Città del Vaticano , 08 November, 2017 / 12:00 AM
La figura di Santa Francesca Cabrini, la protettrice dei migranti, è “molto attuale” perché “ci insegna ancora la vita da percorrere per affrontare il fenomeno epocale delle migrazioni coniugando la carità e la giustizia”. Parola di Papa Francesco, nella prefazione da lui scritta per un libro di Lucetta Scaraffia, “Tra terra e Cielo”, che ricostruisce la biografia di quella che viene definita da tutti “la prima santa americana”.
Perché quando morì cento anni fa nell’ospedale per migranti che aveva costruito a Chicago, Madre Cabrini era cittadina americana a tutti gli effetti. Ma proveniva dall’Italia, dalla provincia di Lodi, e il suo primo sogno era quello di evangelizzare la Cina. Fu Leone XIII a inviarla in America, dove, percorrendo letteralmente a piedi il continente e con piglio da manager, si occupò di migranti e più bisognosi.
Quando morì – ricorda Papa Francesco – madre Cabrini “”era in viaggio, come sempre, per visitare le opere di assistenza ai migranti che aveva fondato nei lunghi anni del suo apostolato, e per costruirne di nuove dove c' era necessità”.
Papa Francesco ricorda la richiesta di Leone XIII di occuparsi dei migranti negli Stati Uniti, e il fatto che, arrivata dall’altra parte dell’oceano, si trovò davanti a un mondo composto da “centinaia di migliaia di esseri umani che cercavano lavoro e pane lontano dalla propria terra, rischiando in lunghi viaggi spesso pericolosi, in terre sconosciute e ostili”.
Un fenomeno che aveva subito capito non essere “temporaneo”, ma nato “dall’emergere di una nuova epoca storica”. “Francesca – continua il Papa - aveva capito che la modernità sarebbe stata contrassegnata da queste immani migrazioni e da esseri umani sradicati, in crisi di identità, spesso disperati e privi di risorse per affrontare la società in cui si dovevano inserire”.
Aveva risposto con “la costruzione di opere di accoglienza e assistenza grandi, belle durature”, e l’opera è continuata nel tempo, anche quando è cambiata la provenienza dei migranti, perché l’idea era che “non bastava curarli materialmente” o “insegnare loro la lingua del Paese di arrivo” o “curarli se malati”, ma serviva anche sviluppare “il rispetto di sé, l’identità profonda legata alla loro radice religiosa, al loro legame con Dio”, cosa che ha portato le suore a “riallacciare questo legame negli uomini che scendevano nelle miniere, nei carcerati, nei ragazzi abbandonati che vivevano nell' illegalità delle periferie urbane”, perché “inserimento nel nuovo paese voleva dire accettazione delle regole e delle leggi, e dignità: questi erano gli obiettivi che voleva far raggiungere a tutti i migranti”.
Sono obiettivi “validi ancora oggi” – dice Papa Francesco – che “passano per il riconoscimento e il rispetto della radice religiosa propria e altrui”.
Il Papa sottolinea che tutto questo lavoro in un “mondo troppo piccolo” – come affermava madre Cabrini – “fa capire perché proprio una donna è diventata patrona dei migranti, una donna che ha saputo realizzare le qualità proprie femminili - calore, accoglienza, concretezza nel cogliere i bisogni degli altri, sollecitudine gratuita verso i deboli - accanto con una visione d' insieme sui cambiamenti che stavano sconvolgendo il mondo”.
“Una donna – conclude Papa Francesco - che ha saputo unire una grande carità con uno spirito profetico che le ha fatto comprendere la modernità nei suoi aspetti meno positivi, quegli aspetti che coinvolgevano i miserabili della terra e che intellettuali e politici non volevano vedere”.
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