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Un servizio di EWTN News

Giovanni Paolo II non aveva paura della morte, racconta il suo ultimo segretario

L'arcivescovo Mieczysław Mokrzycki di Leopoli (Ucraina)

Mieczysław Mokrzycki è oggi arcivescovo di Leopoli, in Ucraina. Ma dal 1996 al 2005 è stato secondo segretario personale di San Giovanni Paolo II, conosciuto da tutti come don Mietek, a fianco all’attuale Cardinale Stanislao Dziwisz che prendeva sempre più mansioni all’interno della Prefettura della Casa Pontificia. Era lì, a fianco a San Giovanni Paolo II, anche nei suoi ultimi momenti. E, a 40 anni dall’elezione, racconta ad ACI Stampa anche come la sua esperienza con il Papa polacco lo aiuti a guidare la sua comunità in Ucraina.

Quale è l’eredità che lascia Giovanni Paolo II?

Gli ultimi anni della sua vita, gli ultimi giorni, anche l’ultimo respiro di San Giovanni Paolo II mi hanno confermato che lui era veramente un uomo di Dio, che si affidava completamente alla Provvidenza. Non a caso, il suo motto era “Totus Tuus”, un atto di affidamento a Maria.

Da cosa vedeva questo totale abbandono?

Morendo, non aveva paura. Possiamo dire che si è addormentato. Era tranquillo all’idea di incontrare il Signore che aveva servito per tutta la sua vita. Per tutti noi, è un esempio, di come dobbiamo vivere la nostra vita da cristiani, essere sempre nelle mani di Dio, e di come affidare la nostra vita ogni giorno alla Provvidenza. È vero che dobbiamo fare tutto ciò che dipende da noi, ma possiamo lasciare poi delle cose al Signore.

E in cosa è da esempio Giovanni Paolo II per lei, da vescovo di rito latino nell’Ucraina che ha anche una forte componente greco cattolica, da vescovo ad Est di un continente che ancora deve imparare a respirare con due polmoni?

In Ucraina ci sono due riti, ma tutte e due le Chiese hanno la loro ricchezza, possno contribuire alla crescita nella fede di ogni uomo, la Chiesa di rito bizantino con la sua bellezza nella liturgia e con la sua semplice fedeltà, la Chiesa di rito latino soprattutto con la sua formazione, catechesi e caritas. San Giovanni Paolo II ci ha sempre insegnato ad avere buoni rapporti e condividere gioie, speranze e tristezze, camminando sempre insieme e rispettandoci l’uno con l’altro, perché i nostri fedeli sono tutti cittadini dello stesso Paese.

Trova che la situazione nell’Est dell’Europa sia migliorata dalla caduta della Cortina di Ferro?

Con la caduta del Muro di Berlino, la gente aveva avuto la speranza che il mondo si sarebbe unito e che i Paesi sotto l’ex Unione Sovietica avrebbero avuto più libertà. Alcuni godono di piena libertà, ma altri, come l’Ucraina, no. Lo vediamo con la guerra del Donbass e l’annessione della Crimea. Siamo un Paese che è molto diviso anche quando si tratta di confessioni, e abbiamo anche un po’ di insicurezza per il dibattito che si è aperto nella Chiesa ortodossa. Speriamo che la discussione si concluda con la pace per il nostro Paese.

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