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Un servizio di EWTN News

Papa Francesco benedice il popolo dell'Ecuador, perché nessuno sia escluso

Papa Francesco e il presidente Correa entrano al Palazzo Presidenziale Candorcelet, Quito (Ecuador) 6 luglio 2015

Di nuovo a Quito, come se fosse appena arrivato. Ha appena lambito la capitale dell’Ecuador, il tempo di scambiare i discorsi con il presidente Rafael Correa e di una improvvisata sortita fuori dalla nunziatura apostolica dove risiede. Poi il viaggio a Guayaquil, dove è stato più volte da gesuita, dove il presidente ecuadoregno è nato, e dove c’è un santuario della Divina Misericordia che è tra i frequentati del Latino America. E quindi di ritorno nella capitale ecuadoregna, per proseguire con il calendario fitto di incontri, mentre la gente lo aspetta davanti al Palazzo Presidenziale e si mette a pregare nell'attesa. E, davanti alle persone che lo aspettano davanti la Cattedrale, il Papa mette da parte il discorso scritto, e dà una benedizione spontanea, perché "nessuno sia escluso".

“Do la benedizione ad ognuno di voi, alle vostre famiglie, a tutti, per questo grande nobile popolo, perché non ci siano differenze, non ci siano esclusioni, perché non ci siano persone che vengono scartate, perché tutti siano fratelli, vengano inclusi e nessuno rimanga fuori da questa grande nazione ecuadoriana. Preghiamo insieme l'Ave Maria".

Arrivando in cattedrale, racconta padre Lombardi, il Papa si è fermato a salutare disabili e malati, e "c'era molta emozione, interesse." A loro il Papa non ha offerto il discorso preparato, in cui si metteva sulla scia dei Santi ecuadoregni, di Santa Marianna del Gesù, la mistica che si sentiva tutta gesuita e che si fece francescana minore, offrì la vita al posto di un sacerdote che l’aveva offerta per salvare il Paese da una tremenda epidemia, e morì mentre quell’epidemia – succeduta a un terremoto – miracolosamente finiva; e a Santa Narcisa di Gesù, che si formò sull’esempio di Santa Marianna, e non entrò nelle Carmelitane Scalze per aiutare la sua amica Mercedes Molina y Ayala ad organizzare un orfanotrofio. Quest’ultima è ora Beata Mercedes, ha fondato l’Istituto di Santa Marianna del Gesù, e fu beatificata da San Giovanni Paolo II il 1 febbraio 1985, durante il viaggio apostolico che lo portò a toccare anche Guayaquil.

Prima dell’incontro con la gente, l’incontro, più privato, con Rafael Correa, presidente dell’Ecuador. Si affacciano insieme dal balcone del Palazzo Presidenziale, all'arrivo e alla fine dell'incontro, mentre una folla in festa canta la canzone scritta per l'occasione: "Papa Francisco Benvenido!"

Il presidente ha citato molto il Papa nel suo discorso di bevenuto del 6 luglio, e Papa Francesco ha risposto aggiungendo a braccio al suo discorso una menzione che forse il presidente  “lo ha citato un po’ troppo,” svicolando dal rischio di una strumentalizzazione politica. È il rischio che c’è nei Paesi sudamericani, e Papa Francesco lo conosce bene. Correa è presidente dal 2007, prima c’erano stati 7 presidenti in 10 anni, Correa governa dal 2007, si è laureato nell’Università Cattolica di Guayaquil, è stato per un anno in missione nella provincia di Cotopaxi presso un centro di assistenza sociale salesiano dove ha imparato il quechua.

Ma se con Correa nel Paese è arrivata una certa stabilità politica, e le classi più ricche vivono con terrore l’idea di nuove tasse, è anche vero che in molti lo accusano di un certo autoritarismo, con il rischio di cooptare la società civile, ma senza operare distinzioni tra chi è critico e chi è di opposizione. La speranza, per molti, è che il Papa lo porti a condizioni di maggiore apertura.

