Roma, 12 December, 2018 / 11:00 AM
Non è facile riassumere la vita di un teologo in un articolo. Di Robert Spaemann che si è spento a Stoccarda il 10 dicembre scorso a più di 91 anni come emerito della Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco di Baviera si può però dire che era un teologo della ragione. Forse per questo era molto ammirato da Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, che lo aveva voluto come relatore allo Schülerkreis del 2013, il primo dopo la rinuncia, e dal cardinale Camillo Ruini.
Il suo testo autobiografico in forma di dialogo “Dio e il mondo. Un'autobiografia in forma di dialogo” in Italia edito da Cantagalli mette in luce anche questo aspetto: meglio vivere con la presenza di Dio.
Perché così si può evitare la mancanza della consapevolezza del fine. La crisi esistenziale dell’uomo contemporaneo in fondo può e deve essere ricondotta all’assenza di una riflessione sul perché io compia o non compia una determinata azione, sul significato che questa azione finisce con l’avere. Se vogliamo, anche questa crisi deriva dall’assenza della percezione dell’identità ultima dell’uomo. E in prospettiva dall’assenza di Dio. Uno dei suoi libri , “Fini naturali. Storia & riscoperta del pensiero teleologico” è stato definito dal Cardinale Ruini “il capolavoro di Spaemann assieme a ‘Persone. Sulla differenza fra qualcosa e qualcuno’”.
“In questo libro risulta chiaro il modo originale di Robert Spaemann di fare filosofia. Si muove dall’interno del pensiero sia antico che moderno. Spaemann punta alla promozione di una vita buona dando origine a una forma originale di dialogo fra il Cristianesimo e il mondo e la cultura oggi prevalenti”. E Spaemann presenta il percorso del pensiero occidentale che dopo esser giunto a rinunciare alla teleologia ora sente la necessità di riscoprirla. Si tratta di una difesa del mondo della natura dalle sue riduzioni meccanicistiche.Quello che si può trarre dalla lettura del libro è che la natura deve essere guardata come se avesse qualche fine in se stessa non riducibile a qualcosa che gli uomini potrebbero fare. Non si sentono gli echi della cura del creato che tanto promuove Papa Francesco.
C’è un testo del teologo Spaemann inserito in un volume che raccoglie le riflessioni delle giornate promosse nel 2009 dal Progetto Culturale della CEI guidato da Camillo Ruini: Dio oggi. diversi i saggi del libro edito da Gantagalli.
Nel suo “ La ragionevolezza della fede in Dio” Spaemann percorre il concetto stesso di ragione attraverso le onde agitate della scienza e del naturalismo. Un testo impegnativo e bellissimo di cui riporto solo una frase: “ La fede cristiana non ha mai considerato l’uomo tanto libero come ha fatto l’idealismo, ma nemmeno lo considera così privo di libertà come fa oggi invece lo scientismo. Ragione, ratio significa tanto ragione quanto fondamento. La visione scientifica del mondo considera il mondo e dunque anche se stessa come priva di fondamento. La fede in Dio è la fede in un fondamento del mondo che non è senza fondamento, dunque irrazionale, ma “luce”, trasparente a se stessa e così suo proprio fondamento”.
Può bastare anche questo solo passaggio per ricordare il lavoro di Robert Spaemann. O magari si può risentire la sua voce in una intervista.
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