Torino, 21 June, 2015 / 12:36 PM
“Venendo qui, vedendo così tanti giovani, mi è sembrato di stare in una piccola GMG. E io le ho viste tutte, ho partecipato a tutte…” Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, lo dice ai giovani che si sono radunati nel Parco Dora. Sono 10 mila, richiamati dai Salesiani, che hanno dato forma e vita a una Torino che appare indifferente alla visita di Papa Francesco.
Il Po scorre tranquillo dietro Piazza Vittorio Veneto, la più grande della città, dove Papa Francesco dirà messa il 21 giugno. Ci entrano, dice un tassista, circa 60 mila persone, e molte staranno sul lungo Po, nelle strade adiacenti, per un totale di 100 mila. Ma – aggiunge – “queste persone non verranno da Torino. Perché questa è una città in cui tutti vivono la loro vita tranquilli, e niente emoziona. Persino i calciatori possono passeggiare per il centro tra l’indifferenza generale.”
Così, non deve sorprendere se in tutta Torino non si trovino quasi bandiere del Vaticano, o immagini del Papa, a ricordare la visita che si tiene in due giorni, per celebrare il Bicentenario di Don Bosco, e rendere omaggio alla Sindone, esposta per l'occasione. Di fronte al Duomo, che custodisce la Sindone, è comparsa una cappella per le Confessioni, per favorire il sacramento della Riconciliazione. E un “atrio della Misericordia” è stato allestito alla Chiesa del Sacro Volto, proprio di fronte al Parco Dora.
Chiesa moderna, costata un bel po’, e costruita per dare un cuore a un quartiere che una volta era operaio, e ora è semplicemente periferico. È lì che i salesiani hanno organizzato la Veglia di preghiera, che loro chiamano “happening degli oratori salesiani”. In quel parco, una volta la FIAT aveva le fonderie, quando tutta la produzione era a Torino. Una volta che gli edifici non sono stati più utilizzati, sono stati sventrati, e ne sono state lasciate solo la coperture, di arancione rame e ruggine.
I giovani cominciano ad arrivare a partire dalle 16. Alcuni vengono da fuori, c’è Aurelien, prete missionario che ha studiato in Italia, che arriva dalla Costa Azzurra insieme ad un gruppo di francesi, approfittando del fatto che “in Francia adesso è vacanza.” I francesi sono il gruppo di stranieri più nutrito, ma c’è persino qualcuno dalla Finlandia, una ragazza dell’Ungheria, un gruppo di Filippini. Persone, comunque, già stabilite in Italia. Ma tutte richiamate dai Salesiani, il cuore pulsante di Torino.
“In questo momento c’è bisogno di molto coraggio per andare avanti,” sottolinea ad ACI Stampa don Enrico Stasi, ispettore salesiano del Piemonte. Mentre, con grande energia, don Elio Cesari, delegato ispettoriale per la pastorale giovanile, racconta che “i giovani devono superare la sfida della fiducia, ed è quello che cerchiamo di fare con il nostro lavoro quotidiano.”
Arrivano in circa 10 mila per la veglia di preghiera, organizzati quasi militarmente. “Domattina sveglia alle 6, lodi, colazione, e poi partenza verso la Messa con le navette,” annunciano gli organizzatori.
Il colpo d’occhio è comunque notevole. E così, l’arcivescovo Nosiglia passa tra i ragazzi, sale sulla passarella che collega il piazzale alla Chiesa e resta affacciato per un po’ al balcone a vedere il flusso di ragazzi che arriva.
Quando tutto è pronto, comincia la Veglia. Canzoni gospel, ma anche tradizionali canzoni di Chiesa italiane, più le testimonianze di Chiara Luce Badano, da poco beata, e di Pier Giorgio Frassati, che diede la vita per i poveri.
Quindi, l’arcivescovo Nosiglia prende la parola, per una breve omelia. “Negli anni della mia giovinezza, dopo il ’68, si usava dire ‘Cristo sì, Chiesa no.’ Come a voler staccare Cristo dalla Chiesa, a rifiutarla come forma di potere. Certo, una Chiesa con meno strutture, meno denaro, potrebbe essere di più facile accettazione per i giovani. Ma la Chiesa è Chiesa anche perché ha queste strutture,” afferma l’arcivescovo. Che punta all’essenziale, in un discorso dalle parole calibrate, tutto mirato a risvegliare la fede dei ragazzi.
Che si inginocchiano in adorazione per lunghi venti minuti, le ginocchia nude, sul pavimento di asfalto. È un lungo momento di silenzio. Insieme a Nosiglia, sull’improvvisato altare dove canta un coro di 300 elementi, ci sono tutti i vescovi del Piemonte.
Così, nella periferia di Torino, si scopre che c’è una Chiesa viva, che non ha paura di testimoniare ed essere presente in piazza. Chissà come si combinerà con la gente che scenderà dai 96 treni speciali giunti da tutte le zone limitrofe per vedere il Papa. E ci saranno anche i 10 mila del Parco Dora, con il loro cuore salesiano.
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