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Padre Nahra, il laicismo è una tentazione anche in Terra Santa

Dai primi di settembre al Patriarcato latino di Gerusalemme padre Rafic Nahra ha la responsabilità di coordinatore della pastorale dei migranti e di vicario patriarcale per i cattolici di espressione ebraica, che fanno capo al il Vicariato di San Giacomo. Padre Rafic ha preso il posto di padre David Neuhaus, che il 29 agosto, ha chiesto di cessare il ministero per motivi di stanchezza, ma anche l’opportunità di far spazio ad altri.

Padre Rafic, nato in Egitto, di famiglia libanese, ordinato a Parigi e studiato teologia a Roma, in Israele ha completato un Master in Pensiero ebraico e ottenuto un dottorato in Letteratura giudeo-araba. Da tre anni è responsabile della kehillà cattolica ebreofona di Gerusalemme.

In una intervista a Terra Santa padre Rafic spiega che i due incarichi sono differenti, “ma il legame tra i due è nato dal fatto che abbiamo iniziato a lavorare con i figli dei migranti, che frequentano le scuole israeliane, parlano ebraico e hanno una mentalità simile a quella dei bambini israeliani. I loro genitori, e in particolare le madri, lavorano molto e hanno bisogno di sostegno”.

E prosegue Padre Rafik. “Il coordinamento della pastorale dei migranti è iniziato da pochi anni. Il primo responsabile è stato padre David. Il Vicariato di San Giacomo per i cattolici di espressione ebraica, invece, ha una storia che risale a una sessantina di anni fa. È iniziato tutto con le coppie miste che venivano in Israele: un coniuge era ebreo, l'altro cristiano. Arrivavano nel frattempo anche religiosi, religiose e volontari.

Così tutto è partito come un'opera, l’Opera San Giacomo, che aveva statuti propri. I primi religiosi hanno poi cominciato a tradurre le preghiere in ebraico. Ancora oggi non abbiamo il messale completo in versione ebraica. La storia del Vicariato di San Giacomo è iniziata così e si è poi sviluppata negli anni”.

Padre Rafik spiega che essere cristiano e vivere nella società israeliana non è un problema di per sé. Ci sono difficoltà, ma è possibile integrarsi nella società, se si ha forza e coraggio, ma c’è molto da lavorare con i giovani. “Il laicismo - dice- è una tentazione molto forte. Laicismo nel senso di vivere senza trovare posto per Dio nella propria vita. Invece noi vorremmo fortificare le relazioni tra questi giovani, formarli come cristiani e far sì che magari nel futuro si impegnino nelle parrocchie. Ma è una lunga strada".

Padre Nahra a Parigi, ha ricoperto vari incarichi pastorali e accademici, ha insegnato al Collège des Bernardins e nel 2004  è tornato in Terra Santa per conseguire il dottorato in pensiero ebraico presso l’Università ebraica di Gerusalemme.

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