Città del Vaticano , 28 October, 2017 / 4:00 PM
I quattro principi dell’Evangelii Gaudium come linee guida per ripensare l’Europa a 60 anni della Fondazione: è il suggerimento del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, all’apertura della conferenza (Re)Thinking Europe. Se la questione europea è stata centrale in questa settimana della Santa Sede, da segnalare anche la presenza a Roma, per la giornata delle Nazioni Unite, dell’arcivescovo Ivan Jurkovic, osservatore della Santa Sede presso l’ufficio di Ginevra delle Nazioni Unite.
La Santa Sede e l’Europa
Ripensare l’Europa: è l’auspicio di un convegno di tre giorni in Vaticano, promosso dal COMECE, il Comitato di vescovi europei presieduto dal Cardinale Reinhard Marx. A sessant’anni dall’Unione, quali sono le sfide che l’Europa deve portare avanti? L’evento è stato promosso anche dalla Segreteria di Stato vaticana, tanto che sia il Cardinale Parolin che l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” vaticano, hanno tenuto un discorso.
Nel suo discorso di apertura, il Cardinale Parolin ha richiamato “il dialogo con l’Europa” portato avanti dallo stesso Papa Francesco, e ha chiesto di guardare ad “alcuni punti interrogativi che emergono nei discorsi del Papa”, a partire “dalle varie crisi che attraversano l’Europa”, siano queste economiche, ai conflitti, ai populismi, al ritorno dei nazionalismi, fino al problema ambientale, il tema dei giovani, il dramma della mancanza di lavoro.
Segnalando i quattro principi dell’Evangelii Gaudium come linee guida per la lettura, il Cardinale Parolin si è soffermato sulla frase “l’unità prevale sul conflitto”, tema di cui hanno dato “una dimostrazione eloquente i Padri fondatori del progetto europeo”, i quali “compresero che mettere in comune le risorse e lavorare insieme era il vero rimedio all’insorgere di nuovi sanguinosi conflitti come quelli che avevano lacerato la prima metà del XX secolo”.
Il Cardinale Parolin ha chiesto anche di “non perdere di vista la realtà”, guardando ai “volti concreti delle donne e degli uomini che abitano il nostro continente”, perché Il dialogo perderebbe impatto “se non partisse dal vissuto quotidiano delle persone e se non puntasse ad avere uno sguardo lungimirante sul futuro, in grado di indicare un percorso prospettico, più che di identificare soluzioni immediate a problemi contingenti”.
Una diplomazia di frontiera
Lo scorso 23 ottobre, l’arcivescovo Ivan Jurkovic, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio ONU di Ginevra, è stato in udienza dal Santo Padre, alla vigilia della Giornata delle Nazioni Unite, che ricorda l’entrata in vigore dello Statuto delle Nazioni Unite. Nell’incontro, Papa Francesco ha ricordato all’arcivescovo Jurkovic che il lavoro all’ONU è “in prima linea” nel lavoro della Chiesa. I temi del colloquio hanno riguardato soprattutto il disarmo e le migrazioni: la missione della Santa Sede a Ginevra cura anche la presenza della Santa Sede come membro nell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni.
Le Nazioni Unite guardino alle situazioni locali
L’agenda di sviluppo della Santa Sede dia maggiore attenzione alle situazioni locali: lo ha detto l’arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’ONU di New York, in un dibattito del 25 ottobre al Palazzo di Vetro sulle “Attività operative per lo svilupppo”.
L’Osservatore della Santa Sede ha detto che “il sistema di sviluppo delle Nazioni Unite deve tenere in maggiore considerazioni le situazioni locali di quelli che assiste”, e combattere “varie forme di colonizzazione ideologica che non rispondono al diritto alla vita e alle forme di religione, cultura, storia, credenze e valori” delle Nazioni Un Via di Sviluppo.
Qui Ginevra
Nella sede ONU di Ginevra, si è discusso sul tema delle corporations transnazionali e altre imprese di affari riguardo la responsabilità dei diritti umani. Il dibattito si è tenuto il 25 ottobre 2017.
L’arcivescovo Jurkovic ha sottolineato che “la crisi finanziaria ha mostrato le difficoltà di affidarsi agli affari per regolarsi volontariamente”, e la teoria economica “ha spiegato che non possiamo basarci sull’interesse personale”, perché “gli stati deboli e poveri soffrono le conseguenze di una asimmetria nel sistema internazionale laddove i diritti delle compagnie di affari sono sostenute solo da regolamenti leggeri”.
La Santa Sede si preoccupa anche del fatto che le compagnie internazionali hanno la capacità di “andare al di là della territorialità” e definirsi come una esistenza “a metà, che evade le legislazioni nazionali”.
Ci vuole, per la Santa Sede, una legge internazionale che “dia speciale attenzione alle corporations transnazionali”, e in particolare che le renda responsabili degli abusi dei diritti umani. Anche le istituzioni finanziarie che le sostengono devono poter essere messe sotto controllo, quando “i progetti che promuovono replicano i devastanti effetti delle violazioni dei diritti umani da parte delle compagnie”.
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