Città del Vaticano , 18 April, 2018 / 6:00 PM
No alla colonizzazione ideologica, specialmente quella basata su rivendicazioni “femministe” che mirano a cambiare l’ethos dei popoli. E sì a un Sinodo sul ruolo della donna della Chiesa come parte di un percorso che è cominciato con i sinodi sulla famiglia e prosegue con il prossimo Sinodo sui giovani: questi i temi principali del documento finale della plenaria della Pontificia Commissione per l’America Latina, che si è tenuta dal 6 al 9 marzo.
Il documento finale è stato pubblicato sull’Osservatore Romano lo scorso 11 aprile. Il documento è una panoramica sull’atteggiamento della Chiesa nei confronti della donna, include la richiesta di una maggiore educazione e sensibilità al tema e alla fine propone di un Sinodo sul ruolo della donna nella Chiesa, per andare oltre i temi del passato e continuare la “conversione pastorale” richiesta da Papa Francesco.
Ma questa conversione pastorale passa anche per una vigilanza costante sulla “colonizzazione culturale e ideologica”, che “con il pretesto di nuovi diritti individuali” e anche strumentalizzando “rivendicazioni femministe” vengono diffuse da grandi poteri e lobbies ben organizzate per “attentare contro la verità del matrimonio e della famiglia, scalzando l’ethos culturale dei nostri popoli, favorendo la disgregazione del tessuto familiare e sociale delle nazioni”. Una colonizzazione di cui le donne “pagano il prezzo più alto”.
In pratica, un dito puntato contro le agenzie che danno aiuti in cambio di legislazione, quasi sempre mirata a disgregare la famiglia naturale.
È, questa situazione, parte di un cambiamento epocale, che– si legge nell’ultimo paragrafo del documento – “esige un cambio di mentalità e un processo di trasformazione analogo a quello che Papa Francesco riuscì a concretizzare con le assemblee del Sinodo della famiglia e che ora si propone con la prossima assemblea sinodale dei giovani”.
Per questo, sebbene la Commissione sottolinei di non voler proiettare “i propri programmi e le proprie esigenze nella Chiesa universale”, si pone “seriamente la questione di un Sinodo della Chiesa universale sul tema della donna nella vita e nella missione della Chiesa”.
La proposta vale per il prossimo Sinodo ordinario, che si terrà nel 2021. Prima, ci sarà il Sinodo sui giovani, e quindi, nel 2019, il Sinodo Pan-Amazzonico, di cui si è tenuta la prima riunione preliminare alla presenza del Papa.
Ma in che modo la Pontificia Commissione per l’America Latina è arrivata a questa conclusione? La riflessione della plenaria è stata arricchita con il contributo delle donne, chiamate in maniera speciale a partecipare ai lavori, dato che tutti i membri della Pontificia Commissione sono cardinali, vescovi o sacerdoti.
Il documento finale, in 14 paragrafi, prende le mosse dalla necessità per la Chiesa di essere liberi “dai pregiudizi, dagli stereotipi e dalle discriminazioni subiti dalla donna”, e per le comunità cristiane di realizzare una “conversione pastorale” per “chiedere perdono per tutte le situazioni nelle quali sono state e tuttora sono complici di attentati alla sua dignità”.
Il documento esorta le Chiese locali ad avere “la libertà e il coraggio evangelici per denunciare tutte le forme di discriminazione e di oppressione, di violenza e di sfruttamento” subiti dalle donne in varie situazione”.
Tra i temi da affrontare nella pastorale, c’è la necessità di “ripensare percorsi adeguati per l’educazione affettiva e sessuale di uomini e donne”, nonché per una “più integrale preparazione al sacramento del matrimonio” , perché “matrimonio e famiglia costituiscono le esperienze fondamentali per vivere la comune dignità di uomo e donna, la loro diversità, reciprocità e complementarità”.
Il documento incoraggia le “madri” che “in America Latina sono impegnate nella gestazione generosa di figli, famiglie e popoli”, e lo fanno “come autentiche martiri”; chiede una particolare cura nelle relazioni tra pastori e donne di vita consacrata, che vanno riconosciute e valorizzate “come corresponsabili della comunione e missione della Chiesa, presenti in tutte le istanze pastorali di riflessione e decisione”.
La Pontificia Commissione dell’America Latina chiede anche di “superare i radicamenti e le resistenze maschiliste, la frequente assenza paterna e famigliare, l’irresponsabilità del comportamento sessuale”, considerando che “l’epoca del femminismo può essere un’ottima occasione liberatrice per l’uomo”.
Ma è anche necessaria una cura per “la formazione integrale dei futuri sacerdoti”, chiamati a conoscere ed avere familiarità con “la realtà femminile”, che porti ad una apertura ad “opportunità di collaborazione femminile nelle strutture pastorali”.
Apertura che “non è una concessione alla pressione culturale e mediatica”, ma piuttosto “il risultato della presa di coscienza che l’assenza delle donne dalle istanze decisionali è un difetto, una lacuna ecclesiologica, l’effetto negativo di una concezione clericale e maschilista”.
Per questa apertura, ci vuole “un investimento nella formazione cristiana, teologica e professionale delle donne”, con un coinvolgimento delle istituzioni cattoliche, e il dialogo tra pastori e donne impegnate in diversi livelli di responsabilità.
Il documento, infine, pone una particolare enfasi sulla devozione mariana “così radicata e diffusa in America Latina, perché il paradigma di “Maria donna nuova” sia esempio “straordinario di una femminilità compiuta, degna di essere protetta e promossa”.
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