Budapest, 13 September, 2019 / 9:00 AM
Budapest ha ospitato il Congresso Eucaristico Internazionale nel 1938. L’anno dopo scoppiò la Seconda Guerra Mondiale, poi ci fu l’invasione sovietica, e tutto quello che ne conseguì. Logico che, adesso che ci si appresta ad ospitare un nuovo Congresso Eucaristico nel 2020, a Budapest si pensi ai “corsi e ricorsi” storici. Ma la verità è che c’è grande entusiasmo per questo appuntamento, di cui oggi iniziano le registrazioni. Ma già oggi è difficile trovare posti per dormire dal 13 al 20 settembre 2020. Perché tutti si stanno prenotando, preparandosi a partecipare a un evento che metterà in risalto le Chiese orientali e il tema dei cristiani perseguitati. Ma che, soprattuto, si centrerà sull’Eucarestia. Perché no, l’Eucarestia non è dimenticata in Europa, dice ad ACI Stampa il Cardinale Petr Erdo, arcivescovo di Budapest – Esztergom.
Eminenza, quanto c’è in questo prossimo Congresso Eucaristico del Congresso Eucaristico che Budapest ospitò nel 1938?
Prendiamo moltissime cose. Abbiamo recentemente approvato anche la decisione di riprendere l’inno di quel Congresso, che da noi è molto popolare, e riproporlo per questo Congresso, con un arrangiamento diverso. Ora dobbiamo sottomettere il materiale liturgico alla Commissione Pontificia, che dovrà approvare. Ma la preparazione di quel congresso era molto ricca di programmi, preghiere, e noi abbiamo notato che le persone sono molto aperte per la preparazione del Congresso.
Cosa state preparando oggi?
Abbiamo stampato dei santini con la preghiera del Congresso del 1938, preghiera tradotta in 16 lingue. Ci sarà anche un’altra preghiera, composta per questo Congresso Eucaristico. Ma il centro di tutto sarà la croce missionaria. Nel 2007, nel quadro della grande missione delle città europee, abbiamo fatto preparare da un artista ungherese una bella croce missionaria, che abbiamo portato nelle nostre missioni nelle grandi città. In quella croce sono ora poste le reliquie di santi antichi e recenti di Ungheria. Non sono solo santi di nazionalità ungheresi. Ci sono martiri come San Gerardo Sagredo di Venezia, patrono di Budapest, che era originario di Venezia, ad esempio.
Cosa farà la croce missionaria?
La croce sta facendo il giro di tutto il bacino dei Carpazi. Ovunque la croce arriva, si organizzano eventi, alcuni di questi sono stupendi. La prossima tappa della croce sarà a Kosice, in Slovacchia, dove saranno incluse nella croce le reliquie di Anna Kolesarova. Tutti preghiamo per questo Congresso e per il rinnovamento spirituale.
Quale è la missione dell’Ungheria?
Siamo chiamati ad imparare dai santi recenti, ma anche a realizzare e valutare teologicamente la nostra posizione geografica e culturale. Noi abbiamo una posizione delicata, siamo tra Oriente e Occidente. Per questo motivo, le Chiese orientali avranno un ruolo importante nel Congresso Eucaristico. Ci sarà una grande concelebrazione melchita nella Basilica di Santo Stefano, ci saranno testimonianze di coloro che hanno subito persecuzioni in epoca sovietica e di coloro che hanno sofferto in Medio Oriente, come il Cardinale Rafael Sako, patriarca di Babionia dei Caldei, che ha accettato il nostro invito. I relatori provengono dalla Corea all’Africa all’America del Sud. Direi che la nostra posizione geografica ci predestina quasi ad una attenzione speciale verso il Medio Oriente, dato che l’Ungheria è stata una provincia dell’Impero Ottomano. E a Budapest è stato fondato anche un episcopato copto, perché il numero della comunità copta cresce.
