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Cristo è il destino grande della nostra vita. XXXIII Domenica del Tempo Ordinario

La Scrittura ricorda due venute del Figlio di Dio: la prima nella carne umana, quando è nato dalla Vergne Maria; la seconda nella gloria, quando verrà, alla fine del mondo, a giudicare tutti gli uomini”. Questa seconda venuta è chiamata dalla Scrittura: “Il Giorno del Signore”.

La liturgia della Messa, quando ormai mancano pochi giorni alla fine dell’anno liturgico, ci ricorda questa verità di fede. I cristiani dei primi secoli, desiderosi di vedere il volto glorioso di Cristo, ripetevano la dolce invocazione: “Vieni, Signore Gesù”, che noi ripetiamo nella santa Messa dopo la consacrazione. Dopo che Cristo si è reso realmente presente sull’altare, ma nascosto sotto le apparenze del pane e del vino, noi gli manifestiamo il desiderio di vederlo glorioso faccia a faccia. Cristo è il destino grande della nostra vita.

Alla fine dei tempi, leggiamo nel Vangelo della Messa: Vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria…”. Cristo nella sua Incarnazione fu riconosciuto nella sua identità di vero Dio e vero uomo da pochi mentre rimase ignorato, sconosciuto e osteggiato dai più. Alla fine dei tempi, invece, quando ritornerà, circondato di maestà e di gloria, tutti - coloro che hanno creduto in Lui e gli sono stati fedeli lungo i secoli, ma anche coloro che l’hanno respinto o perseguitato o sono vissuti come se la morte in croce fosse stato un avvenimento senza importanza – lo riconosceranno come Redentore del mondo, come re, come Giudice e Signore dell’universo.

Venuto nella fragilità e umiltà della carne umana fu giudicato e condannato dagli uomini, alla fine dei tempi si mostrerà come Dio e Signore della storia e dei cuori. Per chi è stato fedele al Signore sarà festa grande, perché l’anima si riunirà al suo corpo e comincerà un modo nuovo di esistere, dove ciascuno darà gloria a Dio in un’eternità senza fine.

La speranza in questo “giorno del Signore” fu per i primi cristiani uno stimolo a perseverare e ad essere pazienti nelle avversità.

Oggi il Signore ci ricorda che il suo regno, che è già iniziato con la Chiesa, non è di questo mondo; la sua crescita non può essere confusa con il progresso della civiltà, della scienza e della tecnica umana, ma consiste nel conoscere sempre più profondamente Cristo. Da tale conoscenza nasce la possibilità di conseguire la salvezza eterna che è il fine dell’esistenza umana, di rispondere in maniera sempre più ardente all’amore di Dio e di costruire una vera fraternità tra gli uomini.

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