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Pasqua, alla ricerca di una data comune tra tutti i cristiani

A una settimana dalla Solennità della Pasqua, dall’ebraico pesaḥ, che significa “passaggio’’, ci interroghiamo sulla storia che portò a stabilire la data di questa solennità: Perché e quando si decise la data variabile della Pasqua? Perché fu un imperatore, Costantino, a voler trattare tale questione? E perché tra i cristiani non c’è una data comune? 

Per cercare di rispondere a queste domande, e ripercorrere alcune di queste tappe storiche, per ACI Stampa abbiamo intervistato Filippo Forlani, ricercatore universitario di storia medievale presso la Pontificia Università della Santa Croce

Quando è nata ufficialmente la data della solennità di Pasqua?

È stato il Concilio di Nicea, svoltosi nel 325, a stabilire il principio per calcolare la data della solennità di Pasqua, secondo il quale si deve celebrare la prima domenica dopo la prima luna piena che segue l’equinozio di primavera. Il Concilio, convocato dall’imperatore Costantino per risolvere la profonda divisione causata dal pensiero del sacerdote Ario, si espresse su molteplici tematiche tra cui la secolare questione su quando celebrare la festa di Pasqua.

La Chiesa primitiva, infatti, aveva iniziato a celebrare la Pasqua fin dal primo secolo, ma non esisteva una data fissa per tutte le comunità. Le chiese di Roma e di Alessandria la celebravano la domenica successiva al plenilunio di primavera, invece le chiese dell’Asia Minore il 14° giorno del plenilunio di primavera (il 14 di Nisan secondo il calendario ebraico).

La tradizione romano - alessandrina si ispirava alla narrazione della Pasqua proposta dai vangeli di Matteo, Marco e Luca, in cui Gesù con la sua cena “eucaristica” sostituì la cena pasquale giudaica, cosicché la vera Pasqua diventò la domenica, giorno della Risurrezione di Cristo, del suo passaggio dalla morte alla vita. Invece la tradizione asiatica o quartodecimana s’ispirava al Vangelo di Giovanni, secondo cui Gesù morì sulla croce, quale vero agnello pasquale, nel momento in cui venivano immolati gli agnelli per la celebrazione della Pasqua legale ebraica, che cadeva sempre il 14 di Nisan, come prescritto dal libro dei Numeri: «E il primo mese, il quattordicesimo giorno del mese, sarà la Pasqua del Signore» (Nm 28, 16).

Un Concilio voluto da un imperatore: Costantino. Ma perché nell’anno 325 il potere temporale volle entrare in una discussione dottrinale della Chiesa?

Qualche anno prima, nel 313, Costantino aveva emanato l’editto di Milano con il quale veniva concessa piena libertà di culto in tutto l’Impero; da questo momento in poi il cristianesimo divenne religio licita. Negli anni successivi, oltre ad edificare a sue spese tantissime chiese dotandole di vaste proprietà, concesse molteplici privilegi alla Chiesa come: la restituzione o l'indennizzo degli edifici ecclesiastici confiscati in passato; il riconoscimento ai cristiani la facoltà di concedere dinanzi al vescovo la libertà ai propri schiavi (privilegio fino ad allora riservato ai governatori provinciali); il diritto ai vescovi di giudicare quelle cause civili in cui una delle parti in lite avesse presentato istanza di deferire il caso al tribunale ecclesiastico; la dispensa per gli ecclesiastici dagli oneri municipali; la distribuzione annua dei sussidi di grano alle chiese, la quale avrebbe poi dovuto ridistribuirlo a poveri, vedove e orfani. Con una legge del 321 aveva reso la domenica giorno festivo obbligatorio per i lavoratori manuali e per i tribunali, anche se nella legge si precisa che la domenica andava dedicata alla "venerazione del Sole".

Tutti questi provvedimenti dimostrano un notevole interesse da parte di Costantino nei confronti della Chiesa, interesse motivato dalla convinzione che il Cristianesimo potesse diventare la forza religiosa unitaria dell’Impero. Accorgendosi però della profonda divisione spirituale causata dalla teologia di Ario e dopo essersi consultato con il vescovo Osio di Cordova suo consigliere personale, decise di convocare un Concilio a Nicea presso la sede del palazzo imperiale. Per favorire la partecipazione del maggior numero di vescovi l’imperatore diede disposizione di utilizzare la posta imperiale per il viaggio. Il fine di Costantino, quindi, era quello di giungere quanto prima ad un accordo tra le parti in conflitto, tant’è che pur avendo convocato, presieduto e concluso il Concilio, non intervenne mai nei dibattiti conciliari e non parteggiò per una fazione in particolare.

Inoltre all’inizio del IV secolo la Chiesa non era “internamente strutturata” come lo è oggi, di conseguenza l’intervento dell’Imperatore non veniva considerato come un’ingerenza, ma come un atto attestante il particolare interesse verso le necessità della Chiesa.

Papa Francesco nel 2015, in un discorso in occasione del terzo ritiro mondiale dei sacerdoti, espresse il desiderio di una data della Pasqua comune sia per i cristiani cattolici che per gli ortodossi. Innanzitutto, perché queste due hanno una data diversa? E secondo lei è possibile arrivare ad una Pasqua “condivisa”?

Fino al 1582 cattolici e ortodossi celebravano la Pasqua nello stesso giorno poiché entrambe le Chiese seguivano il calendario giuliano. Nel 1582, però, ci si rese conto di un problema: tra il Concilio di Nicea del 325 e il 1582 in base alle osservazioni astronomiche l’equinozio di primavera non cadeva più il 21 marzo, ma l'11; in questo modo la Pasqua si celebrava spesso nella data sbagliata, sfasando conseguentemente la Quaresima e la Pentecoste. Seguendo gli studi di Nicolò Copernico, la specola romana procedette alla riforma del calendario promulgata nel 1582 da papa Gregorio XIII, con la quale si riallineò il calendario “legale” con quello astronomico; venne adottata subito dai principali paesi occidentali. La Chiesa ortodossa, invece continuò a basarsi per il calcolo delle festività liturgiche.

 Per certi versi anche se attualmente le date della Pasqua non coincidono, cattolici e ortodossi “condividono” la stessa Pasqua, dal momento che sono uniti dalla celebrazione del medesimo e identico mistero: Cristo Risorto da morte. Personalmente mi auguro che quanto prima si possa giungere non solo alla celebrazione della Pasqua nello stesso giorno, ma alla piena unità tra queste due Chiese, che tra l’altro si era già raggiunta per pochi anni dopo il Concilio di Ferrara-Firenze del 1438/1439.

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