La comunità copta è tipicamente egiziana. Come mai vengono così tante persone dall’Egitto?
Perché ogni essere umano vuole vivere in tranquillità e rispettato dalla società, e in Ungheria la gente non trova pregiudizi, ma trova piuttosto un ambiente accogliente.
Quindi il mito dell’Ungheria non accogliente è solo un mito…
Le posso dire che la comunità cinese a Budapest è così numerosa che c’è un sacerdote che viene appositamente da Vienna per celebrare per la comunità cinese, e stiamo lavorando per avere un sacerdote che risieda qui, perché c’è una comunità cinese forte, che si riunisce ogni settimana per leggere la Bibbia, ma è anche ben integrata, che manda i figli a studiare nelle scuole ungheresi.
In generale, a Budapest – che non è una città troppo grande – abbiamo regolarmente la Santa Messa in 16 lingue diverse, tra cui il coreano, la cui comunità ha anche un sacerdote che si occupa dei loro bisogni pastorali. Questo già rende il quadro di una società complessa.
E c’è poi la presenza dei rom. Quando siete venuti in udienza da Papa Francesco avete presentato la Bibbia tradotta in lingua Rom. Quale è la situazione?
La popolazione rom appartiene alla nostra identità, e costituisce il 10 per cento della popolazione, e secondo le statistiche UE è il più grande nazionale. Dopo la Bibbia, abbiamo anche tradotto il Messale in lingua romanì e lo stiamo per approvare a livello di conferenza episcopale. Ci sono musicisti rom che hanno scritto una Messa in contesto romanì, ma con testo nella loro lingua, in Ungherese e in inglese. Pensiamo di presentare questa Messa durante il Congresso Eucaristico.
Sono molte le iniziative per la popolazione romanì, sia da parte delle Chiese (che organizzano convitti, aiutano negli studi, sostengono le famiglie vulnerabili) sia dal punto di vista statale: ottengono un lavoro statale, ma non pochi di loro arrivano al mercato libero.
State preparando un grande Congresso Eucaristico nel cuore dell’Europa. Ma non pensate che l’Europa secolarizzata abbia perso di vista il valore dell’Eucarestia?
Assolutamente no. Quaranta anni fa, dopo il Concilio Vaticano II, credevamo che ormai tutta l’attenzione si sarebbe concentrata sulla Messa, mentre adorazioni e processioni sarebbero passate di moda. Oggi, invece, vediamo un ritorno dell’adorazione eucaristica, ci sono programmi che si chiamano scuole di adorazione. Il gruppo che prepara il Congresso eucaristico organizza giornate di adorazione a livello internazionale, e raccoglie fino a 40 mila persone. Insomma, l’interesse c’è e cresce.
Perché tutto questo, secondo lei?
Sicuramente ragionare in termini astratti è un metodo di approccio alla realtà, ma vedere, contemplare, accogliere una realtà senza astrazione è un altro modello. Forse questi giovani, cresciuti già nel mondo audiovisuale sono più aperti a questo linguaggio.
Nella croce missionaria ci saranno anche reliquie di martiri del comunismo. Ma quanto si sente ancora l’impatto del comunismo in Ungheria?
Sempre meno con il passare del tempo. Ma ci sono i ricordi, abbiamo una società vecchia. E possiamo vedere il mondo con un senso di deja vu, perché si ritrovano molte cose, nel mondo di oggi, che vengono dal contesto comunista. Per esempio, la pressione ideologica sul sistema educativo e su altri campi, come quello della vita. Si parla di nuovi diritti umani, ma alcuni sembrano essere diritti ideologici. Perché il diritto non è soltanto soggettivo, richiede una realtà oggettiva. Come Paesi ex comunisti, siamo anche molto sensibili al tema della libertà. Abbiamo incontrato la libertà come un grande sogno, abbiamo sperimentato gli ostacoli che impediscono la libertà, abbiamo pensato alla libertà come alla possibilità di realizzare qualcosa di prezioso.
