Barcellona, 10 November, 2018 / 5:00 PM
“Per portare frutto, il chicco di grano deve morire. Questi nostri fratelli e sorelle, che oggi sono stati proclamati beati, in ogni loro scelta furono ‘chicco’, perché accettarono di morire poco alla volta nel quotidiano spendendosi al servizio del Vangelo, sino al servizio eroico finale”.
Nella suggestiva cornice della Sagrada Familia di Barcellona, la chiesa che l’architetto Gaudì, di cui è in corso la causa di beatificazione, voleva come un chiostro all’interno della città, il Cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi celebra la cerimonia di beatificazione di 16 martiri della Guerra Civile Spagnola. E altri ne verranno.
Perché sono state moltissime le vittime di una persecuzione anticristiana che vide le violenze intensificarsi tra il luglio 1936 e l’aprile 1939: in quei tre anni, il 70 per cento delle chiese di Spagna furono date alle fiamme, e furono uccisi 3 vescovi, 4200 tra sacerdoti e seminaristi, oltre 2 mila religiosi e quasi 300 suore, oltre a migliaia di laici considerati al limite vicini alla Chiesa Cattolica.
Di questa schiera di martiri, è stato beatificato questa mattina un gruppo di 16 martiri, e a capo di questo gruppo è stato messo Teodoro Illera del Olmo, sacerdote professo della Congregazione di San Pietro in Vincoli, e 15 compagni martiri.
Sono – dice il Cardinale Becciu nell’omelia – un gruppo di “uomini e donne, consacrati e laici, che furono uccisi in luoghi, circostanze e date diverse, nello stesso episodio martiriale”.
I tredici religiosi appartengono alla Congregazione di San Pietro in Vicoli, la Congregazione delle Suore Cappuccine della Madre del Divino Pastore e la Congregazione delle Suore Francescane dei Sacri Cuori, mentre i tre laici “hanno vissuto coerentemente la loro vocazione cristiana alla carità, diventando apostoli di aiuto fraterno e ospitalità premurosa nei confronti dei religiosi della Congregazione di San Pietro in Vincoli”, racconta il Prefetto della Congregazione delle cause dei Santi.
E sono stati “vincitori per la virtù di coloro che li ha amati”, prosegue il Cardinale, beati fedeli alla Chiesa che “per questo spargevano il bene sia nelle parrocchie, sia nei collegi dove insegnavano e in altre attività”, fino al momento supremo, quando “non ebbero paura di confessare la loro fede” e “accettato la morte” per non negare la loro fede”, rimasti fedeli in quel clima di intolleranza, vivendo “la detenzione e la morte con grande fiducia in Dio e nella vita eterna”.
È la logica del chicco di grano, che il Cardinale Becciu riporta ai tempi di oggi, perché “in questa società frammentata, segnata da divisioni e chiusure, chi vuole crescere ed essere utile al prossimo e alla società è chiamato a testimoniare la logica del chicco di frumento”, compiendo scelte “nella logica di un impegno che richiede sacrificio, non escluso il sacrificio della vita”.
Il Cardinale ricorda che Gesù “non ci chiede di perdere la vita materiale per avere quella spirituale, ma di vivere la nostra esistenza non nella conservazione e nell’attaccamento di noi stessi, ma nel dono e nell’amore verso gli altri”.
Il Cardinale Becciu conclude: “Questi martiri ci invitano anche a pensare alla moltitudine di credenti che vengono perseguitati anche oggi, nel mondo, in modo nascosto, lacerante, perché comporta la mancanza di libertà religiosa, l’impossibilità di difendersi, l’internamento, la morte civile”.
E per questo “dobbiamo domandare per noi stessi il coraggio della fede”, nel “momento della prova come nella vita quotidiana”, perché “il nostro mondo spesso indifferente e inconsapevole attende dai discepoli di Cristo una testimonianza inequivocabili”.
I nuovi martiri sono infatti “una denuncia silenziosa, ma quanto mai eloquente, della discriminazione, del razzismo e degli abusi verso la libertà religiosa”.
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