Città del Vaticano , 20 February, 2020 / 9:00 AM
“Ricordare dove è nata la cristianità; fare tutti gli sforzi per aiutare i cristiani a rimanere nelle loro terre; più fatti meno parole”. Il Patriarca Ignazio Giuseppe III Younan della Chiesa cattolic sira non usa l’arte della mediazione. E nelle sue parole c’è l’urgenza di una situazione, quella mediorientale, che sembra sfuggire di mano, specialmente con i disordini in Libano che mettono a rischio l’unico stato dell’area in cui si è trovata una coesistenza tra le varie religioni.
“I cattolici, la Santa Sede, devono lavorare per guardare ai popoli del Medio Oriente non come numeri, come opportunità, ma come persone umane che meritano di vivere in dignità e libertà”.
Prima di andare a Bari per partecipare al forum “Mediterraneo, frontiera di pace” promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana, il patriarca Younan ha partecipato il 7 febbraio, insieme ad altri patriarchi mediorientali, ad un incontro con Papa Francesco per discutere della difficile situazione nella regione. La conversazione parte da qui.
Il Medio Oriente è in una situazione perennemente instabile. Perché?
Sembra un piano per mostrare che convivere tra diverse confessioni religiose. Guardate cosa sta accadendo in Libano. C’è stata, è vero, corruzione. Ma si deve riconoscere che il sistema politico del Libano è il migliore della regione.
Perché avete voluto un colloquio con Papa Francesco?
Per diverse ragioni. Prima di tutto, per parlare della drammatica situazione in Medio Oriente, in Siria, Iraq e Libano. I leader cristiani sono coloro che hanno uno sguardo di insieme conoscono anche le comunità fuori dalla loro terra e comprendono che queste tensioni sono una minaccia alla sopravvivenza dei cristiani nell’area.
Cosa ha detto Papa Francesco?
Ci ha ascoltato da fratello. Ha detto proprio così: io sono vostro fratello.
Cosa si aspetta ora della Santa Sede?
Mi aspetto che la Santa Sede continui a difendere tutti i cristiani perseguitati nel Medio Oriente. C’è una situazione politica che non è promettente per il futuro di quelli che sono in minoranza e non hanno i mezzi per difendersi e dare sicurezza alla comunità.
Cosa avete detto a Papa Francesco?
Lo abbiamo ringraziato per quello che sta facendo. Gli abbiamo spiegato che la situazione non è facile a causa della sporca politica portata avanti da molti politici occidentali, che vedono nella situazione mediorientale una opportunità per difendere i loro interessi. Siamo grati a Papa Francesco per quello che fa e gli abbiamo esposto la situazione delle nostre comunità sia nella loro casa originaria, sia in diaspora.
Quale è la situazione in Medio Oriente?
I cristiani stanno lasciando la loro casa in Medio Oriente perché non credono nella situazione, che è guidata da forze opportunistiche. Siamo stati abbandonati dai politici e siamo stati traditi. Siamo una regione ricca, eppure siamo stati lasciati indietro. Non è onesto, non è giusto. Ci ritroviamo soli, siamo minoranze che però deriviamo dagli annunciatori del Vangelo. Il Medio Oriente è la culla del cristianesimo, siamo tutte Chiese di fondazione apostolica e antiche sedi. Quello che sta succedendo è molto triste.
All’inizio del mese, l’amministrazione USA ha presentato il cosiddetto Deal of the Century, il piano per la pace in Israele, che prevede anche Gerusalemme capitale di Israele e non della Palestina. Quali sono le vostre reazioni?
Per noi, il piano porta più minacce che soluzioni. È descritto come un piano di pace, ma non lo è realmente. Le comunità che avevano maggiore interesse non sono state considerate. Di nuovo, i politici dell’Occidente non uniscono i loro sforzi per richiedere soluzioni per israeliani e palestinesi, specialmente allo scopo di preservare i riti sacri per tutte le soluzioni. Al limite, possiamo dire che il piano ha il merito di riaprire la questione, e ci saranno nuovi sforzi per fare in modo che questi popoli vivano insieme.
Cosa si aspetta dall’incontro di Bari?
Che apra gli occhi alle nazioni europee. Guardando fuori dall’Italia, e alle nazioni mediterranee, i cattolici italiani mostrano tutta la loro preoccupazione per la sopravvivenza delle comunità cristiane. È la prima volta che la Chiesa Cattolica Italiana fa un passo del genere per guardare alla nostra sofferenza e trovare un modo di aiutarci. Non si parla solo della presenza cristiana, ma delle persone del Mediterraneo.
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