Monaco, 08 February, 2019 / 9:00 AM
«Il Venezuela ha tutto il sostegno di Papa Francesco, che ha scelto vescovi che fossero dalla parte del popolo e piuttosto invisi al Governo. I vescovi in Venezuela sono dalla parte del parlamento e della gente che protesta. Il popolo venezuelano non ha più nulla da perdere: piuttosto che andare avanti così preferirebbero morire tutti durante una manifestazione».
Le parole di don Alvaro Valderrama Erazo - sacerdote di origine venezuelana e viceparroco nella parrocchia di San Luigi a Monaco di Baviera, dal palco del centro congressi Maternushaus di Colonia, invitato da Aiuto alla Chiesa che Soffre ad una giornata commemorativa del fondatore dell’Opera Pontificia, Padre Werenfried van Straaten – suonano come una risposta “da remoto” ai timori espressi ai giornalisti da Papa Francesco, nella conferenza stampa tenutasi sul volo di ritorno da Panama a Roma, al termine della Giornata mondiale della Gioventù. Il Santo Padre ha detto di soffrire «per quello che sta accadendo in questo momento in Venezuela» e di essere terrorizzato dalla possibilità «di uno spargimento di sangue». Il Pontefice ha inoltre espresso il suo appoggio a «tutto il popolo del Venezuela perché sta soffrendo, quelli di una parte e dell’altra» e ha auspicato «una soluzione giusta e pacifica».
«Dati economici in picchiata, inflazione, povertà e confronti ideologici sulla linea socialista del governo stanno dividendo pericolosamente il Paese», puntualizza don Valderrama, che si mantiene in quotidiano contatto con la sua patria. «La situazione in Venezuela peggiora di giorno in giorno. Dai 4 ai 5 milioni di venezuelani, che troppo a lungo hanno creduto alle promesse del presidente Hugo Chavez, prima, e di Nicolás Maduro dopo, hanno abbandonato le loro famiglie e sono emigrate nei paesi limitrofi in cerca di una vita migliore». «Dopo anni di instabilità economica, il presidente Hugo Chavez – ha spiegato il sacerdote venezuelano – insediatosi nel 1999 con una cosiddetta “rivoluzione boliviana” ha promesso un socialismo del XXI. secolo, dando a molte persone la speranza di giustizia sociale e pace. Nonostante le enormi ricchezze petrolifere il Paese non ha mai raggiunto gli standard della normalità economica. Contrariamente al popolo, solo le elite sono state avvantaggiate dal sistema».
I dati delle Nazioni Unite completano il quadro drammatico tracciato dal sacerdote venezuelano. Dall’inizio dei disordini, ossia dallo scorso 21 gennaio, sarebbero già morte 40 persone in scontri collegati alle proteste. I prigionieri politici, secondo Alfredo Romero, direttore del Foro Penale, entità deputata alla loro assistenza legale, sarebbero quasi mille, solo 850 frutto degli arresti dell’ultima settimana. Malattie infettive che si credevano debellate, come morbillo e difterite, hanno fatto impennare i numeri della mortalità infantile, secondo dati dell’Università Centrale di Caracas pubblicati dalla rivista britannica Lancet Public Health.
Correggendo l’interpretazione dei media occidentali, secondo la quale l’autoproclamazione del presidente del Parlamento Juan Guaidó a presidente di transizione profilerebbe già una nuova deriva autoritaria, don Valderrama ha spiegato che «il presidente Guaidó ha agito invece perfettamente in linea con il dettato costituzionale del Venezuela. La Carta prevede infatti questa possibilità per il presidente del Parlamento e l’indizione di nuove elezioni entro 30 giorni dalla sua proclamazione a capo del governo ad interim».
In questo quadro caotico la Chiesa, secondo il sacerdote venezuelano, è «l’istituzione più credibile di tutto il Paese, l’unica ancora di speranza, perché è rimasta sempre vicino alla gente e ai poveri. I vescovi hanno sempre denunciato con forza tutti i peccati della politica».
Intanto, la Conferenza episcopale del Venezuela, la Conferenza delle religiose e dei religiosi e il Consiglio Nazionale dei laici venezuelano, in un comunicato congiunto, hanno espresso «speranza e determinazione» nell´invitare tutti a «cercare una svolta politica attraverso un processo di trasparente e pacifica transizione che condurrà a libere e legittime elezioni, al ritorno della democrazia, alla restaurazione della supremazia della legge, alla ricostituzione del tessuto sociale, alla ripresa della produzione economica, alla restaurazione del morale del Paese e la riconciliazione di tutto il popolo venezuelano».
I firmatari del comunicato chiedono inoltre «i necessari permessi per avere accesso agli aiuti umanitari come mezzo per mitigare l´impatto della crisi sulla parte più vulnerabile della popolazione. La Caritas del Venezuela e tutte le altre varie istituzioni di aiuto della Chiesa, che dispongono di una capillare rete territoriale, si impegnano a proseguire nel servizio che già stanno fornendo, con equità, inclusività, trasparenza ed efficacia». Il comunicato termina con un appello a riunirsi in preghiera domenica 10 febbraio rivolto «ad ogni chiesa, ogni casa e ogni comunità, chiedendo al Signore di garantirci pace, riconciliazione, libertà e salute nel corpo e nello spirito».
Nel consueto botta e risposta con i giornalisti nel volo di ritorno verso Roma, dopo lo storico viaggio negli Emirati Arabi, Papa Francesco ha confermato di aver ricevuto una lettera da parte del contestato presidente Nicolás Maduro e offerto la sua disponibilità per un ruolo di mediazione: «Prima di partire sapevo che doveva arrivare con un plico diplomatico la lettera di Maduro, ma non la ho ancora letta. Vedremo cosa si può fare. Per arrivare ad una mediazione naturalmente ci vuole la volontà di entrambe le parti. Lo devono richiedere. Adesso vedrò questa lettera e poi capirò che si potrà fare. Ma le condizioni iniziali è che siano le parti a richiedere una mediazione. Noi siamo sempre disposti».
In un´intervista esclusiva rilasciata al corrispondente di Sky Tg24 a Caracas, Nicolás Maduro ha rivelato il contenuto della sua lettera a Papa Francesco: «Ho inviato una lettera a papa Francesco. Spero che sia in viaggio o che sia arrivata a Roma, al Vaticano, in cui scrivo che sono al servizio della causa di Cristo. E con questo spirito gli ho chiesto aiuto, in un processo di facilitazione e di rafforzamento del dialogo. Io chiedo al Papa che produca il suo miglior sforzo, la sua volontà per aiutarci nella strada del dialogo. Speriamo di ricevere una risposta positiva».
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