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Diplomazia pontificia, la geopolitica al Concistoro, la questione cattolica in Slovacchia

Il Concistoro porta con sé tre temi diplomatici di rilievo. La visita del presidente Pellegrini. La situazione in Siria. Iniziato il viaggio di Gallagher in Azerbaijan.

Papa Francesco, Pellegrini | Il presidente slovacco Pellegrini saluta Papa Francesco | Vatican Media / ACI Group Papa Francesco, Pellegrini | Il presidente slovacco Pellegrini saluta Papa Francesco | Vatican Media / ACI Group

Serbia, con annessa la questione del Kosovo, Iran e Ucraina sono i tre fronti caldi sui quali Papa Francesco sembra aver dato un segnale in occasione del concistoro dello scorso 7 dicembre, con il quale ha creato 20 nuovi cardinali elettori e un cardinale non elettore. Ucraina e Gaza sono stati i temi più discussi del Papa negli incontri con presidenti e primi ministri. Con il presidente slovacco Peter Pellegrini, lo scorso 9 dicembre, si è trovata una convergenza sui temi della pace molto forte, come spiega lo stesso presidente in una intervista esclusiva con ACI Stampa che viene riportata oggi.

La presidente slovena Pirc Musar, intervistata la scorsa settimana, aveva invece parlato di alcune differenze di posizione sulla questione della guerra in Ucraina, mentre il primo ministro ungherese Viktor Orbán, che era andato nella sua capacità di presidente di turno dell’Unione Europea compiendo un viaggio già programmato ad ottobre, ma rinviato per le inondazioni in Ungheria, aveva portato il suo piano di pace, iniziando l’offensiva diplomatica europea che aveva iniziato con un viaggio a Mosca all’inizio della sua presidenza UE.

Resta sullo sfondo la questione siriana, ritornata con prepotenza nelle cronache. Papa Francesco aveva dedicato la sua prima grande iniziativa diplomatica al confitto in Siria, con una giornata di digiuno per la pace le cui intenzioni si erano estese a tutto il fronte mediorientale. In quell’occasione – era il settembre 2013 – l’allora “ministro degli Esteri vaticano”, Dominique Mamberti (oggi cardinale e prefetto della Segnatura apostolica) aveva incontrato sia il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, sia i giornalisti in una conferenza stampa in Sala Stampa della Santa Sede, delineando le questioni più dirimenti per il Vaticano – tra l’altro, si diceva no ad una zona cuscinetto destinata ai rifugiati di guerra, e si sosteneva l’integrità territoriale della Siria. In questa settimana, ha parlato di Siria il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ma anche il Cardinale Mario Zenari, nunzio in Siria.

La nuova situazione è stata discussa anche in uno dei regolari pranzi che l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha con gli ambasciatori presso la Santa Sede provenienti dall’Unione Europea. L’ultimo incontro, che ha avuto in questa settimana, ha visto l’arcivescovo esporsi sulla situazione in Siria, paventando il rischio che le comunità cristiane – nonostante i proclami di buona volontà dei ribelli – possano essere in pericolo. Sarà uno dei grandi temi del vicino futuro, che ritorna ciclicamente in un Medio Oriente scosso da guerre spesso tutte interne all’Islam, dove la componente sciita contrasta quella sunnita e viceversa, cambiando i rapporti di forza. Anche il fenomeno dell’ISIS, aveva spiegato padre Samir Khalil Samir, gesuita, il più grande esperto di Medio Oriente, andava letto proprio nell’ottica di uno scontro tutto interno all’Islam.

Così, la scelta per i cristiani nella regione è se adattarsi ad un regime autoritario, che formalmente garantisce alcune libertà ma ne nega altre, oppure se accettare un governo di stampo islamico con sfumature islamiste, che può arrivare ad esercitare una aperta persecuzione contro i cristiani.

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Nel corso della settimana, Papa Francesco ha affrontato la situazione del Medio Oriente con due interlocutori di eccezione: il presidente di Palestina Mahmoud Abbas (Abu Mazen), per la quinta volta in vaticano, e il primo ministro del Libano ad interim Najib Miqati.

In questi giorni, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, è in viaggio in Azerbaijan. Lo scopo del viaggio è la posa della prima pietra della nuova chiesa a Baku dedicata a San Giovanni Paolo II, ma sono previsti anche incontri con il presidente e con il ministro degli Esteri. E chissà se in agenda non finirà anche la difficile e ancora non risolta questione del Nagorno Karabakh e della preservazione del patrimonio cristiano della regione.

