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Un servizio di EWTN News

Croazia: il dialogo con il mondo ortodosso anche sul Cardinale Stepinac

Tomba del Cardinale Aloysius Stepinac, nella cattedrale di Zagabria

La possibile canonizzazione del Cardinale Aloysius Stepinac è stata anche oggetto del dialogo tra Papa Francesco e il presidente croato Andrej Plenkovic, lo scorso 7 ottobre. Ma le posizioni sul Cardinale martire, eppure accusato dal mondo ortodosso di connivenza con il regime nazista, restano divise. Non è l’unica sfida che deve affrontare la Chiesa croata, nazione cattolica nel cuore dei Balcani, chiamata a fare da ponte tra i vari mondi dell’ex Jugoslavia e una Europa cui aspirano tutti. Lo racconta ad ACI Stampa l’arcivescovo di Zara Zelimir Puljic, che, come presidente della Conferenza Episcopale Croata, ha partecipato a Minsk alla plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali di Europa.

 Quale è stata la posizione della Chiesa in Croazia sulla questione del Cardinale Stepinac, e sulla commissione storico mista cattolico-ortodossa che il Papa ha voluto stabilire?

Ci siamo posti nei confronti del Santo padre con un senso di obbedienza filiale, sebbene questa proposta non sia stata ben ricevuta in Croazia. Come vescovi, siamo stati due volte dal Santo Padre per discuterne. E abbiamo compreso che il Papa ha optato per la Commissione per spiegare le ragioni della canonizzazione agli ortodossi, che hanno messo in crisi la decisione di canonizzare il Cardinale, perché è tutto pronto, nella Congregazione delle Cause dei Santi, per procedere alla canonizzazione.

Cosa è successo esattamente?

Il patriarca ortodosso ha fatto notare che ci sono problemi da parte degli ortodossi per la canonizzazione del Cardinale Stepinac, e il Papa ha deciso di formare una commissione mista di croati e ortodossi. In questa commissione sono stati inclusi tre vescovi ortodossi e tre vescovi croati, degli esperti dalla Croazia e due esperti dalla Serbia. È stato un lavoro molto serio, e posso dire che anche se non ci saranno grandi frutti da questa commissione, il frutto più grande è che ci siamo radunati, abbiamo parlato.

C’è stato qualche cambiamento nelle posizioni?

Le posizioni sono rimaste intatte. Non voglio essere eccessivo nei commenti, ma mi permetto di dire che gli ortodossi sono sotto l’influsso della propaganda comunista che si è diffusa dopo la Seconda Guerra Mondiale. Questa propaganda aveva dipinto il Cardinale Stepinac come il nemico numero 1. Eppure abbiamo i documenti che il Cardinale Stepinac è stato più volte da Ante Pavelic, ha criticato il regime degli ustacia. Il Cardinale Stepinac è un eroe anti-ideologico, che ha lottato contro i comunisti e i fascisti. Anzi, ha salvato migliaia di persone, tutte quelle che poteva. Era uno dei pochi prelati di responsabilità in grado di parlare. Sappiamo per certo che un ambasciatore tedesco, sentendolo tuonare durante una omelia, disse che in Germania non avrebbe nemmeno potuto finire la sua omelia.

Questa commissione ha peggiorato o migliorato il dialogo?

C’è un ecumenismo di base. La gente comunica. Ci si incontra, ci sono delle relazioni al di fuori di questa commissione. I vescovi ortodossi in Croazia hanno una buona relazione con i vescovi locali.

La Chiesa croata si trova al centro dei Balcani. Cosa può fare per la stabilità nella regione?

Dipende da Stato a Stato: la Chiesa in Kosovo è debole, in Croazia ha una voce, in Serbia si possono fare molte cose buone. Io penso che si potrebbe anche fare molto di più, se ci si staccasse dalle concezioni politiche, sociologiche. Durante la guerra, le Chiese non hanno avuto il coraggio di opporsi, e in questo senso passerà un po’ di tempo per svegliarsi. Ma io sono ottimista, specialmente per la Croazia che ha stipulato un accordo con il Vaticano con cui viene assicurata la libertà di educazione, la libertà religiosa, la possibilità di essere presente nella società.

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