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Un servizio di EWTN News

Diplomazia Pontificia, no alla manipolazione dei diritti umani

L'arcivescovo Gallagher durante il suo intervento all'OSCE, 5 dicembre 2019

Ogni inizio dicembre, si tiene il Consiglio Ministeriale dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), e l’intervento della Santa Sede è sempre tra quelli più attesi. Ma c’è stato anche Madrid il COP25, ovvero il 25esimo incontro tra le parti sul clima, un appuntamento cui la Santa Sede tiene molto, tanto che invia il Segretario di Stato vaticano a partecipare.

Nella settimana, gli ambasciatori di Bosnia Erzegovina e Brasile hanno presentato le lettere credenziali a Papa Francesco. L’arcivescovo Bernardito Auza, nunzio apostolico in Spagna, ha presentato le lettere credenziali al presidente della Conferenza Episcopale Spagnola.

                           OSCE, COP25, CONSIGLIO D’EUROPA

La Santa Sede all’OSCE: no alla manipolazione dei diritti umani

Il 27esimo ministeriale dell’OSCE si è tenuto a Bratislava il 5 e 6 dicembre 2019. Ha partecipato all’incontro, per conto della Santa Sede l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i rapporti con gli Stati.

Nel suo intervento, l’arcivescovo Gallagher ha ricordato che in quest’anno si celebra il 30esimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, cosa che portò alla fine della Guerra Fredda, e così cominciò “una nuova era di collaborazione tra gli Stati partecipanti all’OSCE”. La Santa Sede ricorda come fu proprio l’atto finale di Helsinki che portò alla fondazione dell’OSCE, e in particolare la clausola sulla libert religiosa voluta proprio dalla Santa Sede, a giocare un ruolo fondamentale nella fine della guerra fredda.

L’arcivescovo Gallagher nota che “i diritti umani sono tali perché sono inerenti alla dignità della persona umana”, e non sono, come si dice ora, “definiti, formulati o conferiti dalla società o dallo Stato”.

La società può violare i diritti umani, nota la Santa Sede, ma non si può accettare che i diritti umani siano “manipolati”, eppure “il linguaggio dei diritti umani e anche il sistema di monitoraggio dei diritti umani viene a volte utilizzato in maniera errata per portare avanti una nuova agenda che non solo non ha un consenso internazionale, ma reinterpreta anche i trattati internazionali esistenti”.

La Santa Sede mette in luce che “i diritti umani non sono mai stati intesi come armi per portare avanti una agenda politica, economica, militare o ideologica”.

L’arcivescovo Gallagher ha poi sottolineato che l’OSCE è stato inteso sin dall’inizio come “uno strumento di pace, capace di rafforzare la confidenza tra gli Stati e di fornire responsi sempre più rilevanti alle speranze e aspirazioni delle persone”.

È proprio perché l’OSCE è uno strumento di pace che la Santa Sede vi partecipa sin dall’inizio, perché Chiesa crede che “il rispetto per la vita umana e il suo sviluppo integrale richiedano pace, che non è solo assenza di guerra o mantenimento di un equilibrio di poteri tra avversari”.

Per questo, “la pace non può mai essere ottenuta con i soli mezzi militari, e molto meno con il possesso di armi nucleari e altre armi di distruzione di massa”. Come già ha detto Papa Francesco durante il viaggio in Giappone, e prima ancora nel 2017 all’incontro in Vaticano sul disarmo nucleare, l’arcivescovo Gallagher nota che “la deterrenza nucleare e la minaccia di una distruzione mutualmente assicurata non possono essere le basi per una etica di fraternità e di pacifica coesistenza tra popoli e Stati.

Per la Santa Sede, un “approccio integrale alla questione della pace include il supporto per lo sviluppo delle nazioni più povere e implica la responsabilità per la protezione dell’ambiente”.

L’arcivescovo Gallagher si è poi concentrato sui temi di fraternità, cittadinanza e dialogo, partendo proprio dalla dichiarazione di Abu Dhabi. Perché sia fruttuosa – ha detto – “la fraternità deve essere nutrita giorno dopo giorno con un approccio all’altro caratterizzato dalla sincerità delle intenzioni e il rispetto per le identità l’uno dell’altro”.

Il dialogo è dunque “cruciale”, e per questo deve essere applicato anche all’OSCE, dove “discussioni e negoziazioni devono prendere in dovuta considerazione gli argomenti di tutti gli Stati partecipanti”.