Capitolo Anno Santo: tra le varie iniziative, ce n’è una del Principato di Monaco, il cui ufficio postale ha realizzato un trittico filatelico in occasione dell’Anno Santo. L’ambasciatore di Monaco presso la Santa Sede Philippe Orengo consegnerà personalmente il trittico a Papa Francesco il prossimo 18 dicembre, nell’auletta Paolo VI, prima dell’udienza generale.

                                                           FOCUS SLOVACCHIA

Slovacchia e Santa Sede, relazioni storiche e convergenza sui temi

La visita del presidente slovacco Peter Pellegrini a Papa Francesco non ha solo confermato le ottime relazioni bilaterali, ma ha anche messo in luce una convergenza importante tra Slovacchia e Santa Sede su temi centrali come la questione ucraina e la situazione di Gaza. E se su Gaza c’è un consenso internazionale unanime che vorrebbe la fine della guerra, è più difficile trovare convergenza con Papa Francesco sulla questione della guerra in Ucraina. Papa Francesco chiede un cessate il fuoco immediato, mentre il mondo occidentale riflette piuttosto su una pace giusta e sul supporto da dare all’Ucraina perché non soccomba.

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Il presidente Pellegrini ha parlato dei temi dell’incontro con Papa Francesco in una conversazione con ACI Stampa poco dopo l’udienza.

“Abbiamo – ha detto il presidente – la stessa opinione sulla questione ucraina. Apprezziamo realmente che il Santo Padre e la Santa Sede punta ad avere negoziati il più presto possibile. Questo significa fermare immediatamente l’uccisione delle persone e di tentare di risolvere il problema attraverso i negoziati, e non la guerra. In Slovacchia, non vediamo una soluzione militare per questa situazione”.

Pellegrini ha sottolineato che la Slovacchia ritiene piuttosto che si debba “cominciare un cessate il fuoco immediatamente, e solo dopo cominciare i negoziati. È una visione simile a quella del Santo Padre”.

Il colloquio tra Papa Francesco e il presidente slovacco ha riguardato non solo l’Ucraina, ma anche la difficile situazione a Gaza, dove “si trovano bambini, donne senza acqua e senza cibo, e questo è qualcosa di incredibile”.

Pellegrini ha detto che la conversazione con il Papa ha toccato anche le questioni interne slovacche, e in “generale il modo in cui le società sono polarizzate al momento, come succede anche nel mio Paese.

Papa Francesco mi ha chiesto di continuare la mia missione come presidente con lo scopo di unire di nuovo la società, di mettere in contatto le vecchie generazioni con le nuove, e di dare ai giovani qualche speranza pur prendendosi cura degli anziani, e di essere un simbolo di unità per la società”.

Il Papa – ha aggiunto il presidente – “mi ha incoraggiato a fare il mio meglio per essere un presidente di tutti, sia di quelli che hanno votato per me che di quelli che non lo hanno fatto, e di essere un leader per l’intera nazione, e ho promesso che avrei fatto il mio meglio”.

Pellegrini ha anche firmato un protocollo di intesa con la Conferenza Episcopale Slovacca, stabilendo una cappellania nell’ufficio di presidenza. “La cappella – racconta – è dedicata a Santa Barbara, e la abbiamo inaugurata proprio nel giorno della santa. Trattiamo tutte le religioni allo stesso modo in Slovacchia, ma la nazione slovacca è comunque tra le nazioni più cattoliche di Europa. E così, il presidente mostra questa connessione, perché se non ci sono privilegi tra le religioni, è comunque naturale avere una comunicazione privilegiata con la Chiesa cattolica”.

                                                           FOCUS CONCISTORO

Concistoro, i temi diplomatici

Ci sono tre particolari temi diplomatici che hanno toccato il Concistoro di Papa Francesco: il rapporto con la Serbia, che guarda anche da un eventuale rapporto con Mosca; la questione ucraina, sulla quale Papa Francesco ha lanciato un segnale; e il contesto mediorientale.

La creazione a cardinale dell’arcivescovo di Belgrado Ladislav Nemet rafforza il peso della gerarchia cattolica in Serbia, Paese a maggioranza ortodosso. Il primo cardinale della Serbia potrebbe aprire la strada ad un primo viaggio di Papa Francesco nel Paese.

