Kampala, 23 July, 2019 / 4:00 PM
“Voi africani siete ormai missionari di voi stessi”: Paolo VI lo disse ai vescovi di Africa e Madagascar, riuniti il 31 luglio 1969 nella prima riunione del SECAM. È a un’Africa missionaria di se stessa che si è rivolto Papa Francesco nel messaggio inviato per il Giubileo dell’organizzazione. Ed è un’Africa missionaria di se stessa quella di cui c’è bisogno.
Forse si lega a questa centralità missionaria la decisione di fare del santuario di Munyonyo una basilica minore, un titolo che rafforza il legame con Roma. L’annuncio ufficiale dell’elevazione a basilica minore del luogo dove furono martirizzati anglicani e cattolici insieme arriverà probabilmente il 28 luglio, durante un Messa solenne celebrata dal Cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione del Culto Divino.
Il santuario di Munyonyo è il terzo santuario ad essere riconosciuto come basilica minore in Uganda e il 23esimo in Africa. È un luogo molto significativo, visitato anche da Papa Francesco durante il suo viaggio in Uganda nel novembre 2015. In quel luogo, cristiani – senza distinzione di confessione religiosa – furono condannati dal re Mwanga nel 1886. I primi tre santi martiri furono San Denis Ssebugwawo, Sant’Andrew Kagwaand e San Pontiano Ngondwa, mentre furono uccisi a Namugongo, che oggi è un santuario e che Giovanni Paolo II elevò a Basilica Minore.
Papa Francesco è stato il terzo Papa a visitare l’Uganda. Prima di lui c’era stato Giovanni Paolo II e prima ancora Paolo VI, che fu il primo Papa a mettere piede sul suolo africano. Il 31 luglio 1969, Paolo VI andò a Kampala, celebrò messa nella Cattedrale Rugaba e chiuse l’appena formato Simposio delle Conferenze Episcopali di Africa e Madascar.
Cinquanta anni dopo, si sperava in una seconda visita di Papa Francesco per il Giubileo dell’organizzazione e il governo la aveva persino annunciata. Ma non ha avuto luogo.
Sono in centinaia i delegati, giunti da ogni continente, per festeggiare i cinquanta anni del SECAM. Tra questi, anche il Cardinale Dieudonné Nzapalainga, il più giovane cardinale nel mondo.
Il SECAM si riunisce ogni tre anni, per promuovere comunione, collaborazione e azioni comuni nell’ecumenismo e nel dialogo interreligioso, nonché nella missione.
Cinquanta anni dopo la definizione degli africani come “missionari di sé stessi” da parte di Paolo VI, l’Africa continua ad essere la nazione in cui la popolazione cattolica cresce di più: nel 2010, c’erano 185 milioni di battezzati, mentre nel 2016 il numero era salito a 228 milioni.
C’erano moltissimi vescovi a concelebrare con Paolo VI cinquanta anni fa. Oggi ne sono in vita soltanto quattro: James Odongo (88 anni) e Albert Edward Baharagate (89 anni) dall’Uganda; Raphael Ndingi Mwana (87 anni) dal Kenya; ed Emmanuel Milingo (89 anni) dallo Zambia, che però è stato dimesso allo stato clericale il 17 dicembre 2009, dopo una lunga vicenda dottrinale con la Santa Sede. Paolo VI, nell’occasione, ordinò personalmente 12 vescovi.
Il SECAM raggruppa 40 conferenze episcopali. Sei sono conferenze episcopali regionali e 34 sono Conferenze Episcopali nazionali e internazionali. Quella del Giubileo è la loro XVIII assemblea plenaria. Gli eventi del Giubileo sono iniziati il 21 luglio, con una messa nella cattedrale di Kampala, mentre il 28 luglio 2019 sii celebrerà la Messa di chiusura nel santuario di Namugongo.
È un evento importante, tanto che il presidente dell’Uganda Yoweri Museveni sarà presente in alcuni momenti. Il tema della plenaria del SECAM è “Chiesa, Famiglia di Dio in Africa”.
Il SECAM fu pensato durante il Concilio Vaticano II, a seguito di una preoccupazione dei vescovi africani su alcuni dei comportamenti dei padri conciliari sull’Africa. L’idea di un “simposio” nacque appunto per cercare un punto di vista comune, al di là delle differenze di lingua, storie, tradizioni ed etnie. La sua costituzione fu approvata nel 1968 e fu individuata come prima sede Accra, in Ghana.
Paolo VI, che conosceva bene l’Africa per avervi spesso viaggiato nel suo periodo da arcivescovo di Milano, cominciò a maturare l’idea di un viaggio in Africa, con un pellegrinaggio al santuario di Namugongo dei Martiri dell’Uganda, che lo stesso Paolo VI aveva beatificato l’8 ottobre 1964.
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