Città del Vaticano , 18 January, 2020 / 4:00 PM
Dopo gli allarmi sulla cristianofobia in Europa, messi in luce dal rapporto dell’Osservatorio per le Discriminazioni e le Intolleranze Anti-Cristiane in Europa e da quello del Gatestone Institute, arriva, puntualissimo, il rapporto di Open Doors a ribadire che il cristianesimo è la religione più perseguitata al mondo. È un rapporto di cui la diplomazia vaticana deve tenere conto.
Nella settimana diplomatica, la prossima visita del vicepresidente USA Mike Pence in Vaticano; la situazione in Africa, con particolare attenzione a Togo e Repubblica Centrafricana; il lavoro della Mongolia con la Santa Sede per aprire nuovi canali di tipo culturale.
CRISTIANI PERSEGUITATI
Cristiani perseguitati, conferme e novità del rapporto Open Doors
Diminuisce il numero di cristiani uccisi nel mondo, ma la persecuzione contro i cristiani non accenna a diminuire. Lo scorso 15 gennaio, la Ong Open Doors ha pubblicato il suo rapporto annuale sulla libertà religiosa, la World Watch List, che ha confermato il trend negativo degli ultimi anni, rendendo ancora una volta che davvero il cristianesimo è la religione più perseguitata al mondo.
Il rapporto copre un arco temporale che va dall’1 novembre 2018 al 31 novembre 2019. In questo periodo, il numero di cristiani uccisi è diminuito (da 4.305 a 2983 vittime), ma sono aumentati d 15 milioni di unità i cristiani perseguitati nel mondo.
Il Paese più pericoloso per i cristiani è la Nigeria, a causa delle tribù Fulani e degli islamisti di Boko Haram. Secondo in classifica tra i Paesi in cui i cristiani sono a rischio è la Repubblica Centrafricana, e terzo lo Sri Lanka, balzato in alto in questa classifica anche a causa degli attentati di Pasqua.
I cristiani sperimentano un alto livello di persecuzione in 73 Paesi, mentre in 11 la persecuzione è addirittura estrema. Il Paese dove la persecuzione anti-cristiana è la più estrema di tutti è, per il diciottesimo anno consecutivo, la Corea del Nord. I dati di Open Doors parlano di un numero di cristiani nei campi di lavoro a causa della loro fede che va dalle 50 mila alle 70 mila unità. Subito dopo la Corea del Nord, ci sono Afghanistan, Somalia, Libia e Pakistan. I primi tre sono in guerra da anni, e hanno una forte componente islamista, mentre in Pakistan la legge sulla blasfemia resta in vigore.
Burkina Faso e Camerun entrano per la prima volta nell’infame “top 50” dei Paesi più discriminatori con i cristiani, vittime della difficile situazione nell’area del Sahel, dove operano almeno 27 gruppi di jihadisti. Nel nord del Burkina Faso sono state chiuse più di 200 chiese.
Non è una novità la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente, con un esodo nascosto che ha colpito in particolare l’Iraq, dove c’erano un milione e mezzo di cristiani prima del 2003 e oggi ce ne sono 200 mila. La guerra mossa dallo Stato Islamico ha dato il colpo di grazia in una situazione già difficile, e anche i rientri nella piana di Ninive sono particolarmente complicati.
In Siria, dove la guerra dura da nove anni, i cristiani sono passati da oltre 2 milioni a 744 mila.
Il rapporto sottolinea anche ci sono state, nel corso dell’anno, oltre 10 mila chiese chiuse ed attaccate, mentre sono stati contati almeno 8 mila casi di abuso sulle donne causati sulla discriminazione religiosa.
Complicata anche la situazione dell’America Latina, non a caso menzionata dal Papa nell’Urbi et Orbi di Natale, nonché nel discorso di inizio anno al Corpo diplomatico. Lì, i sacerdoti e i fedeli sono a rischio quando sfidano la criminalità organizzata in Colombia o Messico, o quando si schierano con la gente in Paesi come Venezuela e Nicaragua.
Cristiani perseguitati, se ne parlerà anche al World Economic Forum di Davos
Il tema della persecuzione dei cristiani trova posto per la prima volta nei dibattiti del World Economic Forum di Davos. Il 24 gennaio ci sarà infatti una conferenza su "Il deterioramento della sicurezza nell'Africa Occidentale: implicazioni per il pluralismo socio-religioso e lo sviluppo economico".
