Città del Vaticano , 22 June, 2019 / 12:39 AM
“Le prime comunità cristiane hanno spesso presentato il Signore Gesù come un medico. La sua missione consisteva prima di tutto nel farsi vicino alle persone malate o segnate da disabilità, specialmente a quelle che a causa di ciò erano disprezzate ed emarginate. In questo modo Gesù spezza il giudizio di condanna che spesso etichettava il malato come peccatore; con questa vicinanza compassionevole, Egli manifesta l’amore infinito di Dio Padre per i suoi figli più bisognosi”. Lo ha detto il Papa ricevendo stamane in Udienza i Membri della Federazione Internazionale delle Associazioni Mediche Cattoliche in occasione della Consacrazione della Federazione al Sacro Cuore di Gesù.
Tra i pilastri della missione di Cristo - ha ricordato Papa Francesco - vi era “la cura delle persone malate e per questo è rimasta tale anche in quella della Chiesa”.
“Per Gesù - ha aggiunto Francesco - curare vuol dire avvicinarsi alla persona, anche se a volte ci sono alcuni che vorrebbero impedirlo”. Gesù nella cura pone al centro il dialogo e quindi “curare, per Gesù, significa entrare in dialogo per far emergere il desiderio dell’essere umano e la dolce potenza dell’Amore di Dio, operante nel suo Figlio. Perché curare vuol dire dare inizio a un cammino: un cammino di sollievo, di consolazione, di riconciliazione e di guarigione”.
Gesù cura nell’insieme: “non guarisce mai una parte - ha sottolineato il Papa - ma tutta la persona, integralmente. A volte partendo dal corpo, a volte dal cuore, ma sempre per risanare il tutto”.
“Gesù si avvicina, si prende cura, guarisce, riconcilia, chiama e invia: quella con le persone oppresse da malattie e infermità - ha detto ancora il Papa - è per Lui una relazione personale e ricca”.
I medici si mettono alla scuola di Gesù e sono “chiamati a dare le cure con delicatezza e rispetto della dignità e dell’integrità fisica e psichica delle persone. Chiamati ad ascoltare con attenzione, per rispondere con parole adeguate, che accompagnino i gesti di cura rendendoli più umani e quindi anche più efficaci”.
La speranza deve essere posta al centro perché “non si può curare ed essere curati senza speranza; in questo siamo tutti bisognosi e riconoscenti a Dio, che ci dona la speranza. Ma anche riconoscenti verso quanti lavorano nella ricerca medica”.
Così “possiamo e dobbiamo alleviare la sofferenza ed educare ciascuno a diventare più responsabile della propria salute e della salute di vicini e parenti. Dobbiamo anche ricordarci che curare vuol dire rispettare il dono della vita dall’inizio fino alla fine. Non siamo noi i proprietari: la vita ci viene affidata e i medici ne sono i servitori”.
Il medico - ha proseguito concludendo Papa Francesco - è testimone di umanità e ciò “esige da voi competenza, pazienza, forza spirituale e solidarietà fraterna. Lo stile di un medico cattolico unisce la professionalità alla capacità di collaborazione e al rigore etico. E tutto ciò va a beneficio sia dei malati sia dell’ambiente in cui operate”.
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