Un esempio è quel dialogo interreligioso, che, secondo la Santa Sede, “gioca un ruolo costruttivo e importante nelle nostre società nel caso di riconciliazione, riabilitazione e ricostruzione di società post-conflitto”.

Il Cardinale Parolin al COP25

Si è tenuta a Madrid la 25esima Conferenza delle Parti sul cambio climatico, il CoP25. Papa Francesco ha, come di consueto, mandato un messaggio, mentre la delegazione della Santa Sede è stata guidata dal cardinale Pietro Parolin, che ha preso parte ai lavori lo scorso 2 dicembre.

Il Cardinale Parolin ha sottolineato che è necessario “sottolineare l’urgenza di dare seguito alle decisioni fatte a Parigi e alle altre conferenze, in particolare a quella di Katowice dello scorso anno, e di prendere misure pratiche per rispondere realmente al cambio climatico di oggi”.

Le parole del Cardinale sono state pronunciate all’inaugurazione, che ha riunito più di 50 leader mondiali. Il Cardinale Parolin ha affermato che il Papa ha speranza che il CoP25 sia veramente in grado di fare qualcosa per il pianeta, “e il fatto che noi partecipiamo significa che crediamo in queste attività multilaterali, nelle quali la comunità intera si incontra per rispondere a problemi comuni”.

Il Cardinale ha ricordato il fatto che Papa Francesco ha preso in mano la questione ambientale, ma che la sua leadership si estende alla lotta per lo sradicamento della povertà nel mondo.

La Santa Sede all’incontro dei ministri dell’educazione del Consiglio d’Europa

Il 26 novembre, i ministri dell’Educazione degli Stati parte del Consiglio d’Europa si sono incontrati a Parigi per discutere de “L’educazione civica nell’era digitale”. La Santa Sede, che dal 1962 è parte della convenzione culturale, è stata rappresentata alla conferenza dell’arcivescovo Paolo Rudelli, nunzio apostolico e osservatore uscente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa, e da monsignor Yovki Pishijtyski, consigliere di nunziatura.

L’arcivescovo Rudelli ha messo in luce l’appello di Papa Francesco in favore di una costruzione di un patto educativo, basato sull’interazione di tutti gli attori dell’educazione, sull’apertura a tutte le dimensioni della persona umana e sul coinvolgimento attivo in favore del bene comune.

(La storia continua sotto)

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Nella dichiarazione finale, i ministri si sono impegnati a fare in modo che la scuola garantisca sin dall’infanzia l’acquisizione delle competenze digitali necessarie a vivere in una società democratica, e in particolare quelle che favoriscono la formazione di uno spirito critico.

La Santa Sede ha aderito al testo, ma ha emesso una dichiarazione interpretativa, sottolineando di intendere i termini “genere” o “stereotipi di genere” come riferiti alla differenza sessuale fondata sull’identità maschile e femminile.

La Francia ha proposto di creare un osservatorio sull’insegnamento della storia nel Consiglio d’Europa. La proposta è stata discussa.

Alcuni giorni fa, un gruppo di Cardinali del Sinodo Panamazzonico ha scritto alla COP25 ricordando ai politici che l’inazione contro il cambio climatico è un crimine contro l’umanità e la natura”.

                                    FOCUS AFRICA

Il ministro degli Esteri di Egitto da Gallagher e da Papa Francesco

Di ritorno da Bratislava, l’arcivescovo Gallagher ha incontrato in Vaticano Sameh Shoukry, ministro degli Affari Esteri di Egitto, a Roma per la V edizione di Med201, evento organizzato dalla Farnesina e dall’ISPI.

Secondo Ahmed Hafez, portavoce del ministero, il ministro ha sottolineato che l’Egitto ha interesse a mantenere sempre aperti i canali diplomatici per scambiare analisi sulla situazione regionale e multilaterale. Durante la conversazione, sono state analizzate le situazioni in Siria, in Libia e nel Sahel, è stata ribadita la soluzione “due popoli, due Stati” nel caso del conflitto israelo-palestinese come unica via per giungere alla pace.

Papa Francesco ha incontrato il ministro degli Esteri egiziano la mattina del 7 dicembre. 

Ghana, la conferenza episcopale locale contro il referendum del 17 dicembre

Il referendum del 17 dicembre in Ghana “dovrebbe essere posposto” secondo il vescovo Charles Palmer Buckle di Cape Coast, presidente della Conferenza Episcopale del Ghana, che è stato ricevuto dal vice presidente Mahamudu Bawumia.

