Miao, 09 November, 2018 / 4:00 PM
E’ salesiano George Pallipparambil vescovo della diocesi indiana di Miao, e in 40 anni ha portato il Vangelo dove prima c’era l’animismo e la vita tribale.
La sua è una storia singolare e si svolge tutta nella diocesi al nord dell’India quasi al confine con la Cina. Dice che nella sua diocesi, la pianificazione è fatta da Dio. Il suo lavoro, è ascoltare e rispondere.
Nel 1979 i battezzati erano 900, oggi più di 90.000, quasi il 20% della popolazione locale.
La diocesi di Miao, situata lungo il confine cinese nello stato nord-orientale dell'Arunachal Pradesh, era considerata quasi inaccessibile.
Quando Pallipparambil arrivò 40 anni fa, la regione era come uno stato nello stato popolata da tribù mongole spesso in conflitto violento.
Pallipparambil veniva dal Kerala dove insegnava ai bambini delle tribù emigrate al sud. A lui chiedevano: “Caro Padre George, per favore, vieni da noi e dicci qualcosa di più su questo Dio Gesù, che ha fatto tanto per i nostri figli".
L’inizio della missione fu difficile, i cristiani non erano benvenuti e Padre George venne anche arrestato. Ma fu proprio un anziani del villaggio ad affrontare il sovrintendente della polizia, dicendogli:"ridammi mio padre".
Come racconta in una intervista a CNA Pallipparambil ha trovato la gente affamata di Vangelo. “Per loro, il Vangelo è qualcosa di molto significativo; porta la liberazione in un senso più ampio, ma soprattutto ha dato loro una dignità che non avevano mai conosciuto prima “.
La conversione al cristianesimo è stata e rimane una questione controversa in India, ma per Pallipparambil non si tratta di "costruire" convertiti, ma di permettere che il messaggio di trasformazione del Vangelo parli da solo.
"La religione è una parte della vita di ogni persona, e sono stati resi schiavi da queste credenze animistiche, che erano tutto ciò che sapevano".
Lo sviluppo sociale e la diffusione del Vangelo vanno di pari passo, secondo Pallipparambil. “Il nostro obiettivo principale era quello di aiutarli, qualunque cosa fosse necessaria: istruzione, medicina, qualsiasi cosa.
Per il vescovo rispetto alle tensioni religiose che caratterizzano gran parte del paese esiste un'atmosfera di tolleranza nella regione, e questo è un frutto della presenza della Chiesa.
Uno dei progressi visibili è nella dignità delle donne che erano soggette a poligamia, a matrimoni da bambine e alla vendita. E questo ora non esiste più.
“Abbiamo iniziato a educare le ragazze più giovani, organizzando corsi di formazione per loro, e sono diventati i leader del villaggio, sostenuti da gruppi di donne cattoliche, e sono diventate indipendenti.” E sposano dei cristiani perché " nel cristianesimo il matrimonio è di eguali, basato sull'amore”. Sono nate molte vocazioni religiose
La diocesi come tale è nata solo nel 2005 e Pallipparambil è il primo vescovo, da allora esiste un seminario minore e molte delle giovani donne istruite dalla Chiesa scelgono di entrare nella vita religiosa.
Sono molti i laici impegnati nella missione, e oggi la diocesi ha 28 sacerdoti, altri 68 da ordini religiosi. Servono i 90.000 cattolici sparsi per le 17 mila miglia quadrate della diocesi, in gran parte irraggiungibili in auto.
I laici fanno la differenza dice il vescovo, un modello in netto contrasto con la realtà di molte diocesi in Occidente, dove le parrocchie stanno chiudendo. Un problema nasce dalla scarsa formazione, dice Padre George.
E quando si parla della opportunità di uomini sposati ordinati come sacerdoti per servire la diocesi il vescovo risponde semplicemente: “ogni volta che ho un incontro con un certo numero di giovani universitaria chiedo sempre a loro: pensi che molti diventerebbero preti se ti fosse permesso sposarsi? Loro dicono sempre molto chiaramente: non vogliamo sacerdoti sposati”. Piuttosto, conclude Pallipparambil “i sacerdoti devono diventare un po’ più disponibili e dobbiamo cambiare certe cose e diventare molto più elastici..Cresciamo per interazione. Posso passare tutta la vita in biblioteca da solo, ma non sarò forse più utile a Dio conoscendo metà delle cose e condividendo la mia vita con gli altri?”.
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