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Finora, un viaggio del Papa in Serbia è stato impedito da ragioni di opportunità, soprattutto per le possibili tensioni con la Chiesa Ortodossa locale. Una delle tensioni riguardava la possibile canonizzazione del cardinale croato Aloizije Stepinac (1898 – 1960), considerato da parte ortodossa un collaborazionista nazista. Papa Francesco, per superare le divergenze, ha stabilito una commissione mista di esperti cattolica – ortodossa, che si è riunita tra il 2016 e il 2017 per concludere che le divergenze rimanevano. Papa Francesco aveva poi, nel 2019, tornando dal suo viaggio in Bulgaria e Macedonia, aveva chiuso le porte alla canonizzazione, ricordando che comunque il cardinale Stepinac era già beato.

Papa Francesco non aveva mai mancato di sottolineare la sua stima per il patriarca serbo Irenej. Irenej è morto nel 2020, sostituito dal Patriarca Porfirije, e sono così continuati i contatti tra Santa Sede e Serbia. Si parla di un viaggio del Papa nel Paese dal 2014, negli scorsi anni si parlava persino di un comitato per il viaggio già stabilito, mentre l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro degli Esteri vaticano, ha visitato il Paese nel 2021, e il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, nel 2024.

L’arcivescovo di Belgrado Nemet è anche vicepresidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali di Europa (CCEE), che riunisce i presidenti delle Conferenze Episcopali di 33 Stati europei. Durante la plenaria del CCEE a Belgrado lo scorso giugno ha organizzato un incontro dei membri dell’organismo con il Patriarca Porfirije.

Ci sono tutti gli indizi che fanno pensare che il Papa stia concretamente pensando ad un viaggio in Serbia. Tra l’altro, il ponte con la Chiesa Ortodossa Serba sarebbe anche un passo verso il Patriarcato di Mosca, che è da tempo legato da stretti rapporti.

Nei rapporti tra gli Stati, resta la questione del Kosovo. La Santa Sede non lo ha mai riconosciuto, pur mantenendo buoni rapporti e avendo stabilito un delegato apostolico a Pristina nella persona del nunzio in Slovenia. Il Kosovo ha da poco aperto un ufficio di liaison con la Santa Sede a Roma. Si tratta di una situazione complessa, perché la Serbia non potrebbe mai accettare il riconoscimento formale del Paese.

Tuttavia, l’interesse serbo è forte, e si parla già di iniziative ecumeniche a Roma o a Belgrado per portare avanti l’amicizia ed, eventualmente, pensare ad un viaggio del Papa a Belgrado. Sarebbe la prima volta.

La presenza di un cardinale proveniente dall’Iran – il missionario belga Josep Mathieu – è anche significativa.

Lo scorso 20 novembre, Papa Francesco, incontrando i partecipanti al XII Colloquio del Dicastero per il Dialogo Interreligioso con il “Centro per il Dialogo interreligioso e interculturale” di Teheran, ha affermato: “La sorte della Chiesa cattolica in Iran, un ‘piccolo gregge’, mi sta molto a cuore. E la Chiesa non è contro il governo, no, queste sono bugie!"

La Santa Sede ha guardato all’Iran come interlocutore sin dall’inizio del conflitto a Gaza. Il 5 novembre 2023, Papa Francesco aveva avuto un colloquio telefonico con il presidente al Raisi – il quale è poi morto in un incidente di elicottero il 19 maggio 2024.

Il colloquio era stato chiesto dallo stesso presidente, e i comunicati iraniani sottolineavano che l’Iran aveva sempre apprezzato gli appelli di Papa Francesco per un cessate il fuoco a Gaza.

Prima della telefonata tra il Papa e al Raisi, il 30 ottobre 2023, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, aveva avuto un colloquio telefonico con il suo omologo iraniano Amir Abdollahian. Anche questa conversazione era stata sollecitata da Teheran. La Sala Stampa della Santa Sede, nell’occasione, prese la gestione della comunicazione, sottolineando che “nella conversazione, monsignor Gallagher ha espresso la seria preoccupazione della Santa Sede per ciò che sta accadendo in Israele e Palestina, ribadendo l’assoluta necessità di evitare l’allargamento del conflitto e di raggiungere una soluzione di due Stati per una pace stabile e duratura in Medio Oriente”.

