Molfetta, 19 April, 2018 / 9:00 AM
“Donaci occhi per vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli. Occhi nuovi, Signore. Non cataloghi esaustivi di miserie, per così dire, alla moda. Perché, fino a quando aggiorneremo i prontuari allestiti dalle nostre superficiali esuberanze elemosiniere e non aggiorneremo gli occhi, si troveranno sempre pretestuosi motivi per dare assoluzioni sommarie alla nostra imperdonabile inerzia. Donaci occhi nuovi, Signore”: così chiedeva mons. Tonino Bello in una preghiera.
Ci sembra un inizio di articolo interessante per farci raccontare il viaggio di Papa Francesco ad Alessano e Molfetta in occasione del 25^ anniversario della morte di mons. Tonino Bello dal coordinatore nazionale di Pax Christi, don Renato Sacco.
Domani Papa Francesco si reca nei luoghi dove visse mons. Antonio Bello: quale sentimento prova?
“E’ un sentimento di gioia, perché il fatto che il successore di Pietro vada sulle orme di don Tonino, come ha fatto con don Milani e con don Mazzolari, indica una Chiesa che continua uno spirito conciliare.
Vedere Papa Francesco mi sembra vedere don Tonino, che indica la Chiesa del ‘grembiule’, ossia una Chiesa che ha il ‘potere dei segni’. Infatti in vita don Tonino non era sempre molto ‘applaudito’ ed aveva avuto molte critiche anche a livello centrale, e questa visita sembra indicare la strada di una Chiesa in uscita. Infatti il motto episcopale di don Tonino era: ‘Ascoltino gli umili e si rallegrino’. Credo che Papa Francesco e don Tonino insieme ci danno una bella indicazione di marcia”.
Possiamo affermare quindi che ‘la Chiesa del grembiule’ è precursore della ‘Chiesa in uscita’?
“Esatto, quando Papa Francesco parla della ‘Chiesa in uscita’ il pensiero ritorna alle lettere di don Tonino scritte a Giuseppe, al marocchino ed a chi lavorava nelle fabbriche di armi, a chi aveva perso il lavoro o la casa. E’ una Chiesa che non sta in sacrestia, ma che incontra le persone e non tace, come ha fatto don Tonino, di fronte alla guerra.
Qui il pensiero corre alla presa di posizione di don Tonino di fronte alla guerra in Iraq o a Sarajevo, con cui siamo andati nel dicembre 1992, insieme a mons. Bettazzi. In questa prospettiva leggiamo una Chiesa che incontra le persone, che va come don Tonino allo stadio di Bari nell’estate 1991 quando arrivano i profughi albanesi, denunciando le diseguaglianze. Una voce che grida, come chiede il Vangelo, e condivide le fatiche di chi è ai margini e si fa portavoce di chi non ha voce”.
Ad ottobre si svolge il Sinodo della Chiesa sui giovani: quale era l’attenzione di mons. Bello verso loro?
“Don Tonino, nel cuore, era giovane! Anche quando, a 58 anni, era vicino alla morte ha saputo coinvolgere i giovani. Tutti abbiamo negli occhi quell’immagine un po’ sgranata del suo compleanno, 18 marzo 1993, pochi giorni prima della sua morte, i giovani entrano nel cortile del vescovado di Molfetta, salutandolo; lui, molto malato, si affaccia alla finestra e fa un breve discorso.
Loro cantano la canzone ‘Oh, freedom’, che amava molto. Don Tonino ha saputo scaldare gli animi e diceva loro che per la pace c’era bisogno di darsi da fare. Don Tonino ha coinvolto molto i giovani, come testimonia la lettera di quella ragazza che lo aveva invitato al compleanno del suo diciottesimo compleanno e lui va a trovarla. Un grande amico dei giovani, perché credeva profondamente in loro”.
In quei giorni si svolgerà l’assemblea nazionale di Pax Christi: come essere una Chiesa di pace?
“L’assemblea si svolgerà a Molfetta dopo la messa del Papa, con la speranza che don Tonino ci dia la sveglia. Sabato 21 aprile sarà una giornata improntata su alcune voci che ci aiutano a rileggere la realtà indicando scelte concrete di pace. Infatti abbiamo intitolato l’assemblea ‘Le radici dei sogni diurni: dalla profezia alla prassi sulle orme di don Tonino’.
Non lo vogliamo ricordare come un ‘santino’, ma uno che ci aiutano a riscoprire le radici, perché i nostri sogni siano ‘sogni diurni’, come diceva; ed i sogni diurni sono sogni che si avverano. L’assemblea sarà un’occasione per riprendere in questo mondo di ‘terza guerra mondiale a pezzi’, come dice Papa Francesco, il rinnovo concreto di essere costruttori di pace in piedi, come amava spesso ripetere”.
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