Città del Vaticano , 18 February, 2015 / 10:39 AM
L’edizione numero 41 degli esercizi spirituali di Quaresima della Curia romana ha come tema “Servitori e profeti del Dio vivente”. E Padre Bruno Secondin, il padre carmelitano chiamato a predicarli, si unisce ad una schiera di illustri predecessori. Prima di lui, padri gesuiti, predicatori di grande fama, ma anche cardinali futuri Papi come Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger.
La storia degli esercizi spirituali predicati alla Curia romana inizia nel 1929. Papa Pio XI è un sincero ammiratore di Sant’Ignazio di Loyola, che aveva già proclamato nel 1922 “patrono degli esercizi spirituali e di tutte le istituzioni che in qualunque modo vi prestano la loro opera”. Da questa ammirazione nasce l’enciclica “Mens Nostra”, pubblicata il 20 dicembre del 1929. Nell’enciclica, viene comunicata anche la decisione di tenere ogni anno in Vaticano un corso di esercizi.
È così che gli esercizi spirituali diventano un appuntamento fisso annuale per la Curia romana. Inizialmente si predicano nella prima settimana di Avvento, e vengono saltati solo in rare occasioni, per motivi ben precisi: nel 1950, quando vengono rinviati per non interrompere le udienze dell’Anno Santo; nel 1962, Giovanni XXIII decise di sostituirli con un ritiro personale di una settimana nella Torre di San Giovanni, per preparare il Concilio; nel 1963 Paolo VI decise che era meglio spostarli in Quaresima, perché si doveva celebrare la seconda sessione del Concilio, e dal 1964 in poi si sono sempre svolti in Quaresima.
Chi hanno scelto i Papi?
Scorrere i nomi di quelli che hanno predicato gli esercizi spirituali di Quaresima alla Curia può essere interessante. Pio XI prediligeva religiosi, in maggioranza gesuiti – anche se nella lista compaiono Oblati di Rho, Cappuccini e Redentoristi.
Pio XII sceglie quasi tutti gesuiti, con una sola eccezione. Giovanni XXIII nel 1958 sceglie un gesuita (padre Carlo Messori Roncaglia), nel 1959 il vescovo di Casale Monferrato Giovanni Angrisani, nel 1960 il parroco romano monsignor Pirro Scavizzi (di cui è in corso la causa di beatificazione) e nel 1961 il predicatore apostolico padre Ilarino da Milano.
Paolo VI nel 1964 chiama per la prima volta un non italiano, il redentorista tedesco Bernard Häring. Ed è il primo a chiamare un cardinale a predicare gli esercizi, ovvero Karol Wotyla nel 1976.
Vero è che, da Paolo VI in poi, in molti casi la chiamata a predicare gli esercizi si è trasformata in un salto di carriera. Sono diventati cardinali i predicatori: Dezza, Javierre Ortas, Pironio, Anastasio Ballestrero, Carlo Maria Martini, Lucas Moreira Neves, James A. Hickey, Georges M. Cottier, Ersilio Tonini, Jorge A. Medina Estevez, Tomas Spidlik, Christoph Schonborn, Francois-Xavier Nguyen van Thuan, Angelo Comastri. Sono diventati presto vescovi dopo aver predicato alla Curia Mariano Magrassi con Paolo VI, Bruno Forte con Giovanni Paolo II ed Enrico dal Covolo con Benedetto XVI.
Cosa dicono i predicatori
Ma più che guardare all’incarico o al significato “politico” di questa chiamata, si dovrebbe andare a guardare i temi degli esercizi. In questi casi, la Chiesa non è politica, ma pensiero. I temi raccontano di una preoccupazione generale del Sacro Collegio. La scelta di una persona riguarda anche la consapevolezza che quello che dirà sarà particolarmente importante. È il 1976 quando Karol Wojtyla viene chiamato a predicare gli esercizi spirituali di Quaresima alla Curia romana. È la prima volta che la scelta ricade su un membro del Collegio Cardinalizio.
Il tema scelto da Wojtyla per la sua predicazione alla Curia fu “Cristo segno di contraddizione nel mondo”. Segno di contraddizione all’Est, nei Paesi dell’ateismo eretto a sistema. Ma segno di contraddizione anche in Occidente, in una società che faceva a meno di Dio, perciò indifferente alla Chiesa e alla sua morale. È segno di contraddizione anche nella Chiesa. Karol chiede a tutti di guardarsi dentro la coscienza. Ai prelati della Curia come a uomini che hanno nelle mani le sorti del mondo, ai magnati della finanza. Per spiegare il concetto, usa i versi del Riccardo III di Shakespeare.
Roma, Anno 1983. Sono due anni che Joseph Ratzinger lavora come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Giovanni Paolo II gli chiede di guidare gli esercizi spirituali di Curia. E lui lo fa con il suo stile, un misto tra teologia e ricerca del mistero. Riflette sul significato della Quaresima, del “deserto” in cui ogni uomo deve entrare per un periodo, per vincere le tentazioni, come ha fatto Gesù. E allo stesso tempo, c’è negli esercizi spirituali la critica al metodo storico con cui viene studiata oggi la figura di Gesù, ridotto a “personaggio” del passato, confinato in un contesto spazio-temporale che Lo allontana irrimediabilmente da noi, facendoci così perdere di vista la realtà viva e vera della Sua parola. È da lì – ma la riflessione viene da ancora più lontano – che nasce l’esigenza, da parte di Benedetto XVI – di coronare la sua opera con i volumi su Gesù di Nazaret.
Salto avanti nel tempo. È il 1997. E a predicare gli esercizi spirituali in Curia viene chiamato Roger Etchegaray, al tempo presidente del Pontificio Consiglio per la Giustizia e la Pace. Etchegaray è stato uno degli organizzatori dell’incontro tra le religioni ad Assisi nel 1986, criticato anche dallo stesso cardinale Ratzinger per il rischio di sincretismo religioso. Presenta ai membri della Curia Romana una riflessione incentrata su Gesù “Vero Dio e vero uomo”. Filo conduttore è un pensiero del filosofo francese Blaise Pascal: “Fuori da Gesù Cristo non sappiamo né chi è Dio né chi siamo noi”. Certo è che c’è necessità di guardare alle “cose di lassù”.
E lo fa Giacomo Biffi, battagliero ex arcivescovo di Bologna, stimatissimo da Benedetto XVI, che lo chiama nel 2007 a predicare gli esercizi alla Curia. Per Biffi è un bis (aveva predicato gli esercizi anche nel 1989). Tema conduttore è il brano della lettera di San Paolo ai Colossesi: “Cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio: pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra” (Col 3, 1-2).
Restano emblematici gli esercizi predicati dal Cardinal Gianfranco Ravasi nel 2013, gli ultimi con Benedetto XVI, che il presidente del Pontificio Consiglio della Cultura non esista a definire come “Mosè che intercederà sul monte” per la Chiesa.
Poi, l’arrivo di Papa Francesco. Che ritorna al profilo dei religiosi, come il Carmelitano padre Bruno Secondin quest’anno, e come il parroco don Angelo de Donatis, che ha predicato nel 2013. Per la prima volta, gli esercizi spirituali si fanno però fuori dal Vaticano: via dalla suggestiva cappella Redemptoris Mater, e su nella Casa Divin Maestro di Ariccia. Per rifuggire la tentazione di continuare a lavorare.
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