Ogni parola del comunicato era pesata. In particolare, il riferimento alla soluzione dei due Stati sottolineava che la Santa Sede non avrebbe mai accettato, nemmeno come eventualità, la non esistenza dello Stato di Israele.

Gallagher e Amirabollahian si eranoo incontrati lo scorso 25 settembre a margine della Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, e in quell’occasione l’Iran sollecitò la Santa Sede ad una alleanza delle religioni contro la profanazione dei testi sacri.

Gallagher fece sapere, da parte sua, che apprezzava il nuovo dialogo nelle relazioni tra Arabia Saudita e Iran. In generale, la Santa Sede ha sempre favorito lo sviluppo di relazioni tra i Paesi del Medio Oriente, guardando con favore sia gli approcci tra Arabia Saudita e Israele, sia ai cosiddetti “Accordi di Abramo”.

La Santa Sede è stata anche tra quelli che avevano favorito gli accordi sul nucleare iraniano, accordo che sperava potesse essere un modello per altri accordi simili in Medio Oriente. Quando, nel 2018, il presidente Trump decise di abbandonare “l’accordo iraniano”, la Santa Sede mostrò preoccupazione guardando alla possibile instabilità causata nella regione da un Iran sempre più isolato.

Con la creazione di un cardinale a Teheran, Papa Francesco non tende solo una mano al piccolo gregge locale, che vive anche situazioni difficili – per esempio, nel 2021 ad una suora, Giuseppina Berti, fu rifiutato il rinnovo del visto dopo 26 anni di servizio nel lebbrosario di Tabriz.

Papa Francesco vuole dimostrare anche una presenza nella regione, bilanciando anche dal punto di vista ecclesiale le forze. La presenza di una berretta rossa a Teheran, infatti, fa da contraltare alla presenza di una berretta rossa a Gerusalemme. Nel 2023, Papa Francesco creò cardinale il patriarca latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa. La sua nomina aggiunse peso all’incarico del Patriarca, e lo testimonia il fatto che il suo cardinalato fu festeggiato anche dai governi del Patriarcato latino.

Infine, resta centrale la questione dell’Ucraina. Papa Francesco non ha mai fatto mancare gli appelli per la pace in Ucraina. In quest’ultimo concistoro, ha creato cardinale Mykola Bychok, eparca dei Santi Pietro e Paolo a Melbourne per i greco cattolici ucraini in Australia.

Quella di Bychok è una scelta particolare. Papa Francesco non ha voluto creare cardinale l’arcivescovo maggiore della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, Sviatoslav Shevchuk, e questo nonostante il suo predecessore, Lubomyr Husar, fosse cardinale.

Papa Francesco conosce bene Shevchuk, che prima di diventare capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina era eparca a Buenos Aires. Shevchuk, da parte sua, ha sempre mostrato molto rispetto per il Papa, riservandosi però di mettere in luce alcune posizioni critiche prese dal Santo Padre.

Non è successo solo in occasione del conflitto in Ucraina. Shevchuk, per esempio, mise in luce alcune problematiche del testo della Dichiarazione dell’Avana, firmata nel 2016 da Papa Francesco e dal patriarca di Mosca Kirill, sottolineando che la dichiarazione accettava in alcuni passaggi il solo punto di vista russo.

In prima linea dall’inizio della guerra, con messaggi prima quotidiani e ora mensili indirizzati al popolo, Shevchuk è ovviamente un bersaglio molto facile. Da molti è accusato di eccessivo nazionalismo, specialmente da parte russa.

Papa Francesco sembra non vuole irritare Mosca, con cui continua a mantenere un rapporto. Allo stesso tempo, non vuole far mancare il supporto all’Ucraina. Da qui, la scelta di Bychok, il più giovane dei cardinali, guida di un gregge molto piccolo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina.

Si va alle periferie, insomma, per evitare il possibile conflitto che si creerebbe nel centro.

La creazione cardinalizia di Bychok ha il privilegio di permettere alla Santa Sede di continuare i buoni rapporti con l’Ucraina e allo stesso tempo di non trovarsi sotto la pressione di Mosca. La controindicazione è che Shevchuk potrebbe perdere di autorevolezza in patria, non tanto dal punto di vista religioso – è arcivescovo maggiore, ma è praticamente come se fosse un patriarca per la sua Chiesa – quanto dal punto di vista politico. Questo, però, non sembra essere un tema. Negli scorsi giorni, il Sinodo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina è stato ricevuto dal ministero degli Esteri. Un segno che in Ucraina si guarda ancora alla Chiesa Greco Cattolica come interlocutore privilegiato.