Il Cardinale Josef Mindszenty, martire del comunismo, è stato proclamato venerabile. C’è possibilità di una sua beatificazione durante il Congresso Eucaristico?
(La storia continua sotto)
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Non mettiamo limiti alla Divina Provvidenza. Non possiamo indicare un termine. Se si tratta di un processo di beatificazione in base alle virtù e ai miracoli aspettiamo che un miracolo venga riconosciuto, è una questione ancora aperta. Se consideriamo Mindszenty un martire, si deve guardare alla prassi della Santa Sede. Non è morto in prigionia, ma ci sono martiri che sono stati beatificati come martiri che non sono morti in carcere. La prassi e la giurisprudenza della Santa Sede seguo alcuni criteri e io non posso giudicare se il caso di Mindszenty corrisponde. Di certo, la devozione per il Cardinale è molto forte.
Cosa spera per l’Ungheria dopo il Congresso Eucaristico?
Vediamo come si svolgerà il congresso, ma nella profondità del mio cuore spero che il congresso possa contribuire ad una grande apertura dei cattolici qui verso tutto il mondo, perché possiamo vedere meglio l’opera della grazia divina.
Una opera che ha bisogno di vocazioni. Ma per la prima volta, l’Annuario Statistico della Chiesa nota una diminuzione di sacerdoti. Ci sono vocazioni in Ungheria?
Da noi è mancato quel boom di vocazioni che è seguito alla caduta del sistema comunista in tanti Paesi, sebbene ci sia stata una crescita. I seminari non avevano numero chiuso nemmeno sotto il comunismo. Secondo alcuni, l’Ungheria è statisticamente a livello degli anni Ottanta, secondo altri è peggio perché non si considera la partecipazione alla Messa. Adesso abbiamo molte istituzioni e lo sforzo istituzionale che bisogna compiere è molto maggiore. Abbiamo umanamente lo stesso risultato con molto maggiore impegno istituzionale, però le istituzioni possono avere anche un atto positivo a lunga scadenza.
Quale è l’impatto che ha avuto la Chiesa Cattolica in Ungheria?
La Chiesa cattolica in Ungheria ha ormai quasi 700 scuole e durante il regime avevamo 8 scuole. Una differenza enorme. Il numero delle nostre scuole negli ultimi 9 anni si è raddoppiato. È una sfida molto grande. Ho aperto l’anno scolastico davanti alla Basilica di Santo Stefano con piazza piena di ragazzi che frequentano le scuole cattoliche di Budapest, ma solo due corsi. Però le scuole cattoliche di oggi non sono quelle di prima della guerra, perché ci sono laici che insegnano, speriamo che molti di loro sono cattolici e che loro capiscano l’identità cattolica. Ogni diocesi cerca di organizzare un corso di incontri di formazione speciale intellettuale per i docenti
Che cosa è l’identità cattolica?
Un rapporto con Gesù Cristo, non soltanto culturale, ma nel quadro di questo bisogna conoscere un minimo del contenuto della fede. lla fine degli anni Novanta ero scettico, pensavo che solo quando avremmo ritrovato una scuola e formiato un nuovo corpo docente si sarebbe potuta trovare una forma nuova, perché tutti avevano un modo diverso, una formazione del regime. Ora tutto va meglio . Negli incontri di informazione 700 professori sono venuti ad Esztergom abbiamo avuto il direttore delle scuole cattoliche della Slovacchia, poi abbiamo avuto ungheresi, due anni fa un sudafricano è una motivazione per i professori. Altre diocesi fanno per gruppi più grandi. Cerchiamo di approfondire l’identità in una atmosfera di amicizia e rispetto. Sembra che ci sia un certo successo, ci sono movimenti programmi spirituali non legati alle istituzioni alcune diocesi hanno anche istituzioni sociali, non tutte.
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