Sarajevo, 06 June, 2015 / 10:35 AM
“È per me motivo di gioia trovarmi in questa città che ha tanto sofferto per i sanguinosi conflitti del secolo scorso e che è tornata ad essere luogo di dialogo e pacifica convivenza”. Lo ha detto il Papa nel suo indirizzo di saluto ai Presidenti di Bosnia-Erzegovina, nel palazzo presidenziale di Sarajevo.
Questa città – ha sottolineato Francesco – è la “Gerusalemme d’Europa”. “Essa infatti rappresenta un crocevia di culture, nazioni e religioni; e tale ruolo richiede di costruire sempre nuovi ponti e di curare e restaurare quelli esistenti, perché sia assicurata un’agevole, sicura e civile comunicazione”.
Per superare le ferite del passato e guardare al futuro con speranza – è stato il suggerimento del Papa – c’è “bisogno di comunicare, di scoprire le ricchezze di ognuno, di valorizzare ciò che ci unisce e di guardare alle differenze come possibilità di crescita nel rispetto di tutti. È necessario un dialogo paziente e fiducioso, in modo che le persone, le famiglie e le comunità possano trasmettere i valori della propria cultura e accogliere il bene proveniente dalle esperienze altrui”.
Ricordando la visita, 18 anni fa, di San Giovanni Paolo II, il Pontefice si è detto “pellegrino di pace e dialogo, lieto di vedere i progressi compiuti, per i quali occorre ringraziare il Signore e tante persone di buona volontà. È però importante non accontentarsi di quanto finora realizzato, ma cercare di compiere passi ulteriori per rinsaldare la fiducia e creare occasioni per accrescere la mutua conoscenza e stima”. Fondamentali in questo senso “la vicinanza e la collaborazione della Comunità internazionale”.
La Bosnia-Erzegovina “è parte integrante dell’Europa; i suoi successi e i suoi drammi si inseriscono a pieno titolo nella storia dei successi e dei drammi europei, e sono nel medesimo tempo un serio monito a compiere ogni sforzo perché i processi di pace avviati diventino sempre più solidi e irreversibili”. La pace e la concordia interetnica e interreligiosa – ha aggiunto Papa Bergoglio – testimonia “al mondo intero che la collaborazione tra varie etnie e religioni in vista del bene comune è possibile, che un pluralismo di culture e tradizioni può sussistere e dare vita a soluzioni originali ed efficaci dei problemi, che anche le ferite più profonde possono essere sanate da un percorso che purifichi la memoria e dia speranza per l’avvenire”. Pensando ai bambini che lo hanno accolto in aeroporto, Francesco ha chiesto di scommettere sulla speranza.
Il Papa dice no “alla barbarie di chi vorrebbe fare di ogni differenza l’occasione e il pretesto di violenze sempre più efferate” mentre si devono “riconoscere i valori fondamentali della comune umanità, valori in nome dei quali si può e si deve collaborare, costruire e dialogare, perdonare e crescere, permettendo all’insieme delle diverse voci di formare un nobile e armonico canto, piuttosto che urla fanatiche di odio”.
Compito della politica e dei politici è pertanto “essere i primi servitori delle loro comunità con un’azione che salvaguardi in primo luogo i diritti fondamentali della persona umana, tra i quali spicca quello alla libertà religiosa. In tal modo sarà possibile costruire, con concretezza d’impegno, una società più pacifica e giusta, avviando a soluzione, con l’aiuto di ogni componente, i molteplici problemi della vita quotidiana del popolo”. Tutti i cittadini – ha ammonito Francesco – siano uguali “di fronte alla legge e nella sua attuazione, qualunque sia la loro appartenenza etnica, religiosa e geografica: così tutti indistintamente si sentiranno pienamente partecipi della vita pubblica e, godendo dei medesimi diritti, potranno attivamente dare il loro specifico contributo al bene comune”.
Concludendo Francesco ha assicurato che “la Chiesa Cattolica partecipa all’opera di ricostruzione materiale e morale della Bosnia ed Erzegovina, condividendone le gioie e le preoccupazioni, desiderosa di testimoniare con impegno la sua speciale vicinanza verso i poveri e i bisognosi, mossa nel fare questo dall’insegnamento e dall’esempio del suo divino Maestro, Gesù. La Santa Sede si felicita per il cammino fatto in questi anni ed assicura la sua sollecitudine nel promuovere la collaborazione, il dialogo e la solidarietà, sapendo che la pace e il reciproco ascolto in una convivenza civile e ordinata sono le condizioni indispensabili per un autentico e duraturo sviluppo. Essa auspica vivamente che la Bosnia ed Erzegovina, con l’apporto di tutti, dopo che le nuvole nere della tempesta si sono finalmente allontanate, possa procedere sulla via intrapresa, in modo che, dopo il gelido inverno, fiorisca la primavera. E si vede fiorire qui la primavera!”
Lasciando il Palazzo presidenziale, il Papa ha liberato come segno di pace alcune colombe.
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