Le delegazioni al Concistoro

Le questioni diplomatiche del concistoro sono indicate anche dalla presenza delle delegazioni diplomatiche. In genere, quando un cardinale viene creato, la nazione da cui il cardinale proviene manda una delegazione di alto livello.

Sempre presente e al massimo livello l’Ordine di Malta, con il Gran Maestro Fra’ John Dunlap. Interessante la presenza di Vebi Miftari, dell’ufficio dei contatto del Kosovo presso la Santa Sede. Si tratta di un ufficio di liaison, non un ufficio diplomatico, perché la Santa Sede non ha ancora riconosciuto l’indipendenza del Kosovo, annunciata il 17 febbraio 2008.

Finora, però, le relazioni tra Kosovo e Santa Sede si sono sviluppate a livello pre-diplomatico. Già dal 2009, la Santa Sede aveva nominato il nunzio in Slovenia come delegato apostolico in Kosovo, e il Kosovo nello stesso anno aveva nominato un responsabile con il grado di ambasciatore.

Durante l’assemblea generale delle Nazioni Unite, il Cardinale Parolin ha incontrato in bilaterale presidente e primo ministro del Kosovo. Si pensa ora ad un ufficio della Santa Sede in Kosovo, ma anche questo sarebbe un ufficio prediplomatico, una sorta di “residenza” per il nunzio. Con questa presenza, che andava ad onorare il Cardinale Nemet come presidente della Conferenza Episcopale dei Santi Cirillo e Metodio – che include anche il Kosovo – Pristina ha continuato il suo percorso per cercare di ottenere un riconoscimento vaticano.

Dal Brasile, per il neo-cardinale Spengler, si è mosso persino il vicepresidente della Repubblica Geraldo José Rodrigues Alckmin Filho, in rappresentanza del presidente Lula. Lula ha cercato molto l’appoggio vaticano, e in particolare di Papa Francesco, che aveva invitato anche al G20 tenutosi in Brasile dove è stata lanciata l’alleanza per la povertà.

Il Canada, che annovera il nuovo cardinale Francis Leo, ha inviato il ministro dello Sviluppo Economico Filomena Tassi, mentre dalla Costa d’Avorio è arrivata Anne Desirée Ouloto, ministro della Funzione Pubblica, e dall’India il ministro per le Minoranze Shri George Kurian, che ha onorato il neo-cardinale Georges Koovakad.

L’Irlanda ha inviato il ministro degli Esteri Sean Fleming, mentre la Lituania, che annoverava tra i nuovi cardinali l’arciprete coadiutore di Santa Maria Maggiore Rolandas Mackrickas, ha incviato alla cerimonia Marijus Gudynas, viceministro degli Esteri e Diana Nausedienne, consorte del presidente della Repubblica Nauseda, che era invece alla riapertura di Notre Dame.

Il Cile ha inviato Macarena Lobos, sottosegretario generale alla presidenza, mentre il Perù ha inviato Alberto Campana, dirigente generale del Ministro degli Esteri. C’erano quattro nuovi cardinali italiani, e l’Italia ha inviato Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei Ministri. Prossimamente, come tradizione, il presidente della Repubblica Italiano inviterà i nuovi cardinali italiani a pranzo al Quirinale.

                                                           FOCUS GALLAGHER

Gallagher in viaggio in Azerbaijan

L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario del Vaticano per le relazioni con gli Stati e le organizzazioni internazionali, ha iniziato lo scorso 13 dicembre una visita di tre giorni in Azerbaijan.

Lo scopo principale della visita è benedire il sito e posare la prima pietra per una nuova chiesa nella capitale, Baku, dedicata a San Giovanni Paolo II.

L'arcivescovo Gallagher incontrerà i rappresentanti religiosi locali sabato 14 dicembre e visiterà il Centro educativo "Meryem Merkezi", gestito dalle Missionarie della Carità.

Sempre il 14 dicembre, sarà benedetto il luogo della chiesa dedicata a San Giovanni Paolo II e sarà posata la prima pietra.

