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Un servizio di EWTN News

Il Papa e la crisi greca. Solidarietà e responsabilità

“Io non capisco bene com’è la cosa, ma certamente sarebbe semplice dire: la colpa è soltanto di questa parte. I governanti greci che hanno portato avanti questa situazione di debito internazionale, hanno anche una responsabilità. Col nuovo governo greco si è andati verso una revisione un po’ giusta. Io mi auguro che trovino una strada per risolvere il problema greco e anche una strada di sorveglianza per non ricadere in altri Paesi nello stesso problema; e che questo ci aiuti ad andare avanti, perché quella strada del prestito e dei debiti alla fine non finisce mai. Mi hanno detto, un anno fa più o meno, ma non so, questa è una cosa che ho sentito, che c’era un progetto nelle Nazioni Unite per il quale un Paese può dichiararsi in bancarotta - che non è lo stesso che il default - ma è un progetto che ho sentito e non so come è andata, se era vero o no. Se un’impresa può fare una dichiarazione di bancarotta, perché un Paese non può farla e così si va all’aiuto degli altri? Questi erano i fondamenti di questi progetto, ma di questo non posso dire niente di più”.

Sulla questione greca – di ritorno dal Sudamerica – Papa Francesco è cauto. Ammette di non conoscere a fondo la situazione e per questo si mostra saggiamente prudente. Tuttavia nelle parole che il Pontefice pronuncia si leggono due architravi del suo pensiero circa vicende del genere: solidarietà e responsabilità.

I governi greci hanno avuto le loro colpe – spiega Francesco – e tuttavia occorre  “una strada di sorveglianza per non ricadere in altri Paesi nello stesso problema; e che questo ci aiuti ad andare avanti, perché quella strada del prestito e dei debiti alla fine non finisce mai”. Responsabilità e solidarietà, dunque. Due caratteristiche che nella vicenda ellenica sono mancate e sembrano ancora mancare, nonostante a Bruxelles ed Atene si continui a discutere.

Il concetto di solidarietà è molto caro al Pontefice. Nel messaggio per l’apertura di Expo aveva chiesto uno sforzo per “globalizzare la solidarietà”. La solidarietà non è una parola, ma è opera. Solidarietà è per Papa Francesco “lottare contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, la terra e la casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi. E’ far fronte agli effetti distruttori dell’impero del denaro”, quello che ha pi volte – anche in Sudamerica – definito lo “sterco del demonio”.

Il tema della solidarietà, più volte affrontato da Papa Bergoglio, è stato ripreso anche dai suoi predecessori. Ma si è trattato di appelli a cui i governi si sono dimostrati sordi. “ Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare, e la perdita della fiducia è una perdita grave”, scriveva profeticamente Benedetto XVI nell’Enciclica Caritas in Veritate.

Papa Francesco ha richiamato tutti alla responsabilità, in particolari i governanti. E lo ha fatto nell’Enciclia Laudato sì, apprezzata quasi universalmente ma evidentemente solo a parole. Il Papa ammonisce: “La politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia. Oggi, pensando al bene comune, abbiamo bisogno in modo ineludibile che la politica e l’economia, in dialogo, si pongano decisamente al servizio della vita, specialmente della vita umana. Il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura. La crisi finanziaria del 2007-2008 era l’occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici, e per una nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa e della ricchezza virtuale. Ma non c’è stata una reazione che abbia portato a ripensare i criteri obsoleti che continuano a governare il mondo”.

Parole che sembrano scritte pensando proprio alla crisi che ha devastato la Grecia.

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