Città del Vaticano , 29 August, 2015 / 9:00 AM
Con un comunicato breve, in perfetto stile diplomatico, la Santa Sede sottolinea di non opporsi alla presentazione di una risoluzione da parte della Palestina alle Nazioni Unite, che chiedeva di far sventolare anche la bandiera palestinese e quella vaticana, stati Osservatori e non membri, di fronte al Palazzo delle Nazioni Unite (ma il Vaticano ha chiesto di non essere associato alla richiesta). Ma allo stesso tempo non manca di far notare la prassi, che è quella per cui “soltanto le bandiere degli Stati membri sono dispiegate nella sede e negli uffici dell’ONU.” Insomma, la Santa Sede non dice no. Ma non appoggia fino in fondo la richiesta dello Stato palestinese.
Una presa di posizione che da una parte si sfila dall’iniziativa, ma dall’altra mira a non delegittimare l’iniziativa dello Stato palestinese, con il quale il Vaticano ha siglato lo scorso 26 giugno un accordo bilaterale che ha una certa importanza dal punto di vista diplomatico, perché il primo siglato con un Paese a maggioranza islamica in cui viene garantita la libertà di coscienza. Un accordo che potrebbe funzionare da modello nei rapporti con altri Stati a maggioranza islamica, dove la libertà religiosa e di coscienza dei cristiani fatica ad essere garantita. Ma anche un accordo che puntava a perorare la soluzione dei “due Stati” per la quale da sempre si batte la Santa Sede per porre fine al conflitto israelo-palestinese.
Va da sé che il governo israeliano non aveva gradito che nell’accordo ci fosse un esplicito riferimento allo Stato di Palestina. Vero che l’Annuario Pontificio aveva inserito i rapporti diplomatici con lo Stato di Palestina, e non con l’Autorità Nazionale Palestinese, sin dal 2013, cioè dal momento in cui le Nazioni Unite avevano riconosciuto la Palestina come Stato osservatore. Ma è anche vero che l’accordo creava una legittimazione ulteriore, che preoccupava Israele, il cui ministero degli Esteri si era riservato di studiare l’accordo “nel dettaglio” per valutare le possibili implicazioni storiche.
L’offensiva diplomatica della Palestina per un sempre maggiore riconoscimento internazionale del loro Stato è però continuata, nonostante il dibattito interno sempre più forte, che è scaturito nelle dimissioni del presidente di Abu Mazen da guida dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, ma non da presidente dello Stato.
E così, negli scorsi giorni, la Palestina ha presentato alle Nazioni Unite una bozza di risoluzione che chiedeva che alla plenaria del prossimo 25 settembre anche le bandiere degli Stati Osservatori fossero innalzate di fronte al Palazzo di Vetro. Gli unici due Stati osservatori sono Palestina e Santa Sede. I palestinesi contavano su un eventuale appoggio della Santa Sede, dato che in quel giorno Papa Francesco farà anche il suo intervento alle Nazioni Unite, alla presenza tra gli altri di Abu Mazen e del premier israeliano Benjamin Nethanyahu. Ma la Santa Sede ha chiesto di non essere inclusa nella risoluzione, e così è stato. Questa scelta che aveva portato molti media a sottolineare come la Santa Sede si opponesse alla richiesta dello Stato di Palestina.
È qui che la macchina diplomatica guidata dal Cardinal Pietro Parolin, Segretario di Stato, è cominciata a muoversi. Da una parte, c’era la necessità di non dimostrarsi ostili alla Palestina, nonostante la Santa Sede si fosse tirata indietro di fronte alla Risoluzione. E dall’altra, la necessità di mostrare ad Israele che i rapporti sono buoni come sempre, alla vigilia della visita a Papa Francesco, il prossimo 3 settembre, del presidente dello Stato di Israele Reuven Revlin.
Sono queste le ragioni del breve comunicato diffuso il 28 agosto. Nel comunicato, viene sottolineato che “in accordo con le regole dell’Assemblea Generale, nessuno Stato membro o Osservatore ha il diritto di opporsi alla presentazione di una bozza di risoluzione da parte di uno Stato membro,” ed è per questo – dunque per una questione di regolamento, non di merito – che “la Santa Sede non fa obiezioni alla presentazione di una bozza di risoluzione concernente l’innalzamento delle bandiere degli Stati Osservatori nella sede e negli uffici delle Nazioni Unite.”
Allo stesso tempo, “la Santa Sede prende nota della prassi da tempo stabilita e della tradizione dell’ONU, sin dal 1945, secondo la quale soltanto le bandiere degli Stati membri sono dispiegate nella sede e negli uffici dell’ONU, e accetterà qualsiasi decisione che l’ONU vorrà prendere al riguardo nel futuro.” Un modo, insomma, di sfilarsi dalla richiesta della Palestina, e rimandare tutto alle decisioni delle Nazioni Unite.
La risoluzione presentata dalla Palestina verrà votata il prossimo 15 settembre. La risoluzione è stata sponsorizzata da 21 nazioni, tra cui Arabia Saudita, Egitto, Algeria e Giordania.
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