Città del Vaticano , 29 October, 2018 / 4:00 PM
È stato un discorso a braccio quello di Papa Francesco ai partecipanti al XV Capitolo Generale della Congregazione dei Missionari di San Carlo, gli Scalabriniani, ricevuti oggi in Udienza al Vaticano. Il Papa ha consegnato il discorso preparato e ha parlato a cuore aperto agli Scalabriniani.
“Ho preparato un paio di parole da dirvi – ha esordito il Papa - voglio innanzitutto ringraziarvi per quello che fate, ho avuto la grazia di conoscervi da prima di essere Arcivescovo di Buenos Aires, perché alcuni vostri studenti studiavano nella nostra facoltà”.
“Lo straniero – sottolinea Papa Francesco parlando a braccio - questa parola mi fa rumore quando viene detta. E’ più facile ricevere uno straniero che essere ricevuto. Voi dovete insegnare e aiutare a ricevere lo straniero. A Dare tutte le possibilità alle nazioni che hanno tutto e sono sufficienti. Ricordati che tu sei stato straniero. E’ vero che oggi c’è un’ondata di chiusura verso lo straniero e anche ci sono tante situazioni di tratta di persone straniere…”.
Da qui il Papa racconta la sua storia personale: “Io sono figlio di migranti, io ricordo nel dopoguerra, ero ragazzino, quando dove lavorava papà sono arrivati i polacchi tutti migranti, ma li hanno accolti bene. L’Argentina li ha accolti bene nonostante sia un paese come un cocktail di ondate migratorie. L’Europa è stata fatta di tante ondate migratorie durante i secoli. Il benessere ti porta a due cose: a chiudere le porte e a non essere fecondi”.
“L’evangelizzazione si fa camminando con la gente – ha espresso il Papa nel suo discorso consegnato - prima di tutto bisogna ascoltare le persone, ascoltare la storia delle comunità; soprattutto le speranze deluse, le attese dei cuori, le prove della fede… Prima di tutto ascoltare, e farlo in atteggiamento di con-passione, di vicinanza sincera. Quante storie ci sono nei cuori dei migranti! Storie belle e brutte. Il pericolo è che vengano rimosse: quelle brutte, è ovvio; ma anche quelle belle, perché ricordarle fa soffrire. E così il rischio è che il migrante diventi una persona sradicata, senza volto, senza identità. Ma questa è una perdita gravissima, che si può evitare con l’ascolto, camminando accanto alle persone e alle comunità migranti. Poterlo fare è una grazia, ed è anche una risorsa per la Chiesa e per il mondo”.
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