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Cercare Dio in tutte le cose ed in tutte trovarlo: Sant'Ignazio di Loyola

Ignazio di Loyola (1491-1556) è stato uno dei grandi santi della Chiesa della fine del mille e cinquecento. Sacerdote, religioso, fondatore della Compagnia di Gesù non ha lasciato nulla al caso, pur di portare la Buona novella al mondo del suo tempo.

La sua esistenza è trascorsa nell'amore a Dio ed all'uomo. Il fondamento della propria spiritualità risiede in questo: cercare Dio in tutte le cose ed in tutte trovarlo. Studio, solidarismo ed attenzione alla società rappresentano solo alcuni di quei temi, cari alla spiritualità gesuitica.

Il percorso spirituale del santo è narrato nella sua Autobiografia, scritta per volere dei primi confratelli, i quali temendo la scomparsa del Padre maestro (come, alle volte veniva chiamato), avevano paura di perdere qualcosa di bello, per la storia della Compagnia. Ed avevano ragione. Questa rappresenta il racconto del suo cammino dalla piccola città di Azpetia (Spagna) per poter giungere in Terra Santa, dove  vivere il vangelo.

Composta  in più momenti e sotto dettatura, nel corso del 1554, da parte del padre Jeronimo Nadal, essa racconta l'esistenza, ma di più la conversione di questo santo che ha fatto del mondo, il luogo del passaggio di Dio.

Sant'Ignazio era molto schivo a parlare di se e della propria anima. Ma dopo aver molto pregato si convinse che ciò serviva come stimolo, per poter essere di aiuto a coloro che avrebbero seguito il suo carisma. Ciò fu preziosissimo in quanto, grazie a quest'attività, oggi conosciamo il valore della sua conversione e della sua opera a favore della Chiesa.

Nel percorso della scoperta della volontà di Dio, Ignazio si affida alla volontà del Padre: non fa nulla di propria decisione, ma ascolta le mozioni interiori e da queste si fa portare. In questo, però, mantiene i piedi per terra: ha una solida coscienza ed un innato equilibrio psicologico che gli consentono di non uscire fuori strada. In fatto di anima e spiritualità è molto cauto ed oltre alla propria dimensione sa consigliare e dirigere anche gli altri. Questa sua attività confluirà negli Esercizi Spirituali che il santo, già, dava, da laico, ai fedeli che si affidavano alla sua esperienza.

Abbandonato alla Divina Provvidenza, privo di ogni aiuto materiale, nel cammino incontrò prove, difficoltà e povertà varie ma il santo, meditando e lodando il Padre, scoprì l'amore della Trinità per la sua esistenza, ma di più per l'uomo. Il dato è richiamato, anche nel suo Diario, nel quale è contenuta parte della propria esperienza spirituale ed ascetica. Seppur frammentario, esso è una testimonianza della profonda meditazione del santo.

Ordinato sacerdote il 24 giugno 1537 a Venezia si diede al ministero sacerdotale portando Dio, a coloro che gli chiedevano sostegno. Aveva 46 anni.

Fedeli, poveri e molti altri trovarono in lui, non solo uno zelante sacerdote ma un padre. Leggendo la Vita che di lui scrisse il padre De Ribadeneira, vi sono contenuti molti episodi che lo presentano come una persona dal tratto affabile e sicuro,  soprattutto molto attento alle necessità dell'altro.

Fondò la Compagnia di Gesù, ottenendo oralmente l'approvazione della Formula istituti, da parte di Papa Paolo III. Era il 3 settembre 1539.

Guardò all'altro come meta dell'amore di Dio per il mondo e cercò di alleviare le necessità dei fratelli. Fondò case per orfani, donne in difficoltà e malati, collegi per l'istruzione e molto altro. A Roma si ricordano: la casa Frangipani, vicino a Ponte Sisto, nella quale i primi gesuiti soccorrevano gli ammalati e fu una delle prime comunità (1538); il Collegio romano (1551); la Casa Santa Marta, per la tutela della donna.

La piccola comunità di Santa Maria della strada fu metà di ogni possibile necessità da quelle spirituali a quelle materiali.

Predicò in molte chiese di Roma la misericordia di Dio, come in quella di Santa Maria in Monserrato, sede di una comunità spagnola.

La sua umiltà ha del prodigioso, la sua povertà del sublime. Ad esempio salpò per Gerusalemme senza denaro e quel poco che aveva lo donò ad un mendicante. Era sempre il primo a donare ciò che portava con se. Ciò è stato confermato, dalle diverse testimonianze, di chi lo accompagnò nei vari spostamenti. Visse povero tanto che nelle Costituzioni dell'Ordine, inserendo il voto di povertà. osservò che i suoi successori potessero modificarlo, solamente, per restringerlo.

Quando doveva prendere una decisione, seguiva una regola molto semplice: diffidare di se, facendo  quanto possibile e confidare, unicamente, in Dio. La stessa regola la espresse in molte della sue Lettere agli amici. Docile all'ascolto del Padre ne cercava la presenza e la volontà.

Amò Dio sopra ogni cosa, ma soprattutto prima di ogni cosa. Con tale volontà morì la mattina del 31 luglio 1556, chiudendo i suoi occhi al mondo, pronunciando solo quella parola che sempre aveva avuto nel cuore “Dio”. Papa Gregorio XV lo canonizzò il 12 marzo 1622

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