Città del Vaticano , 21 September, 2017 / 1:00 AM
“Desidero rivolgere il pensiero a tutte le persone che in Italia hanno pagato con la vita la loro lotta contro le mafie. Ricordo, in particolare, tre magistrati: il servo di Dio Rosario Livatino, ucciso il 21 settembre 1990; Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi 25 anni fa insieme a quanti li scortavano”. E’ il primo pensiero che Papa Francesco rivolge ai Membri della Commissione Parlamentare Antimafia con i familiari, ricevuti oggi presso la Sala Clementina del Palazzo Apostolico.
Il punto di partenza per Francesco resta “sempre il cuore dell’uomo, le sue relazioni, i suoi attaccamenti”. “Non vigileremo mai abbastanza – commenta il Pontefice - su questo abisso, dove la persona è esposta a tentazioni di opportunismo, di inganno e di frode, rese più pericolose dal rifiuto di mettersi in discussione. Quando ci si chiude nell’autosufficienza si arriva facilmente al compiacimento di sé e alla pretesa di farsi norma di tutto e di tutti. Ne è segno anche una politica deviata, piegata a interessi di parte e ad accordi non limpidi. Si arriva, allora, a soffocare l’appello della coscienza, a banalizzare il male, a confondere la verità con la menzogna e ad approfittare del ruolo di responsabilità pubblica che si riveste”.
Per Papa Francesco è nella “corruzione”, il terreno fertile “dove le mafie si attecchiscono e si sviluppano”.
Lottare contro le mafie significa non solo reprimere. “Significa anche bonificare – continua il Pontefice argentino - trasformare, costruire, e questo comporta un impegno a due livelli”. Il primo è quello politico, il secondo è quello economico.
Riguardo al livello politico, per Francesco la mafia si combatte attraverso la "giustizia sociale", sul piano economico la soluzione è “la correzione o la cancellazione di quei meccanismi che generano dovunque disuguaglianza e povertà”.
Per il Pontefice argentino occorre “una nuova coscienza civile, la sola che può portare a una vera liberazione dalle mafie”. “Serve davvero – spiega Francesco - educare ed educarsi a costante vigilanza su sé stessi e sul contesto in cui si vive, accrescendo una percezione più puntuale dei fenomeni di corruzione e lavorando per un modo nuovo di essere cittadini, che comprenda la cura e la responsabilità per gli altri e per il bene comune”.
In ultimo non si può dimenticare che la lotta alle mafie passa attraverso la tutela e la valorizzazione dei testimoni di giustizia, persone che si espongono a gravi rischi scegliendo di denunciare le violenze di cui sono state testimoni. “Va trovata – dichiara Papa Francesco - una via che permetta a una persona pulita, ma appartenente a famiglie o contesti di mafia, di uscirne senza subire vendette e ritorsioni. Sono molte le donne, soprattutto madri, che cercano di farlo, nel rifiuto delle logiche criminali e nel desiderio di garantire ai propri figli un futuro diverso. Occorre riuscire ad aiutarle, nel rispetto, certamente, dei percorsi di giustizia, ma anche della loro dignità di persone che scelgono il bene e la vita”.
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