Relatori della conferenza saranno Ilia Djadi, analista per la libertà di religione e di credo per Open Doors International, e Gideon Para-Mallam, fondatore della fondazione omonima per la pace, la giustizia sociale e il dialogo religioso in Nigeria.
Durante la conferenza, ci chiederà - si legge nel concept dell'incontro - "come possiamo evitare che questa regione cada nel caos? Come possiamo ripristinare la coesione sociale e garantire la libertà religiosa? Quale ruolo dovrebbe svolgere la comunità internazionale? E come può affrontare le sfide sociopolitiche ed economiche con gli attori locali?”
La conferenza è organizzata da World Evangelical Alliance, Swiss Evangelical Alliance SEA-RES, Open Doors e varie organizzazioni attive a favore della Chiesa perseguitata.
FOCUS AMERICHE
Argentina, Fernandez in Vaticano il 31. Ancora non c’è il nuovo ambasciatore
Il prossimo 31 gennaio, Papa Francesco riceverà il nuovo presidente Argentino Alberto Fernandez. Si tratta del primo incontro con il presidente dopo l’elezione, anche se Papa Francesco ha già incontrato la first lady Fabiola Yanez, che era stata insieme ad altre quattro first lady latinoamericane per l’inaugurazione della nuova sede della fondazione pontificia Scholas Occurentes in Vaticano.
Fernandez ha già incontrato Papa Francesco prima della sua elezione, quando, nell’agosto 2018, fu ricevuto dal Papa nella Domus Sanctae Marthae insieme al dirigente cileno Carlos Ominami e il dirigente brasiliano Celso Amorim.
L’incontro avverrà mentre non c’è ancora un nuovo ambasciatore di Argentina presso la Santa Sede. Fernandez vuole che l’ambasciatore sia un diplomatico di carriera , e aveva destinato alla posizione Luis Bellando, che ha già rappresentato l’Argentina in Angola e Cuba. Ma è di queste ultime ore la notizia che la Santa Sede avrebbe rifiutato il nuovo ambasciatore perché sposato in seconde nozze, anche se la situazione non è del tutto chiara. La scelta si starebbe ora orientando su un altro diplomatico di carriera, ovvero Julio Ramon Lascano y Vedia.
(La storia continua sotto)
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Stati Uniti, due appuntamenti per il prossimo mese
L’ambasciatore USA per la libertà religiosa Sam Brownback è stato in Vaticano tra il 14 e il 16 gennaio, di passaggio prima di un viaggio in Turchia, e ha partecipato al lancio della Abrahamic Faiths Initiative (una iniziativa scaturita dalla dichiarazione di Abu Dhabi), ovvero un dialogo condotto e organizzato dai leader religiosi delle tre fedi e tradizioni abramiche, Cristianesimo, ebraismo e islam.
Tra il 22 e il 25 gennaio, sarà la volta del vicepresidente USA Mike Pence a viaggiare. Questi sarà in Vaticano per incontrare Papa Francesco e il segretario di Stato vaticano, il Cardinale Pietro Parolin.
Il tour “europeo” di Pence comincerà il 23 gennaio per il Quinto Forum Mondiale dell’Olocausto, cui parteciperà anche il Cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Gli appuntamenti in Vaticano sono invece previsti per il 25 gennaio.
Colombia, la Chiesa si pronuncia contro l’acutizzazione del conflitto sociale e armato
Di fronte alla drammatica situazione che patiscono le comunità indigene e afroamericane del Pacifico e della zona sud-occidentale della Colombia a causa della riacutizzazione del conflitto sociale e armato, i vescovi della regione hanno levato le voci per “una soluzione integrale che risolva le cause strutturali che stanno alla radice della crisi umanitaria”.
La posizione dei vescovi è in un comunicato firmato da dieci presuli, in cui viene anche espressa solidarietà con gli abitanti del dipartimento del Choco e si lamenta con diversi attori statali, chiedendo di “riprendere il sentiero della pace” e garantire “il rispetto dei diritti umani, i diritti dei popoli e il diritto internazionale umanitario”.
I vescovi sottolineano che “i gruppi armati devono comprendere la loro condizione di aggressori della popolazione e, per questo motivo, assumere le responsabilità di cui sono oggetto a causa delle loro azioni callettive”.
La Chiesa chiede piuttosto soluzioni “politiche e pacifiche” al conflitto armato, e caldeggia un accordo con l’Esercito di Liberazione Nazionale e una struttura simile con le Autodefensas Gaitanistas de Colombia – si tratta di due sigle della guerriglia armata.
