Città del Vaticano , 21 October, 2019 / 3:00 PM
Il documento finale del Sinodo per l’Amazzonia è stato presentato all’assemblea sinodale dal Cardinale Claudio Hummes, relatore generale. Da domani, il testo sarà sottoposto alle valutazioni dei circoli minori, che presenteranno dei modi (emendamenti) individuali, e sarà poi letto in aula nel pomeriggio del 25 ottobre e votato nel pomeriggio del 26 ottobre.
La presentazione del documento va nella direzione finale, sebbene si sia, sottolinea Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero della Comunicazione vaticano, siamo ancora “nella fase dell’ascolto”.
Ed è al Sinodo per ascoltare, per sua ammissione, il Cardinale Christoph Schoenborn, arcivescovo di Vienna, che “mai è stato in Amazzonia”. Il cardinale guarda alla sfida ecologica, ricorda che uno degli esperti al Sinodo ha notato che “la distruzione dell’Amazzonia sarebbe la distruzione del mondo”, mette in luce il ministero dei diaconi permanenti, che nella sua diocesi sono 180, e “prestano il loro servizio nelle parrocchie, negli ambienti sociali, tra i giovani, e alle discussioni intorno alle sfide pastorali dell’Amazzonia”. E “la proposta del diaconato permanente è una delle proposte per questo Sinodo”. Il Cardinale Schoenborn evita piuttosto di parlare di grandi problemi politici, perché “si deve discutere a un livello più alto dell’arcivescovo di Vienna”.
Parlando della pastorale vocazionale, il Cardinale Schoenborn afferma che dalla sola Colombia 1200 preti lavorano negli Stati Uniti, in Canada e in Spagna, ma se “di questi, almeno una parte sono disponibili ad andare in Amazzonia”, andrebbe ad equilibrare una situazione particolare, perché l’Europa ha una sovrabbondanza di preti “dovuti anche da migliori condizioni di vita e anche un migliore stipendio”.
Poi, il Cardinale parla del tema della solidarietà vocazionale, “tema del quale si è discusso nel Sinodo”, perché “tutta l’America Latina è corresponsabile dell’Amazzonia”, e dunque c’è urgenza e bisogno che la Chiesa universale faccia sforzi, come gli ha fatti nel passati, inviando missionari.
Per quanto riguarda la pastorale vocazionale, c’è “una autocritica da fare: nella Chiesa occidentale, ma anche latino americana, abbiamo avuto fiducia e voglia che ci siano vocazioni dei popoli indigeni?”
Padre Dario Bossi, comboniano in missione in Açailândia, in Brasile, dove si trova la più grande miniera di estrazione dio ferro del mondo, che attraverso 100 comunità, portando il frutto del disboscamento. Padre Bossi porta con forza la sua esperienza e la lotta delle sue comunità contro l’estrattivismo, definito “male comune”, e vede con speranza la presenza delle stesse comunità. Ha parlato in particolare dell’oro, della riflessione che si fa sull’oro, perché per produrne un grammo si crea tantissimo inquinamento, e allora, ha detto, c’è anche una riflessione sulla limitazione dell’uso dell’oro nella liturgia.
Il vescovo Domenico Pompili di Rieti, anche lui partecipante al Sinodo su nomina pontificia, sottolinea che “il problema che la Laudato Si ha fatto emergere è che non si dà sviluppo sul medio e lungo termine che non sia sostenibile”. Il vescovo Pompili ha ricordato che il progresso non è una linea retta, e questo “porta alla domanda di come conciliare lo sviluppo alla sostenibilità”.
La congregazione di oggi è stata aperta da una omelia dell’arcivescovo Miguel Cabrejos Vidarte, arcivescovo di Trujillo e presidente del CELAM, il quale ha invitato a guardare all’esempio di San Francesco e del Cantico delle Creature, lì dove si vede “una devozione mai vista” nell’abbracciare tutte le creature, con un ritmo di conoscenza che è scandito dai verbi conoscere, riconoscere e restituire, che porta San Francesco a considerare il peccato come appropriazione “non solo della volontà, ma anche dei beni”.
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