Santa Cruz de la Sierra, 09 July, 2015 / 4:37 PM
La logica che “pretende di trasformare in oggetto di scambio, di consumo, tutto negoziabile” si fa “facilmente strada in un cuore disperato,” ma Gesù, che moltiplica pani e pesci per dar da mangiare a quanti lo hanno ascoltato, non scarta nessuno, ma anzi include tutti nel pasto. Papa Francesco parte dalla parabola dei pani e dei pesci, per la sua Messa nella Piazza del Cristo Redentore di Santa Cruz de La Sierra.
È arrivato a El Alto ieri, è sceso a La Paz, e poi è sceso ancora fino a Cruz de La Sierra, dove incontrerà anche religiosi e seminaristi, e i Movimenti Popolari che stanno facendo lì il loro secondo raduno mondiale su spinta della Chiesa cattolica, sotto lo sguardo del Cardinal Peter Turkson e dell’Arcivescovo Marcelo Sanchez Sorondo, che anno promosso l’incontro.
Milioni di boliviani non si sono voluti perdere l’appuntamento con il Papa, si sono assiepati sulle strade del percorso, su Avenida Mons. e Avenida de Mendoza. La Messa è trasmesso su maxi schermi. C’è molto “orgoglio indigeno” durante la Messa. La preghiera dei fedeli è pronunciata in spagnolo, ma anche guaranì, quechua, aiamara. E al termine della messa vengono consegnate le croci missionarie. Il Papa inaugura con questa Messa anche il V Congresso Eucaristico Nazionale, che si svolge poi a Tarija.
Proprio dall’Eucarestia prende le mosse Papa Francesco per la sua omelia. “Siamo venuti da diversi luoghi, regioni, Paesi, per celebrare la presenza viva di Dio tara noi. Siamo usciti da alcune ore dalle nostre case e comunità per poter stare insieme, come Popolo Santo di Dio. La croce e l’immagine della missione ci richiamano alla mente il ricordo di tutte le comunità che sono nate nel nome di Gesù, delle quali noi siamo eredi.”
La situazione – dice il Papa – è simile a quella in cui Gesù moltiplicò i pani e pesci, perché “come quelle quattro mila persone, noi siamo desiderosi di ascoltare la parola di Gesù e ricevere la sua vita. Loro ieri e oggi noi, insieme al Maestro, Pane di Vita.”
Papa Francesco descrive la scena delle madri “con i figli sulle spalle,” che si vede spesso in bolivia, portando “la vita, il futuro della loro gente,” ma anche “disillusioni, tristezze, amarezze, l’ingiustizia che pare non avere fine e le cicatrici di una giustizia che non si realizza.”
È la memoria del loro popolo, perché – afferma il Papa – “i popoli hanno una memoria, una memoria che si trasmette di generazione in generazione, una memoria in cammino.”
Ma il cammino è duro, “mancano le forze per mantenere viva la speranza,” si vivono “situazioni che pretendono di anestetizzarci la memoria,” e questo “indebolisce la speranza,” fa “perdere le ragioni della gioia,” una perdita che “ci disgrega, e fa sì che ci chiudiamo agli altri, specialmente ai più poveri.”
È la situazione che succede ai discepoli – spiega Papa Francesco – che vedono tutta la gente e si disperano, dicono a Gesù che non si può dar da mangiare a tuta quella gente. “In un cuore disperato – dice Papa Francesco – è molto facile che prenda spazio la logica che pretende di imporsi nel mondo di oggi. Una logica che cerca di trasformare tutto in oggetto di scambio, di consumo, tutto negoziabile. Una logica che pretende di lasciare spazio a pochi, scartando tutti quelli che non producono, che non sono considerati idonei e degni perché apparentemente i conti non tornano.”
Ma Gesù invita gli apostoli a dare alle persone da mangiare. “Basta con gli scarti, date loro voi stessi da mangiare,” parafrasa il Papa. E spiega che la visione di Gesù “non accetta una logica, una visione che sempre taglia il filo a chi è più debole, a chi ha più bisogno.”
La strada indicata da Gesù è in tre parole: prende, benedice e consegna. Prende il pane e i pesci, li benedice e li consegna.
Prende, perché “prende molto seriamente la vita dei suoi,” e “vede in quegli sguardi quello che palpita e quello che ha smesso di palpitare nella memoria e nel cuore del suo popolo. Lo considera e lo valorizza.” Spiega il Papa che l’autentica ricchezza della società “si misura nella vita della sua gente, negli anziani capaci di trasmettere la loro saggezza e la memoria del loro popolo ai più piccoli”.
Benedice, perché – spiega il Papa – Gesù “sa che questi doni sono un dono di Dio,” non li tratta “come una cosa qualsiasi,” va oltre “la semplice apparenza nel gesto di benedizione.” “Il nostro padre non toglie nulla tutto moltiplica,” ragiona il Papa.
E poi consegna, dà, perché “non esiste una benedizione che non sia dedizione.” “La benedizione è sempre anche missione, ha una finalità, condividere, il dividere insieme quello che si è ricevuto, poiché solo nella dedizione, nel condividere troviamo, come persone umane, la fonte della gioia e facciamo esperienza della salvezza.”
Questa dedizione desidera “ricostruire la memoria di essere popolo santo, invitato, chiamato a portare la gioia della salvezza.” Il Papa ripercorre la scena, l’onda di mani che si passano pani e pesci, e racconta che avanzano persino sette ceste. “Una memoria presa tra le mani, benedetta e offerta sazia sempre un popolo.”
E si torna al Congresso Eucaristico di Tarija, il cui motto è “Pane spezzato per la vita del mondo.” Il Papa lo ricorda, e sottolinea che l’Eucarestia “è sacramento di comunione, che ci fa uscire dall’individualismo per vivere insieme la sequela e ci dà la certezza che ciò che possediamo e ciò che siamo, se è accolto, benedetto e offerto, mediante il potere di Dio, con il potere del suo amore, diventa pane di vita degli altri.”
Conclude il Papa: “La Chiesa è una comunità che fa memoria, attualizza di generazione in generazione, nei più diversi angoli della nostra terra il mistero del Pane di Vita. Lo rende presente e ce lo offre. Gesù vuole che partecipiamo alla sua vita e che, attraverso di noi, essa si vada moltiplicando nella nostra società. Non siamo persone isolate, separate, ma il popolo della memoria attualizzata e sempre offerta.”
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