Roma, 25 March, 2018 / 2:00 PM
Il 25 marzo del 1951 nella parrocchia di San Francesco a Ripa, in un tempo a noi lontano cronologicamente, ma vicino nel ricordo di chi ha vissuto una vita per il Vangelo, chiudeva la sua giornata terrena per entrare nella casa di Dio padre Giuseppe Spoletini (1870-1951). Questo religioso ha vissuto un'esistenza santa e ritirata seguendo da vicino San Francesco di Assisi.
Ma cos'è la santità? Come Pilato chiese al Cristo, quid est verum, l'uomo di oggi si interroga su ciò, ma non per erudizione bensì per edificazione sapendo trarre qualcosa di utile ai suoi domani pieni, alle volte, di domande inevase. Questa, oltre ad essere frutto di un dono di Dio è anche una risposta la più generosa e la più grande che un uomo può e deve offrire a Dio. Il Cristo nel suo Vangelo ha detto di esser perfetti com'è perfetto il Padre vostro che è nei cieli. Se questo è vero per tutti lo è ancor di più per un religioso il quale è passato nel mondo con il cuore costantemente rivolto a Dio: questa è stata la vita di questo meraviglioso testimone del Cristo.
Padre Giuseppe Spoletini nasce a Bellegra il 7 agosto 1870. Ordinato sacerdote il 22 settembre 1894 fu inviato in vari conventi dell'ordine serafico: Fontecolombo, SS.Stimmate, San Pietro in Montorio, San Francesco a Ripa. In queste comunità ebbe differenti incarichi: superiore, confessore, vice maestro dei novizi, padre spirituale. Ma più di tutto fu un autentico francescano. Questo sacerdote fu un vero figlio di San Francesco: sempre gioviale, accogliente, amorevole in chiunque incontrasse il suo sguardo semplice e raccolto in Dio.
Su di lui confratelli e sacerdoti ci hanno lasciato differenti testimonianze. Fra queste è bello rievocare quella del cardinale Enrico Dante, il quale ebbe la gioia di confessarsi molti anni dal religioso quando svolgeva il suo ministero alle SS. Stimmate ed a San Francesco a Ripa, con il dire che “era un uomo santo e notavo in lui una grandissima umiltà”.
La sua esistenza si svolgeva in una grande regolarità, nella preghiera, nella meditazione e nell'ascoltare le ripetute confessioni. Era molto osservante le Costituzioni dell'ordine francescano del quale era figlio. Nella sua vita tutto era subordinato a Dio.
Visse una fede gioiosa, una povertà esemplare (non possedeva nulla, nemmeno l'orologio, non indossava le calze, per spirito di mortificazione) una castità fulgida e splendente, segno di unione con Dio. Stimato confessore raggiungeva sempre a piedi chiunque lo chiamasse al proprio capezzale. Aveva imparato da San Francesco ed aveva fatto proprio anche questo.
Ma ciò che più ci colpisce della sua vita non è solamente un'esistenza fatta di coerenza e di abnegazione, bensì la sua costante unione con Dio che faceva di lui un uomo sempre allegro e che rendeva agli altri la vita dolce. Chiunque si confessava da lui non trovava un giudice ne tanto meno un asettico confessore, ma una persona dolce, affabile, premurosa, che comprende ma di più che ama. Capiva ed assolveva chiunque fosse ingolfato nei suoi perchè e nei suoi errori.
La gioia, invece, nel nostro mondo sembra mancare. L'uomo di oggi ha forse molto, ma nasconde nel segreto del suo cuore l'ansia di qualcosa di più grande che il progresso non sempre gli può dare perchè quel qualcosa è Dio. E padre Giuseppe Spoletini lo sapeva e ce lo ha tramandato.
Dal 22 maggio 1974 le spoglie del Servo di Dio sono tornate nella parrocchia di San Francesco a Ripa, pronte ad accogliere, con il suo sorriso, chiunque nell'imbrunire della sera desidera incontrare un amico, pronto ad ascoltare.
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