Il 15 dicembre, l'arcivescovo presiederà la celebrazione eucaristica presso la Chiesa dell'Immacolata Concezione a Baku. Quindi, parteciperà ad un incontro interreligioso con lo sceicco Ul-Islam Allahshukur Pashazade.

Il 16 dicembre, l'arcivescovo Gallagher incontrerà il presidente dell'Azerbaijan, Ilham Aliyev, e a seguire il ministro degli Esteri, Jeyhun Bayramov.

                                                           FOCUS UCRAINA

La Chiesa Greco Cattolica Ucraina dal ministero degli Esteri di Kyiv

Mentre a Roma arriva una delegazione guidata da Epifaniy, capo della Chiesa Ortodossa Ucraina, il Sinodo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina si riuniva per la sua 81esima sessione, e per la prima volta concludeva l’incontro facendo visita al ministero degli Esteri, ricevuti dal ministro Andriy Sybiga e i suoi assistenti.

Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, padre e capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, ha osservato che questa è la prima volta che si tiene un incontro a questo livello, perché il Sinodo permanente è il massimo organo di governo della Chiesa nel periodo intersinodale.  

Sua Beatitudine ha sottolineato l’opportunità per le autorità ucraine di “ascoltare contemporaneamente la voce dei pastori del popolo ucraino provenienti da diversi paesi del mondo: Stati Uniti, Canada e Polonia”.

Durante l’incontro, si è parlato di come opporsi ai tentativi della Federazione Russa di invadere l'identità ucraina a seguito dell'aggressione russa in Ucraina e nel mondo.

"Durante gli ultimi tre anni di guerra, circa sette milioni di cittadini ucraini hanno lasciato le loro case e sono andati all'estero. Diversi milioni di altri sono diventati emigranti nell'ultimo secolo e mezzo. È per loro che servono attivamente le nostre strutture gerarchiche, che devono essere rafforzate dai sacerdoti ucraini per provvedere adeguatamente ai bisogni spirituali dei nostri connazionali", ha affermato Shevchuk. E questo perché “dove c'è una Chiesa greco-cattolica ucraina all'estero, lì si conservano la lingua, la cultura e i costumi ucraini"

Sua Beatitudine ha poi dichiarato che il Sinodo Permanente "è pronto a lavorare in sinfonia con le istituzioni diplomatiche dell'Ucraina per il bene dell'Ucraina e degli ucraini".

                                                           FOCUS MEDIO ORIENTE

Siria, il cardinale Parolin spera in un futuro di rispetto per tutti

Il 10 dicembre, a Milano per un incontro alla Cattolica sul dialogo con il mondo islamico, il cardinale Pietro Parolin ha parlato con i cronisti, commentando la situazione in Siria.

Il Segretario di Stato vaticano ha notato la velocità con cui il regime è stato spazzato via, ha parato con prudenza di un possibile rispetto delle comunità cristiane, ha sottolineato che la Santa Sede

“approfitta di ogni situazione per cercare condizioni per dialogare e risolvere i problemi”.

Il cardinale auspica “un regime rispettoso per tutti” creato da chi possa subentrare al potere”.

Per quanto riguarda la Santa Sede, il Cardinale Parolin ha guardato ad altri scenari. Per esempio, ha notato che in Ucraina “non è stato avviato alcun tipo di negoziato formale, ma approfittiamo di tutte le situazioni per cercare condizioni che permettano di avviare un dialogo e risolvere un problema nel senso del cessate il fuoco, nel senso della liberazione degli ostaggi in Medio Oriente, e degli aiuti umanitari”. Sono questi – ha detto il Segretario di Stato vaticano – “gli ambiti su cui ci stiamo muovendo”.

Parlando invece dell’iniziativa della Cattolica, che promuove borse di studio per coloro che si occupano di cultura islamica, il Cardinale ha sottolineato di avere piacere che l’istituzione “si sia fatta promotrice di questa iniziativa che permette di capirsi, di approfondire la reciproca conoscenza e la reciproca collaborazione”, perché “oggi la sfida è proprio quella di collaborare insieme per dare una risposta alle tante problematiche e difficoltà che il mondo si trova a vivere. C’è bisogno di recuperare sinergia, c’è bisogno di recuperare cooperazione”.

Parolin è intervenuto al convegno alla Cattolica insieme al rettore Elena Beccalli, presenti anche Muhammad Al Issa e Wael Farouq, professore associato di lingua e letteratura araba dell’ateneo.

