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Papa Francesco, l’economia e il Vangelo. “Non utopia, ma speranza reale”

La copertina del libro "Potere e denaro. La giustizia sociale secondo Bergoglio" (Città Nuova), curato da Michele Zanzucchi, con la prefazione di Papa Francesco

Nonostante la difficile situazione economica, da lui stesso stigmatizzata in molti discorsi, “possiamo, dobbiamo sperare”. Lo dice Papa Francesco nella prefazione scritta per il libro “Potere e denaro. La giustizia sociale secondo Bergoglio” (Città Nuova) curato dal giornalista Michele Zanzucchi.

Nel volume in uscita il 12 aprile, l’ex direttore di Città Nuova ha messo insieme e sistematizzato i pensieri di Papa Francesco sull'economia, contribuendo – e lo sottolinea anche Papa Francesco nella Prefazione – a “coscientizzare la gravità dei problemi”, chiedendo ai cattolici di dire no alla cultura dello scarto e di unirsi in un “esercito del bene” allo scopo di promuovere solidarietà ed equità.

Nella prefazione di Papa Francesco si trova un po’ la summa del suo pensiero: il metodo “pensare, giudicare, attuare” delineato durante la Conferenza dell’Episcopato Latino Americano di Aparecida del 2007, di cui fu relatore; la sua esperienza personale in Argentina, Paese che ha vissuto un crack economico dalle conseguenze disastrose; il suo pensiero sull’economia e la giustizia sociale; ma anche la speranza.

Perché – sottolinea Papa Francesco – il Signore “è in mezzo a noi secondo la sua promessa” se siamo uniti nel suo nome, e quindi “è con noi anche in mezzo al mondo, nelle fabbriche, nelle aziende e nella banche come nelle case, nelle favelas, e nei campi profughi”.

Da questa fiducia in Dio nasce quel “possiamo, dobbiamo sperare” con cui Papa Francesco conclude la prefazione.

Un testo che prende le mosse dalla “ambivalenza” dell’economia e dei mercati globali, che da un parte hanno permesso il benessere per miliardi di persone, e allo stesso tempo hanno “avuto un ruolo nello sfruttamento eccessivo delle risorse commune, nell’aumento delle disuguaglianze e nel deterioramento del pianeta”.

Papa Francesco parla della sua esperienza in Argentina, dove ha “visto il paradosso di un’economia globalizzata che potrebbe sfamare, curare e alloggiare tutti gli abitanti che abitano nella nostra casa commune”, e che però “concentra nelle mani di poche persone la stessa ricchezza”, mentre si è ulteriormente "dilatato il fossato che che separa i più ricchi dai più poveri, generando nuove precarietà e schiavitù”.

Una situazione che nasce - sottolinea Papa Francesco - “in buona parte nel sistema finanziario”, che mette a rischio anche la possibilità di un “sistema economico basato sulla prossimità”, perché le istituzioni finanziarie sono così grandi da poter influenzare le economie lolcali “mettendo gli Stati sempre più in difficoltà nel ben operare per lo sviluppo delle popolazioni”.

Papa Francesco lamenta la “mancanza di regolazione e controlli adeguati” che favorisce la speculazione, e sottolinea che le questioni economiche “non possono essere estranee al messaggio del Vangelo”.

È il motivo per cui Papa Francesco dice di mettersi in ascolto di politici, lavoratori e imprenditori e si prende l'impegno di dare voce “in particolare ai poveri, agli scartati, a chi soffre”, con l’obiettivo di non “rimanere silente di fronte all’ingiustizia e alla sofferenza”.

Quella di Papa Francesco è una Chiesa che scende in campo e che “può e vuole unirsi ai milioni di uomini e donne che dino no all’ingiustizia in modo pacifico, adoperandosi per una maggiore equità”, stando “ovunque c’è gente che dice sì alla vita, alla giustizia, alla legalità e alla solidarietà”.

Insomma, il Vangelo “non è una utopia, ma una speranza reale, anche per l’economia”.

E per questo il Papa scrive e parla di economia e finanza con l’obiettivo che “i poveri siano trattati meglio”, che “le ingiustizie diminuiscano”, e in particolare che si smetta di fare profitti con le armi che, oltre alle conseguenze dannose, “aumentano solo i fondi di pochi, fondi spesso impersonali e maggiori dei bilanci degli Stati che li ospitano”.

L’intenzione di Papa Francesco è quella di “sollecitare le coscienze”, denunciando con il Vangelo in mano “i peccati personali e sociali commessi contro Dio e contro il prossimo in nome del dio denaro e del potere fine a se stesso”.

Il grande rischio della finanza staccato da una economia reale è - secondo il Papa - che, quando questa crolla, i poveri ne pagano le conseguenze e i ricchi “spesso se la cavano”, e per questo è necessario mettere in luce la gravità della situazone, “coscientizzare” per favorire processi di giustizia ed equità, andando oltre una società “che spesso tratta tutti come merce”.

“Solo una cultura che valorizzi tutte le risorse a disposizione della società, ma in primo luogo quelle umane, può guarirne le malattie profonde”, sottolinea Papa Francesco.

E chiede ancora una volta ai cristiani di scendere in campo, di non “uniformarsi al pensiero unico” di dire no alla cultura dello scarto, e di essere parte di quell’esercito del bene che “non ha altre armi se non la la passione per la giustizia, il rispetto della legalità e l’intelligenza della comunione”.

Papa Francesco chiede di introdurre la parola “comunione” nel linguaggio economico, e rimarca che le virtù di fede, carità e speranza portano benefici anche in economia, come si può vedere da tanti imprenditori e amministratori già al servizio della giustizia, della solidarietà e della pace.

Infine, il Papa rivendica che il suo pensiero è in linea con la Dottrina Sociale della Chiesa, e sottolinea: “Non possiamo smettere di credere che, con l’aiuto di Dio e insieme – lo ripeto, insieme – si può migliorare questo nostro mondo e rianimare la speranza, la virtù forse più preziosa oggi”.

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