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Prima di tutto viene l'amore di Cristo. VI Domenica di Pasqua

Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. E’ Gesù che parla. La forza di questa affermazione è data dalla parola “come”. Non si tratta di un “come” comparativo, ma fondativo. Gesù, cioè, radica l’amore che nutre per i discepoli sull’amore che Padre ha per Lui. In altre parole, Egli afferma che l’amore del Padre è all’origine, è la condizione, è la possibilità del Suo amore per gli apostoli. Da questa rivelazione sgorga una conseguenza importantissima: il Figlio ama i suoi non perché trovi in loro qualità amabili, ma perché Lui per primo è amato dal Padre. 

Diventa, così, più comprensibile anche l’altra affermazione di Gesù, nella quale riappare il “come”: Questo è il mio comandamento che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato. L’amore di Gesù è il fondamento, l’origine, la condizione dell’amore dei discepoli tra di loro. Come Gesù non avrebbe potuto amare i suoi discepoli se non fosse stato amato dal Padre, così i discepoli possono amarsi gli uni gli altri solo perché sono stati raggiunti dall’amore di Cristo, che a sua volta è amato dal Padre. Poiché lo stesso amore dal Padre passa al Figlio e dal Figlio passa al discepolo e da questi ai fratelli, tutti sono attratti nel mistero della Trinità e della vita divina.

Nella vita cristiana, dunque, come ci ricorda anche sant’Agostino, prima di tutto viene l’amore di Cristo: L’amore fa custodire i comandamenti. L’amore precedeCome potremmo amare, se prima non fossimo da Lui amati? Non che osserviamo i comandamenti per poi farci amare: se egli non ci amasse, non saremmo in grado di custodirli. Solo quando si scopre che l’immenso amore del Padre e del Figlio ci precede, nasce la consapevolezza di quanto l’uomo sia caro e prezioso agli occhi di Dio. 

L’amore che esiste tra il Padre e il Figlio raggiunge la nostra vita a condizione che noi rimaniamo nell’amore di Cristo: Rimanete nel mio amore. Si tratta di un rimanere particolare: non è statico, ma dinamico. Non si rimane perché si sta, si rimane perché si agisce. E’ un rimanere che richiama l’azione dell’uomo. L’amore è un dono, che suscita sempre un’azione. Gesù, in altre parole, non dice semplicemente: “Accogliete il mio amore…Ricordatevi che vi amo…Pensate a me…”, ma dice: Accettate di vivere un processo di trasformazione. 

Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore. La risposta all’amore che ci ha preceduto è l’osservanza dei comandamenti e la fedeltà alla Parola del Signore. Se il nostro “rimanere in Cristo” non fa emergere scelte di vita concrete, se non suscita atteggiamenti nuovi, se non trasforma la vita ed il cuore rimane un rimanere illusorio. 

Compagna dell’amore è la gioia: Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena (v. 11). La gioia che Gesù promette è la gioia che lui stesso possiede in quanto Figlio di Dio. Una gioia che sarà nostra nella misura della nostra unione a Lui. Si tratta di una gioia “piena”, non legata a sorgenti che presto inaridiscono o si rivelano avvelenate, perché attinge alla beatitudine stessa di Dio. Testimonia un mistico spagnolo del ‘500: “In Dio si scoprono nuovi mari quanto più si naviga”. Quanto più ci si immerge nel Signore tanto più si supera la monotonia, la noia, la ripetitività, il non senso perché si entra in un mondo di novità, di sorprese, di umana e spirituale ricchezza, perché, fin da ora, l’eternità è deposta all’interno dei nostri giorni.

 

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