiera.  La benedizione con la croce, in cui è contenuta la reliquia di S. Francesco, ha voluto essere il “segno di un cammino di conversione a cui tutti siamo chiamati, e l’affidamento al Santo di Paola, perché la sua intercessione possa accompagnare e custodire quanti, nella sofferenza e nell’impegno generoso per gli altri, stanno consumando la loro vita, in questi giorni sofferti e delicati”.

Molte le iniziative dei vescovi italiani in questi giorni come le visite ai detenuti o  messaggi alle categorie più fragili come quella dell’arcivescovo di Milano che ha scritto agli anziani delle case di riposo.

Domenica scorsa la benedizione delle palme nel carcere di Locri da parte del vescovo Francesco Oliva. Il presule ha portato ai detenuti anche due strumenti – organetto e tamburello – per percorsi formativi e per promuovere corsi di musica, molto diffusi da qualche anno nella casa circondariale.

Tante anche le iniziative a livello locale con l’impegno di parroci che in questi giorni hanno promosso momenti particolari. Nelle settimane scorse abbiamo raccontato di presbiteri che hanno celebrato sulle terrazze delle proprie chiese e abitazioni per coinvolgere i fedeli dei proprio quartieri. Ma tanti coloro che hanno voluto portare il Santissimo in processione per i territori delle parrocchie. Domenica delle Palme don Stefano Dolci su una Ape Car ha percorso il territorio di Ponte Lambro nella diocesi di Milano. In Sicilia il parroco di Brolo (Patti) ha esposto il crocifisso sul sagrato della Chiesa Madre. “Rimarrà davanti la porta della chiesa, tutti i giorni, fino a quando torneremo a  celebrare come popolo la Santa Messa”, dice don Enzo Caruso che ha anche promosso ore di adorazione eucaristica a porte chiuse ed in diretta streaming, per “permettere a tutti di pregare ‘insieme’”. Finché ha potuto e gli è stato permesso dalle autorità, ossia fino a circa tre settimane fa, don Gianni Regolani, sacerdote della diocesi di Fidenza, è salito su un ultraleggero dal quale “ho sganciato le mie bombe dal cielo”, come ha detto al quotidiano “Avvenire”: “con un crocifisso che porto sempre con me ho benedetto le case e i tetti dei fedeli delle mie parrocchie di Polesine e Zibello… Un modo semplice per chiedere al Signore la fine della pandemia”.

E ancora una ordinazione sacerdotale a porte chiuse. E’ avvenuto ad Udine domenica scorsa. Si tratta di  don Simone Baldo, 27 anni, di Codroipo, ordinato dall’arcivescovo Andrea Bruno Mazzocato, domenica scorsa, 5 aprile, solennità delle Palme, nel duomo di Codroipo. “L’aggravarsi delle condizioni di salute della mamma di Simone hanno motivato la scelta di anticipare la data dell’ordinazione, fissata per fine giugno – si specifica in diocesi –. Il rito è stato celebrato senza pubblicazione, in forma strettamente riservata, senza partecipazione di popolo, in ottemperanza alle disposizioni sanitarie vigenti ed è stato presieduto dall’Arcivescovo S. E. mons. Andrea Bruno Mazzocato”. Tra le iniziative anche “Pronto prete?” nella diocesi di Prato. Il servizio è pensato per colmare “un vuoto che da un mese si è creato tra la nostra gente, in questa difficile emergenza sanitaria: la lontananza dei sacerdoti”, spiega la diocesi.

I vescovi non si sono risparmiati in questo tempo per essere vicini ai fedeli: si sono, infatti, inventato di tutto per dire che la Chiesa c’è.

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