Siria, il Cardinale Zenari: speriamo nella riconciliazione

Mentre in Siria si è stabilito un governo di transizione, il Cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco, parlando a Vatican News, ha ricordato che “chi ha preso il potere ha promesso che rispetteranno tutti, ma la strada è ancora tutta in salita. La comunità internazionale abolisca le sanzioni, sono un peso che grava sulla povera gente”.

A Damasco è stato abbattuto anche il monumento dedicato ad Hafez al Assad, padre del presidente Bashar, che ora è a Mosca.

Tutti i prigionieri sono stati rilasciati e i ribelli hanno invitato i cittadini e i combattenti a preservare i beni dello Stato. Israele è penetrata nel territorio siriano per distruggere le infrastrutture che potrebbero cadere in mano di terroristi stranieri.

Il Cardinale Zenari auspica l’arrivo di prosperità anche in Siria, e si appella alla comunità internazionale perché vengano eliminate le sanzioni che hanno messo in ginocchio la popolazione.

Il nunzio ha notato che “i ribelli hanno incontrato i vescovi ad Aleppo subito, nei primi giorni, assicurando che rispetteranno le varie confessioni religiose e rispetteranno i cristiani. Speriamo che mantengano questa promessa e che si vada verso una riconciliazione e che oltre alla riconciliazione la Siria possa trovare anche un po’ di prosperità, perché la gente ormai non ne poteva più”.

Il cardinale poi si è augurato che “quelli che hanno preso potere mantengano la promessa di rispettare e di creare una nuova Siria su basi democratiche, l’augurio è che anche la comunità internazionale risponda, magari abolendo le sanzioni, perché sono un peso che grava molto soprattutto sulla povera gente. Voglio sperare che, poco a poco, vengano eliminate le sanzioni”.

                                                           FOCUS AMERICA LATINA

Nicaragua, è ancora persecuzione contro i cristiani: le suore espulse dal Paese

Tutte le suore residenti in Nicaragua dovranno lasciare il Paese entro la fine dell’anno. L’ultimatum è arrivato nei giorni scorsi a tutte le comunità femminili presenti in Nicaragua dal regime di Daniel Ortega, che in questi anni ha preso misure sempre più restrittive nei confronti della Chiesa Cattolica. Le suore dovranno trasferirsi nei Paesi vicini, riparando nelle sedi delle loro Congregazioni.

Il 13 novembre, Ortega aveva espulso dal Carlos Enrique Herrera Gutiérrez, vescovo di Jinotega e Presidente della Conferenza Episcopale del Nicaragua, mentre alle religiose erano già state bloccate le organizzazioni non profit da loro promesse.

Nel corso del mese di novembre ad altri tre sacerdoti è stato vietato l’ingresso nel Paese. Tra questi p. Asdrúbal Zeledón Ruiz, diocesi di Jinotega, e p. Floriano Ceferino Vargas, che è andato in esilio a Panama dopo essere stato rapito da agenti degli apparati dopo una messa celebrata nella chiesa di San Martín nella diocesi di Bluefields, suffraganea dell’arcidiocesi di Managua.

Secondo le stime del rapporto ‘Nicaragua ¿Una Iglesia perseguida?’, dall’aprile 2018, più di 250 religiosi sono stati espulsi, banditi o costretti all’esilio a causa del blocco dell’immigrazione.

                                                           FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede alla FAO, “il diritto al cibo è questione di sicurezza”

Lo scorso 11 dicembre, si è tenuto al Campus Biomedico di Roma un convegno internazionale sul tema “Il diritto al cibo e la sua protezione a livello internazionale”. La conclusione dei lavori è stata affidata a monsignor Fernando Chica Arellano, Osservatore Permanente della Santa Sede presso la FAO, l’IFAD e il PAM.

Nel suo intervento, monsignor Chica ha notato in particolare l’importanza del binomio “scienza politica” per il “perseguimento del diritto al cibo per tutti”, ricordando che la FAO è una agenzia specializzata del sistema delle Nazioni Unite con un mandato “precipuamente incentrato sulla promozione del settore rurale e sulla riduzione della fame nel mondo”, e si contraddistingue non solo per la perizia tecnica, ma anche per la “funzione di coordinamento politico tra gli Stati a livello internazionale”.