Si sarà parlato anche di questo nell’incontro privato - "che è rimasto privato," afferma padre Lombardi -  che si è tenuto al palazzo presidenziale Carondelet, che si trova nella Plaza de la Independencia, in un incontro che ha toccato di certo i temi della giustizia sociale e dell' "inequità", un termine che Papa Francesco ama usare, ma anche "situazioni più personali," spiega ancora il direttore della Sala Stampa vaticana.

Lo scambio di discorsi era avvenuto all’arrivo del Papa. Papa Francesco e il presidente Correa si sono incontrati nel Salone del Protocollo, mentre il Cancelliere contemporaneamente si incontrava con il Segretario di Stato e con il nunzio apostolico, che - afferma padre Lombardi - hanno parlato dello sviluppo dell'Ecuador negli ultimi anni.

Poi, lo scambio dei doni. Papa Francesco ha donato una copia della "Laudato Si" e un quadro in mosaico della Madonna con il Bambino, una copia di quella venerata nella Cappella del Santissimo Sacramento presso la Basilica di San Paolo fuori le mura. Davanti a quell’immagine, il 22 agosto dell’anno 1541, Sant’Ignazio di Loyola con i primi confratelli, professarono i voti religiosi, dando inizio all’attività della Compagnia di Gesù da lui stesso fondata. Correa ha ricambiato con il dono di un quadro rappresentante una chiesa di Quito. 

Al Palazzo Presidenziale, Papa Francesco è andato appena ritornato a Quito da Guayaquil, da dove è partito dopo un po’ di riposo. Di cui aveva bisogno. Aveva detto Messa davanti a circa 300 mila persone ("tra le 300 e le 500 mila," sottolinea il portavoce vaticano) e poi era stato a pranzo alla “Unidad Educativa Javier” della Compagnia di Gesù, per un pranzo privato con i 20 membri della comunità. Un posto che conosceva bene.

Racconta padre Lombardi che "molto tempo fa, il Papa aveva mandato 30 gesuiti in formazione nella casa, e c'era ancora il direttore spirituale di allora. Quando il Papa ha deciso di andare a Guayaquil, ha chiesto di vedere questo prete." 

Padre Fabricio Alaña, rettore della Unidad Educativa, ha raccontato di Jorge Mario Bergoglio che “si prendeva il tempo per stare insieme agli altri. Mangiava le parrilladas, gustava il mate, manteneva grandi conversazioni con i giovani gesuiti.

Tra quelli che erano nella Unidad, c’era il gesuita Francisco Cortés, conosciuto da tutti Paquito, ora ultra ottantenne e con un po’ di problemi di udito, che ha rilasciato interviste e raccontato come Bergoglio “fosse un tipo superaperto, superamabile, molto gioviale.”

Bergoglio arrivò per la prima volta al collegio di Guayaquil nel 1980, quando visitò da provinciale dei Gesuiti di Argentina i sei collegi che c’erano nella nazione: Portoviejo, Cuenca, Quito, Riobamba e Guayaquil. E quest’ultimo fu quello che gli piacque di più, e lì decise di mandare i giovani gesuiti argentini che cominciano la loro esperienza di ministero sacerdotale.

Insomma, aria di casa per Papa Francesco. "Durante il pranzo abbiamo parlato del pensiero gesuita, del collegio, dei gesuiti presenti. E' durato circa un'ora. Molto bello," afferma padre Lombardi.

Così, in Sudamerica Papa Francesco sta facendo anche un viaggio parallelo, un viaggio nella memoria gesuita del continente sudamericano. Ci sono molti rumori che possa beatificare il gesuita padre Espinal: si fermerà a benedire il luogo in cui fu lasciato massacrato in Bolivia, e la voce di una possibile beatificazione si è fatta insistente in Sudamerica. "E' sempre una possibilità, ma ci vuole almeno che la diocesi faccia partire un reglare processo... nessuno sa chi stia per far partire una causa di beatificazione," ha affermato padre Lombardi.

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