I vescovi sottolineano che è urgente “continuare a passi fermi verso la terminazione di tutte le violenze”.
FOCUS AFRICA
Repubblica Democratica del Congo, il presidente incontra il Cardinale Ambongo
Il presidente della Repubblica Democratica del Congo Felix Tshisekedi è stato in visita in Vaticano da Papa Francesco il 17 gennaio, invitando anche il Papa a visitare il Paese. Prima della visita, il presidente ha ricevuto il cardinale Fridolin Ambongo, arcivescovo di Kinshasa, per discutere proprio della sua visita al Papa.
Il presidente era anche stato presente al concistoro del 5 ottobre 2019, durante il quale Ambongo fu creato cardinale.
L’invito in Congo per Papa Francesco non nasce dal nulla. Già nel 2017, il Papa aveva espresso il desiderio di viaggiare fino al Paese africano.
Repubblica Centrafricana, il messaggio dei vescovi
Lo scorso 12 gennaio, al termine dell’assemblea plenaria, i vescovi della Repubblica Centrafricana hanno diffuso un messaggio intitolato “Fate discepoli tutti i popoli” nel contesto delle celebrazioni per i 125 anni di evangelizzazione del Paese.
Il messaggio è rivolto alla Chiesa “famiglia di Dio”, agli uomini e alle donne di buona volontà, ed esorta operatori pastorali, comunità cristiane, giovani, governo, leader politici, gruppi armati, organizzazioni internazionali a lavorare per costruire una pace duratura nel Paese.
I vescovi denunciano che nonostante l’accordo del febbraio 2019 “resta ancora molto da fare”, e non solo per colpa del conflitto che “infuria con tutte le sue conseguenze drammatiche”, ma anche perché la situazione porta molti a separare la loro vita professionale dalla vita di fede, altri si fanno attrarre da sette e società segrete, altri ancora abbandonano i grandi valori di unità, dignità, lavoro, rispetto, solidarietà onestà.
I vescovi analizzano la situazione del Paese e fanno un punto della situazione nel Paese, sottolineando gli impegni presi per la giustizia, l’istituzione di meccanismi giudiziari come la Corte Penale e la Commissione verità, giustizia, riconciliazione e riparazione. Ma i vescovi si domandano anche quanto sia efficace l’autorità statale, mettono in luce come “servizi sensibili come l’educazione, la sanità, le infrastrutture per lo sviluppo agropastorale e quelle stradali sono gravemente carenti”, così come è calato il livello di istruzione.
Si tratta – affermano i vescovi – di “preoccupazioni reali”, da discutere in vista delle elezioni che quest’anno vedranno a dicembre i cittadini tornare alle urne per le elezioni legislative e presidenziali. Desta preoccupazione il fatto che i tentativi di disarmo non sono andati a buon fine, sebbene vengano apprezzati gli sforzi del governo tesi a ristrutturare le forze di sicurezza interna e le forze armate centrafricane.
I vescovi parlano infine della necessità di avere “coraggio evangelico e virtù eroiche” per prendere decisioni e azioni tese a fare del bene.
I presuli ricordano al governo che ci sono dei “doveri regali che possono essere considerati come una missione da compiere per il popolo”, e raccomandano di “organizzare nel periodo previsto dalla Costituzione elezioni libere e trasparenti che rispondano alle esigenze democratiche di uno Stato di diritto.
La Chiesa del Togo invia un messaggio ai candidati alla presidenziali
L’arcivescovo Nicodemus Anani Barrigah-Benissan, nuovo arcivescovo di Lomé, capitale del Togo, ha subito fatto un appello ai candidati alle presidenziali del suo Paese nella sua prima omelia da arcivescovo della principale diocesi del Paese lo scorso 11 gennaio.
Durante l’omelia della Messa di inaugurazione, l’arcivescovo Barrigah-Benassian ha chiesto “pace, tolleranza, giustizia, equità nel processo elettorale”, e ha invitato gli attori politici a “dimostrare giustizia, onestà, trasparenza, e abbassare i toni durante le operazioni elettorali”.
Le presidenziali sono previste il prossimo 22 febbraio. Il prelato a chiesto al nuovo presidente, chiunque egli sarà, di essere “un servitore del popolo”.
L’omelia è stata pronunciata di fronte a numerosi personaggi politici del Togo, tra cui Faure Essozinma Gnassingbé, candidato alla presidenza della Repubblica del Togo.