Chica Arellano ricorda anche la funzione del Comitato per la Sicurezza Alimentare Mondiale (CFS), diventato dal 2009 la principale piattaforma internazionale e intergovernativa inclusiva che molteplici stakeholder possono collaborare per garantire la sicurezza alimentare e la nutrizione per tutti.

Sono due esperienze concrete che “dimostrano che la strategia vincente” per raggiungere l’obiettivo di un mondo liberato dalla fame a partire dal 2030 “risiede in una proficua e stretta relazione tra il versante scientifico e quello politico, in cui gli attori di questi due comparti devono ascoltarsi con sincera apertura, dialogare con indefessa convinzione, animati sempre dal comune desiderio di promuovere il bene comune e tutelare la dignità umana”.

Rivolgendosi agli studenti, Chica Arellano ha sottolineato che loro “hanno un compito essenziale affinché il legame tra scienza e politica produca i risultati sperati a favore delle persone, della società e del pianeta”.

Inoltre, il rappresentante della santa Sede alla FAO ha ricordato che la politica “richiede di essere indirizzata al perseguimento di un autentico progresso sociale e morale, che deve sempre rivolgersi a favore e mai contro l’uomo”, e questo “per i Governi, significa alzare lo sguardo e proporsi il virtuoso fine di edificare, con la propria azione, non solo la comunità territoriale di stretta competenza, ma l’intera umanità, in spirito di solidarietà internazionale, tramite un interscambio di conoscenze, beni e servizi che sia equo e giusto, che elimini le disuguaglianze per far sì che quanti sono afflitti da problemi di povertà e sottosviluppo godano delle medesime possibilità di chi invece le dispone, per migliorare la propria esistenza”.

In questa visione, le organizzazioni intergovernative son chiamate a proporsi “come facilitatrici e intermediarie, per il tramite della chiarezza e della forza delle deliberazioni adottate dai loro Organi di Governo e di una serie di impegni efficaci e lealmente accettati dai propri membri, che contribuiscano a tradurre la buona volontà degli Stati in misure concrete e incisive nei contesti nazionali per il bene di tutti”.

La Santa Sede all’Organizzazione degli Stati Americani, il giorno dei Diritti Umani

Lo scorso 11 dicembre si è tenuta una sessione straordinaria del Consiglio Permanente dell’Organizzazione degli Stati americani per commemorare la “Giornata dei Diritti Umani”.

Nel suo intervento, monsignor Juan Antonio Cruz Serrano, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’OSA, ha ricordato che la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo è stata adottata nel 1948 alcuni mesi dopo l’adozione della Dichiarazione Americana dei Diritti e Doveri dell’Uomo.

La Dichiarazione, ha detto l’osservatore, è ancora “un pilastro fondamentale per la protezione dei diritti umani a livello globale”, perché si basa “sull’universalità della dignità umana, data da Dio a ogni persona mediante la promozione e il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali e inalienabili di tutti gli esseri umani”, diritti e libertà “essenziali per il benestare della persona umana, non solo nella loro dimensione individuale, ma anche in quella comunitaria”.

La dichiarazione afferma anche che “i diritti umani non sono una concessione di uno Stato o di qualunque altra autorità”, ma sono piuttosto “inerenti alla persona stessa, e per quello “il rispetto e la promozione dei diritti umani fondamentali si deve considerare non solo da una prospettiva legale, ma anche come una necessità per lo sviluppo integrale della persona, inclusa la sua dimensione trascendente”.

Monsignor Cruz Serrano sottolinea che la Giornata Internazionale dei Diritti Umani “ci chiama a riflettere sulle multiple violazioni dei diritti che colpiscono milioni di persone in diverse parti del mondo, come rifugiati, sfollati, popolazioni indigeni, prigionieri di coscienza e quanti sono privati di libertà per ragioni politiche e vittime di povertà estrema”.

La Santa Sede, ha detto l’Osservatore, promuove un dialogo costruttivo, chiedendo a “tutti i popoli e governi a lavorare insieme per la costruzione di un mondo in cui i diritti umani fondamentali siano promossi, difesi e rispettati”.

Per questo, la Santa Sede “unisce la sua voce a coloro che chiedono un futuro di pace, giustizia e solidarietà, coscienti che solo nell’unità, nel rispetto mutuo e nella ricerca del bene comune possiamo realizzare un mondo in cui tutti tengano conto delle loro differenze”.