“Noi vescovi – ha detto Palmer Buckle – ci appelliamo al governo e alla commissione elettorale per posporre il referendum, dato che questo non causerebbe alcuna crisi costituzionale”.

I vescovi sono stati ricevuti da Bawumia, che voleva ringraziarli per il lavoro fatto con la popolazione.

                                                FOCUS ASIA

Dalla Cina: un vescovo troppo patriottico

Lo scorso 26 novembre si è tenuta a Pechino la Conferenza politica consultiva sulle religioni, e il vescovo Fang Xingyao avrebbe detto nell’occasione che “l’amore per la patria deve essere superiore all’amore verso la Chiesa e la legge del paese è superiore alle regole canoniche”.

L’incontro è stato presieduto da Wang Yang, presidente del Comitato nazionale della Conferenza politica consultiva del popolo cinese (Cpcpc) e membro del Comitato centrale del Partito comunista.

L’incontro si inseriva nella linea della “sinicizzazione” voluta dal presidente Xi Jinping, con l’obiettivo di sviluppare “un sistema ideologico religioso con caratteristiche cinesi in linea con le richieste dei tempi”.

Le parole del vescovo sono state riportate in un lungo articolo sul sito del Cpcpc, che dà anche sintesi degli interventi dei rappresentanti delle altre religioni ufficiali in Cina, tutti esaltanti il patriottismo.

Le parole riferite di Fang Xingyao hanno generato dispiacere nei cattolici cinesi, perché da sempre la Santa Sede afferma che “un buon cattolico” è anche un “buon cittadino”, mettendo sullo stesso piano l’amore alla patria e l’amore alla Chiesa. Il tema si è ritrovato anche nella lettera pastorale di Papa Francesco ai cattolici cinesi inviata dopo l’accordo provvisorio con il governo sulla nomina dei vescovi.

Anche Benedetto XVI, nella sua Lettera ai cattolici cinesi (del 2007) sottolinea questa parità, chiedendo al governo spazi di libertà religiosa per la Chiesa e per il suo “adoperarsi per la giustizia” (n. 4).

Il Cardinale Bo scrive ai governanti del Myanmar

In una lettera aperta ai governanti del Myanmar, il Cardinale Charles Bo, arcivescovo di Yangon, ha fatto appello perché si abbandonino le armi e la violenza per dialogare con tutte le comunità, di ogni etnia e religione, per cercare una soluzione pacifica a decenni di conflitto, iniziando un nuovo processo di pace, giustizia, verità e riconciliazione".

Il Cardinale ha esortato i governanti a indirizzare energie e sforzi “per prendersi cura delle persone poveri e sofferenti”, e ha sottolineato che “ora è il momento di cercare verità, giustizia, pace e riconciliazione. Sono un prete, non un avvocato o un politico, quindi non commenterò le iniziative legali internazionali in corso. Ma so che perché ci sia pace, ci deve essere giustizia, e perché ci sia riconciliazione, ci deve essere il riconoscimento della verità”.

Nella lettera aperta, l’arcivescovo di Yangon ha chiesto alla comunità internazionale di tenere “presente il benessere di tutto il popolo del Myanmar”, ed ha esortato “a far sì che, nello sforzo di perseguire i responsabili di crimini contro l'umanità, non si penalizzino inavvertitamente coloro che non sono responsabili e non si punisca tutto il popolo del Myanmar nel suo insieme”.

Ha ammonito il Cardinale Bo: "La comunità internazionale faccia attenzione a non adottare misure che possano ferire i più poveri. Incoraggio la comunità internazionale a concentrare i propri sforzi in modo mirato su quanti sono direttamente responsabili di perpetrare gravi violazioni dei diritti umani e gravi ingiustizie".

Il cardinale ha anche sottolineato il ruolo positivo del dialogo interreligioso, l’impegno della Chiesa per la pace, la riconciliazione e la giustizia, e ha detto che dopo settanta anni di isolamento, negli ultimi sette anni è sembrata esserci una speranza, sostituita poi da nuvole scure.

Ha concluso il Cardinale Bo: “Giustizia e pace vanno di pari passo, verità e riconciliazione camminano insieme. Il Myanmar ha bisogno dell'aiuto del mondo per percorrere la strada della verità e del perdono”.

