Città del Vaticano , 27 December, 2018 / 1:00 PM
Il Tribunale Vaticano ha applicato per la prima volta la condanna prevista per il reato di autoriciclaggio come disposto dalla riforma del codice penale vaticano del 2013.
La Sala Stampa della Santa Sede ha reso noto, infatti, che Angelo Proietti è stato condannato a due anni e sei mesi di reclusione per il reato di autoriciclaggio con una sentenza del 17 dicembre scorso, e gli è stato confiscato un milione di euro che già era stato sequestrato dalle autorità vaticane nel 2014.
Il comunicato sottolinea che si tratta della “prima volta che nella giurisdizione vaticana viene applicato il reato previsto dall’articolo 421 bis del codice penale”.
Introdotto con la riforma del codice penale del 2013 – una riforma firmata da Papa Francesco, ma cominciata già con Benedetto XVI – l’articolo 421 bis sottolinea che chiunque “sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da un reato grave, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, ovvero impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da un reato grave, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro mille ad euro quindicimila”, e che il crimine “sussiste anche se le attività che hanno generato il denaro, i beni o le altre utilità da riciclare si sono svolte nel territorio di un altro Stato”.
È certamente il caso di Proietti, cittadino italiano che era titolare di un conto presso l’Istituto delle Opere di Religione.
Il caso di Proietti era stato menzionato, senza però mai fare nomi, nel terzo rapporto sui progressi della Santa Sede pubblicato dal Comitato del Consiglio d’Europa MONEYVAL l’8 dicembre 2017. Al punto 13, si parlava infatti di “una compagnia italiana, impegnata nella ristrutturazione di proprietà immobiliare, di proprietà di un uomo d’affari italiano che ha un conto allo IOR”. Il caso, si leggeva nel rapporto, “è stato riportato nel 2013 dall’AIF al promotore di Giustizia, e anche alla Unità di Informazione della Banca d’Italia. Questo ha portato al congelamento del conto allo IOR, ed ha dato anche un contributo alle autorità italiane, che hanno arrestato l’uomo d’affari per bancarotta fraudolenta”.
Era appunto il caso di Angelo Proietti, che è stato anche il primo caso di sequestro preventivo di conti correnti di un cittadino italiano presso lo IOR. Al momento del rapporto, il Vaticano non aveva ancora ravvisato danni, e si definiva che si attendeva la fine del processo in Italia per definire se si fosse configurato un reato di riciclaggio sul suolo vaticano. Proietti è stato successivamente condannato in Italia a 3 anni e 3 mesi di reclusione con rito abbreviato per la bancarotta di tre sue società.
Secondo il comunicato della Sala Stampa della Santa Sede, l’indagine vaticana che ha dato luogo al processo “è il frutto della proficua collaborazione tra l'Ufficio del Promotore di Giustizia, l’Autorità di Informazione Finanziaria (AIF) e la Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano nonché della cooperazione giudiziaria dello Stato italiano”, e “la pronuncia del Tribunale assume fondamentale importanza nell’ottica del sistema di prevenzione del riciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo messo a punto dallo Stato negli ultimi anni”.
All’inaugurazione dell’Anno Giudiziario Vaticano 2018 lo scorso 3 febbraio, il rapporto del Promotore di Giustizia Giampiero Milano sottolineava che In 6 anni sono state 27 le segnalazioni dell’ AIF, l' Autorità di informazione finanziaria, al Promotore di Giustizia dello Stato della Città del Vaticano con “ipotesi di violazione dell’art. 421 bis c.p” la norma antiriciclaggio, e di questi nove sono stati archiviati e per sei si era chiesta l’archiviazione. Milano notava anche che era stata consegnat la prima richiesta di di rinvio a giudizio per autoriciclaggio “un caso assai complesso e delicato, originato da una esposto di una Istituzione vaticana ed un successivo Rapporto dell’A.I.F” e presto ne arriverà un'altra. Possibile si facesse già riferimento al caso di Proietti.
Portando avanti un processo cominciato da tempo, e già riconosciuto dal primo rapporto di MONEYVAL del 2012, lo IOR aveva avviato un processo di revisione dei conti.
Tre sono le fasi che si sono succedute dal 2013 ad oggi, cioè dall’elezione di Papa Francesco preceduta di poco dalla nomina di Ernst von Freyberg come presidente del Consiglio di Sovrintendenza dell’Istituto. Nei primi anni, la necessità era quella di dimostrare una totale trasparenza, e si è conclusa con il processo di revisione dei conti dello IOR e la chiusura di molti conti dormienti. Poi, c’è stata la fase della riaffermazione della missione dello IOR, confermata dopo che Papa Francesco aveva stabilito una Pontificia Commissione Referente per vederci chiaro sulla missione dell’Istituto. E ora, è la fase del rafforzamento della nuova identità dell’Istituto.
Nel rapporto IOR 2017, il Cardinale Santos Avril y Castellò, presidente della Commissione Cardinalizia, sottolinea nella presentazione del rapporto che si è deciso di affidarsi “ai tribunali competenti per accertare la responsabilità di soggetti che in passato, a vario titolo” hanno tradito la fiducia dell’Istituto e lo hanno “gravemente danneggiato”, e questo “nonostante i consistenti accordi transativi proposti da alcuni degli interessati per riparare ai danni causati dall’Istituto con le loro condotte”.
Il riferimento, nemmeno troppo indiretto, era alla mala gestione di cui sono stati giudicati colpevoli due ex dirigenti dello IOR e al processo contro l’ex presidente del Consiglio di Sovrintendenza Angelo Caloia per una cattiva gestione del patrimonio immobiliare – processo che tocca anche l’avvocato Liuzzi e l’ex direttore generale Lelio Scaletti, ora defunto.
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