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Carlo Carretto, ieri e oggi i giovani e Francesco raccontati dal giornalista Gianni Borsa

“Il Signore dette a me, frate Francesco, d'incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d'animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo. E il Signore mi dette tale fede nelle chiese, che io così semplicemente pregavo e dicevo: Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

Poi il Signore mi dette e mi dà una così grande fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, a motivo del loro ordine, che anche se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a loro. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e mi incontrassi in sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie in cui dimorano, non voglio predicare contro la loro volontà. E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come i miei signori. E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io riconosco il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient'altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue che essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri”.

E’ sempre bello rileggere ‘Io, Francesco’, il libro dedicato al santo di Assisi da fratel Carlo Carretto, morto proprio nel giorno della festa di 30 anni fa, 4 ottobre 1988 e nato ad Alessandria il 2 aprile 1910 da una famiglia di contadini proveniente dalle Langhe. La famiglia si trasferisce a Torino, in un quartiere periferico, nel quale si trova un oratorio salesiano che avrà molta influenza sulla formazione di Carlo Carretto e su tutta la famiglia. Lo spirito salesiano si farà sentire anche nella vita professionale che Carretto inizia a 18 anni, a Gattinara, come maestro elementare.

Milita nel settore giovanile dell’Azione Cattolica di Torino, dove entra ventitreenne su invito di Luigi Gedda che ne era il presidente. Nel 1946 è presidente nazionale della Gioventù Italiana di Azione Cattolica (GIAC) e, nel 1948, in occasione dell'80º anniversario della fondazione dell'Azione Cattolica, organizza una grande manifestazione di giovani a Roma: è la famosa adunata dei 300.000 ‘baschi verdi’. Poco dopo fonda il Bureau International de la Jeunesse Catholique, di cui diviene vice presidente. Nel 1949 con l'amico Enrico Dossi dà vita, all'interno della GIAC, a una nuova Opera dedicata al turismo dei giovani: il CTG, il Centro turistico giovanile, di cui sarà il primo presidente nazionale. Nel 1952 si trova in disaccordo con una parte importante del mondo politico cattolico e deve dimettersi dall’incarico di presidente della GIAC. E’ in questo frangente che matura la decisione di entrare a far parte della congregazione religiosa dei ‘Piccoli Fratelli di Gesù’ fondata da René Voillaume e ispirata dalla figura di Charles de Foucauld. L'8 dicembre 1954 parte per l'Algeria, per il noviziato di El Abiodh, vicino ad Orano; per dieci anni vivrà una vita eremitica nel Sahara, fatta di preghiera, silenzio e lavoro. Rientrato in Italia nel 1965 si stabilisce a Spello (Umbria), dove Leonello Radi (già presidente della GIAC di Foligno) è riuscito a far affidare alla Fraternità dei Piccoli Fratelli del Vangelo l'ex convento francescano di San Girolamo, vicino al cimitero.

Carlo Carretto muore nel suo eremo di san Girolamo a Spello. Ed in occasione del trentennale Gianni Borsa ha curato il volume ‘Carlo Carretto ieri e oggi - Spello e le colline della speranza’, che propone testimonianze sulla nascita della Fraternità a San Girolamo dalla metà degli anni Sessanta e sul ruolo che vi ebbe Carretto.

Nell’introduzione al volume il presidente dell’Azione Cattolica, Matteo Truffelli, ha scritto: “Il volume propone diverse testimonianze sulla nascita della Fraternità a San Girolamo dalla metà degli anni Sessanta e sul ruolo che vi ebbe Carretto… Grazie alle amicizie strette ai tempi dell’Ac, alla benevolenza dell’allora vescovo di Foligno, mons. Siro Silvestri, e all’appoggio dell’amministrazione comunale di Spello, trova l’antico complesso di San Girolamo, tra le splendide colline umbre, appoggiato sul Monte Subasio, a pochi chilometri dall’Assisi di san Francesco. Intuisce subito che è il posto giusto (anzi ‘il più bel posto al mondo’, come avrà a dire) per fermarsi con i Piccoli Fratelli e creare un luogo di preghiera aperto all’accoglienza di giovani e adulti intenzionati a mettersi in ascolto della parola di Dio, lasciando che sia la Bibbia a illuminare il cammino del cristia­no nella vita di ogni giorno”.

Quindi a Gianni Borsa abbiamo chiesto di spiegarci le ‘colline della speranza’: “Per Carlo Carretto rappresentano le ultime fasi della vita. Nella prima fase è stato impegnato nell’Azione Cattolica; nella seconda fase ha trascorso 10 anni nel deserto. Quindi quando ritorna in Italia è ricco di questo suo approfondimento della fede. Le ‘colline della speranza’, insieme alla ‘Casa di San Girolamo, sono il luogo in cui accoglierà, dal 1966 al 1988, migliaia di giovani che cercano risposte dalla fede e dalla vita e li accompagnerà con un tratto sottile, che gli deriva dalla passione dell’annuncio cristiano. Le ‘colline della speranza’ sono una cattedra d’amore che Carretto ha riservato ai giovani”.

A proposito di giovani si sta svoglendo un Sinodo ad essi dedicato. Carretto cosa diceva ai giovani?

“Anzitutto accoglieva i giovani e li lasciava parlare e non si poneva loro come colui che doveva indicare la via giusta. Indicava loro la strada alle loro domande, che era il Signore. Oggi dobbiamo ascoltare i giovani e, se abbiamo una parola da dire a loro, quella è ‘cercate di mettervi in silenzio davanti al Signore, perché le sue risposte arriveranno’. C’è poi un’altra cosa che Carretto faceva con i giovani: li incoraggiava a vivere la vita ed ad essere protagonisti della propria esistenza. Quindi oggi dobbiamo incoraggiare i giovani ad essere protagonisti della propria vita”.

Nel libro ‘Il Dio che viene’, considerato il suo testamento spirituale, Carretto scriveva: ‘Quanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo! Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto a te devo! Vorrei vederti distrutta, eppure ho bisogno della tua presenza. Mi hai dato tanti scandali, eppure mi hai fatto capire la santità! Nulla ho visto nel mondo di più oscurantista, più compromesso, più falso, e nulla ho toccato di più puro, di più generoso, di più bello. Quante volte ho avuto la voglia di sbatterti in faccia la porta della mia anima, e quante volte ho pregato di poter morire tra le tue braccia sicure. No, non posso liberarmi di te, perché sono te, pur non essendo completamente te’. Dopo 30 anni cosa resta del suo ricordo?

“30 anni dopo Carretto ci lascia questo sguardo rivolto alla Parola di Dio, che è uno sguardo rivolto a Cristo. Lì troviamo le nostre risposte per vivere una vita cristiana. Ed anche se non fossimo credenti ci invita a guardare all’uomo, perché l’altra sua attenzione era rivolta alla persona davanti a sé. Chi guarda all’uomo con lo sguardo d’amore, guarda a Dio. Inoltre ci insegna un grande amore per la Chiesa, nonostante i suoi limiti ed i suoi difetti, perché è essa stessa peccatrice in quanto composta da uomini e donne. Eppoi ci dà un’indicazione di speranza, perché le ‘colline della speranza’ sono un atteggiamento interiore; son un invito a guardare al futuro con voglia di incontrare i fratelli. Fratel Carlo è stato davvero un grande testimone”.   

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