                                                FOCUS AMERICA LATINA

Nicaragua, il nunzio apostolico gestisce la liberazione dei prigionieri politici

Lo scorso 29 novembre, l’Associazione Nicaraguense per i Diritti Umani ha reso noto che l’arcivescovo Waldemar Sommertag sta lavorando per la liberazione di più di un centinaio di prigionieri politici.

La Ong ha detto che sarebbero più di 150 i prigionieri politici che potrebbero essere liberati grazie ai buoni uffici del nunzio, numero considerevole se si pensa che l’opposizione quantifica in 172 i prigionieri politici del governo di Ortega.

Il nunzio è stato anche testimone delle negoziazioni tra opposizione e governo.

La crisi in Nicaragua è scoppiata ad aprile 2018, con un sollevamento popolare contro una riforma delle pensioni. Il movimento di protesta è sempre cresciuto da allora.

La visita dell’ambasciatore di Cuba presso la Santa Sede ad Alatri

Jorge Quesada Concepcion, ambasciatore di Cuba presso la Santa Sede, è stato il 6 dicembre ad Alatri insieme a Enrique Gonzales, ministro consigliere, per visitare Virgilio Pavia, nipote di Monsignor Mario Tagliaferri: pronunzio apostolico morto a Parigi del 1999, ma che svolse l’opera diplomatica nell’isola caraibica nel periodo in cui di completamento di trasformazione dello stato dopo la rivoluzione castrista in in entità socialista.

Molti gli incontri istituzionali del ministro, con il sindaco di Alatri ingegner Giuseppe Morini, da sua eccellenza il Prefetto dottor Ignazio Portelli, dal comandante della Compagnia dei carabinieri Maggiore Gabriele Argirò e dal comandante della Polizia locale dottor Dino Padovani. Si è parlato, in particolare, dei rapporti Cuba – Santa Sede, che non sono mai stati interrotti nonostante la crisi data dall’arrivo del regime di Fidel Castro. Il nunzio Tagliaferri fu protagonista della distensione. L’ambasciatore Quesada ha inoltre ricordato che in occasione dell’85° anniversario delle relazioni ininterrotte tra Cuba e Santa Sede i rapporti sono ancora molto buoni.

                                           NUNZI E AMBASCIATORI

Credenziali in Vaticano

Il 6 dicembre, l’ambasciatore Henrique de Silveira Sardinha Pinto, che rappresenta il Brasile presso la Santa Sede, ha presentato le lettere credenziali a Papa Francesco.

Classe 1956, tre figli, ha avuto vari incarichi nel ministero degli affari esteri e poi in varie ambasciate

Il 5 dicembre, è stato Igor Zontar, ambasciatore di Bosnia Erzegovina presso la Santa Sede, a presentare le lettere credenziali. Classe 1976, ha lavorato molto nel dialogo interreligioso ed è un professore di teologia multilingua, che ha collaborato con l’arcidiocesi di Vrhebosna di Pax Christi International.

Credenziali dei nunzi

Il 6 dicembre, l’arcivescovo Bernardito Auza ha presentato le sue lettere credenziali al Cardinale Ricardo Blazquez, presidente della Conferenza Episcopale Spagnola. Durante la sua visita alla sede della conferenza episcopale, l’arcivescovo Auza ha avuto l’opportunità di conoscere la cappella della Successione Apostolica e il Salone della plenaria in cui si riuniscono i vescovi spagnoli. All’incontro hanno partecipato anche i monsignori Michael Crotty e Gian Luca Perici, consiglieri di nunziatura, e Luis Argüello, segretario generale della Conferenza Episcopale, insieme a D. Carlos Lopez, vicesegretario per gli affari generali. L’arcivescovo Auza, dal 2014 al 2019 osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di New York, è succeduto al nunzio Renzo Fratini, che è andato in pensione.

Due settimane prima, il 23 novembre, l’arcivescovo Ivo Scapolo, nunzio apostolico in Portogallo, aveva presentato le lettere credenziali al presidente portoghese Marcelo de Rebelo de Sousa. Il nunzio, con l’occasione, aveva sottolineato che i rapporti tra Chiesa e Stato nel Paese sono segnati da un clima di collaborazione. La cerimonia di presentazione delle credenziali è stata ricordata come "un incontro importante, molto solenne, come è la tradizione in Portogallo".

L’arcivescovo Ivo Scapolo è satto nominato nunzio in Portogallo lo scorso 29 agosto, dopo aver trascorso come nunzio in Cile il periodo che va dal 2011 al 2018. È succeduto al nunzio Rino Passiagato, anche lui andato in pensione.

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