FOCUS ASIA
Mongolia, un incontro in Segreteria di Stato per una ricerca storica
Lo scorso 10 gennaio, L. Purevsuren, ambasciatore di Mongolia presso la Santa Sede, si è incontrato in Vaticano con l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario Vaticano per i rapporti con gli Stati. L’incontro serviva a stabilire nuove relazioni di tipo culturale.
Durante l’incontro, l’ambasciatore Purevsuren ha ringraziato il Vaticano per aver permesso a studenti mongoli di studiare documenti e risorse riguardanti la storia della Mongolia che si trovano nell’Archivio Apostolico Vaticano.
Da parte sua, l’arcivescovo Gallagher ha sottolineato che il Vaticano è pronto a insegnare il latino a studenti provenienti dalla Mongolia in modo da meglio permettere loro di studiare risorse riguardanti la storia di Mongolia.
Lo studio è in preparazione di una conferenza scientifica e una mostra di foto, che saranno tenute da Santa Sede e Mongolia tra il 6 e l’8 maggio di quest’anno nell’ambito dei festeggiamenti per l’800esimo anniversario della città di Karakorum, capitale del grande impero mongolo.
La conferenza discuterà anche il tema della libertà religiosa documentato durante il soggiorno del monaco francescano fiammingo William de Rubruck e di Plano Carpini, che fu inviato in Mongolia da Papa Innocenzo IV.
L’ambasciatore Purevsuren si è incontrato anche con monsignor Indunil Kodithuakku, segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Religioso.
Il nunzio in India nello Stato di Pune
Lo Stato di Pune è “uno stato differenziato, per cui non ci possiamo separare da noi stessi. Dobbiamo unirci e lavorare insieme”. Lo ha detto l’arcivescovo Giambattista Diquattro, nunzio apostolico in India, durante un incontro con i rappresentanti di diverse comunità religiose e almeno altre 300 persone in un evento interreligioso lo scorso 12 gennaio.
L’arcivescovo ha sottolineato che “abbiamo differenze, ma dobbiamo andare oltre le nostre differenze e sottolineare le sfide comuni che stiamo combattendo nella società”.
FOCUS EUROPA
Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, la lettura del nunzio in Bosnia
L’arcivescovo Luigi Pezzuto, nunzio apostolico in Bosnia, ha tenuto una conferenza all’associazione “Circolo 99” la scorsa settimana, parlando del tema della Giornata Mondiale della Pace “Pace come un cammino di speranza, dialogo e riconciliazione”.
Nella sua presentazione, l’arcivescovo Pezzuto ha sottolineato che la causa alla radice di ogni guerra è l’intolleranza verso l’altro e la diversità, che fa paura e causa mancanza di fiducia.
Per questo – ha detto il nunzio – questa causa “dovrebbe essere soppressa ed eliminata. Quella logica è negativa di per sé e sfortunatamente porta alla guerra.
Nella seconda parte della sua presentazione, l’arcivescovo ha invece parlato delle misure positive da prendere in un percorso verso la pace.
Misure che sono “dialogo ed ascolto reciproco, alimentazione della fiducia e riconoscimento nell’altro differente di un fratello le cui origini, come quelle di ogni essere umano, vanno ascritte a Dio”.
L’arcivescovo Pezzuto ha poi aggiunto che “una volta che l’atmosfera di fratellanza è stata realizzata, non sarà difficile impegnarsi in una paziente ricerca per la verità e la giustizia, che nel percorso di raggiungere una pace vera, definitiva e duratura, deve essere riempito con riconciliazione e perdono”.
Il nunzio ha infine sottolineato che crede che la Bosnia Erzegovina, che è stata in processo di riconciliazione della guerra negli anni Novanta, e i popoli che la costituiscono che già vivono in pace, saranno capaci di avanzare nel cammino di riconciliazione e perdono e contribuire ad una pace duratura.
DALLE AMBASCIATE
Si congeda l’ambasciatore della Repubblica Dominicana prsso la Santa Sede
Victor Manuel Grimaldi Cespedes, ambasciatore della Repubblica Dominicana presso la Santa Sede, è stato da Papa Francesco in visita di congedo il 17 gennaio. Grimaldi aveva iniziato il suo servizio di ambasciatore presso la Santa Sede nel 2009, quando Benedetto XVI era pontefice. Con lui, c’era sua moglie Rita de Moya de Grimaldi e le sue figlie Estefania, Rita Victoria e Teresina.
Grimaldi ha regalato a Papa Francesco una serie di libri che ha scritto nel corso degli anni. La famiglia dell’ambasciatore ha anche portato il libro “Patria y hogar”.
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